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venerdì 24 aprile 2009

Gli operai bloccano l'Aurelia a Pisa

Video-interviste agli operai della Saint-Gobain:
da PisaNotizie.it



La crisi inizia a mordere e a farsi sentire anche sul tessuto produttivo italiano. I territori ad alta concentrazione manifatturiera vedono chiudere fabbriche su fabbriche con l'attivazione (quando va bene) di cassa integrazioni o (nel peggiore dei casi) con il puro e semplice licenziamento.
Due giorni fa uno sciopero spontaneo e il conseguente blocco dell'Aurelia da parte di centinaia di operai è stata la ripsota a caldo che quei lavoratori hanno saputo improvvisare per opporsi ai 70 licenziamenti che la multinazionale francese Saint-Gobain ha comunicato in mattinata.
La situazione è molto tesa e, se il sindacato nell'assemblea di fabbrica non illude i lavoratori che hanno protestato autonomamente, sono previste grosse mobilitazioni.

Saint Gobain: cronaca di un disastro annunciato
di associazione Aut-aut
Dopo la comunicazione, terribile e improvvisa, di 77 licenziamenti all'interno della fabbrica Saint Gobain di Pisa, da stamattina i lavoratori della fabbrica sono in sciopero, e alternano a picchetti di fronte allo stabilimento blocchi dell'Aurelia. Ma come si è arrivati a questa situazione? Senza ripercorrere le complesse tappe di questa vicenda, basti ricordare che la Saint Gobain e il Comune di Pisa, durante il mandato del Sindaco Fontanelli, avavano firmato un accordo che prevedeva da parte del Comune la concessione di una variante urbanistica che permetteva alla fabbrica la dismissione di un’area dello stabilimento, e da parte dell’azienda l’impegno a investire 100 milioni di euro in cinque anni sul forno Float, operazione che avrebbe offerto garanzie occupazionali per gli operai della fabbrica.
Il risultato di questo “affare”, per la Saint-Gobain, è stato l’ incasso, nell’immediato, più di 20 milioni di euro, attraverso la dismissione di un’area ceduta alla società di costruzioni Ville urbane, che utilizzerà l’area, pare, per costruire palazzi di 7 piani. E per il Comune, ovvero per i lavoratori che dovevano essere i principali beneficiari dell’accordo, quali sono stati i benefici di questa operazione?
Ieri ai lavoratori è stata comunicata la notizia che non esiste alcun investimento sul forno Float che, al contrario, entro luglio sarà spento. Il risultato saranno 77 licenziamenti, dei quali 45 lavoratori a tempo indeterminato e 22 interinali. Il risultato è insomma che mentre un’azienda che fattura milioni di euro si è potuta arricchire ancora un po’, incassando 20 milioni di euro da una società che a sua volta probabilmente incasserà una cifra ancora più alta grazie alle speculazioni che potrà portare avanti sull’area acquistata (siamo sicuri, tra l’altro, che verranno costruiti palazzi di sette piani in un’area come quella della Saint Gobain?), 77 lavoratori hanno perso il proprio lavoro.
Domani il Consiglio Comunale di Pisa discuterà la proposta del consigliere comunale Maurizio Bini di dedicare un consiglio comunale aperto, il 30 aprile, alla questione Saint Gobain. Come risulta chiaro infatti, il Comune di Pisa non ha certo un ruolo secondario nella faccenda. E' realistico, infatti, immaginare che il Comune si sia accorto solo ieri, insieme ai lavoratori, che il famoso investimento da 100 milioni di euro promesso dall’azienda in cambio della variante urbanistica fosse solo un pretesto per una mastodontica operazione di speculazione immobiliare?
La risposta a questa domanda è da cercare probabilmente tra le pieghe dei rapporti che legano chi ha tratto benefici da un’operazione che, ancora una volta, fa ricadere gli effetti della crisi su chi questa crisi la subisce da sempre, permettendo invece di arricchirsi a cui l’ha creata.

Le voci della Saint-Gobain: la parola degli operai
da PisaNotizie.it
I lavoratori della Saint-Gobain rompono il silenzio, scioperano, bloccano l'Aurelia e soprattutto si raccontano e spiegano cosa è avvenuto in questi ultimi mesi nella fabbrica.

"Ci hanno preso clamorosamente in giro" - dice un lavoratore della CRM, una ditta dell'indotto della Saint-Gobain - "la scorsa settimana avevano appeso un foglio in bacheca in cui l'azienda diceva che era tutto tranquillo, e poi ci licenziano. Ci sentiamo traditi. Noi dell'indotto siamo i primi saltare". Queste sono le prime parole che raccogliamo, appena arrivati davanti ai cancelli della Saint-Gobain durante lo sciopero. E un altro operaio che qui lavora dall'1989 incalza: "l'azienda ha negato fino all'ultimo, venerdì ci raccontavano che non si sarebbe fatta più la settimana corta e che i contratti a termine sarebbero stati rinnovati", e un altro operaio lo interrompe: "per forza, avevano deciso già di mandarci tutti a casa da tempo, da molto tempo".
"Il male vero" - ci racconta un altro lavoratore anziano - "è che non si sa cosa vogliono fare. Il problema è se il nuovo Float verrà fatto oppure no: tutto il resto sono chiacchere, e di queste siamo stufi. La mia impressione è, però, che la situazione è brutta e che non ci attende nulla di positivo". Un operaio lo interrompe: "a noi dicono che si naviga a vista, ma come è possibile che una multinazionale va avanti così senza una strategia?". Aggiunge un altro lavoratore: "che sarebbe finita così si sapeva da mesi, non si sono voluto vedere le cose per quelle che erano, si sa che politica fanno le multinazionali."
Un altro operaio che lavora allo stratificato da più di dieci anni ci spiega: "in tutti questi anni abbiamo acquisito delle professionalità in questa fabbrica. L'azienda ha guadagnato su di noi. Da quando sono qui, la Saint-Gobain ci ha chiesto sempre una maggiore disponibilità: lavoro interinale, straordinari di sabato e di domenica e noi abbiamo accettato. Ora ci dicono che c'è la crisi e ci mandano tutti a casa". Un altro lavoratore aggiunge "nel mio reparto, ci hanno chiesto gli straordinari anche il sabato fino al 31 gennaio, alla faccia della crisi. L'azienda si è riempita i magazzini, in modo da avere riserve per anni, e ora che ci ha spremuto bene ci butta via. Occorre porre un freno a queste multinazionali che pongono al centro solo il profitto". "Io ho lavorato il 24 dicembre, il 31 dicembre di quest' anno e ora mi dicono che c'è la crisi - afferma un operaio - A noi dicevano: lavorate e le cose miglioreranno. Il risultato è che spengono il Float e ci licenziano". Interviene un terzo: "qui licenziano il 30% di noi, basta coi patti con l'azienda, è tanti anni che ci strozzano", e c'è chi urla: "hanno marciato sulla crisi per avere gli incentivi, hanno guadagnato loro e basta".
Insieme con gli operai della Saint-Gobain ci sono i lavoratori della CRM (una sessantina), ma anche quelli delle cooperativa delle pulizie, poco meno di una trentina. Uno di questi ci dice: "è da gennaio di quest'anno che lavoro a 6 ore, prendo 750-800 euro al mese, e non ho né cassa integrazione, né alcun ammortizzare sociale. Se ci licenziano abbiamo solo la disoccupazione davanti a noi. Questa è una schifezza. Cosa ci faccio con 800 euro al mese con tutta la famiglia a carico mio?"
A scioperare ci sono anche i contrattisti della Saint-Gobain. Uno di questi ci racconta, mentre blocca un camion davanti all'ingresso dei cancelli: tanto se il camion entra, poi non può scaricare perché io e gli altri che svolgiamo questa mansione siamo qui a scioperare: è da tre anni che mi rinnovano annualmente il contratto. Se un lavoratore si vuole licenziare deve dare un preavviso all'azienda, invece la Saint-Gobain ci manda tutti a casa da un giorno all'altro".
In tantissimi vogliono parlare degli accordi del 2007 che l'azienda non ha rispettato. "Da 30 anni lavoro in questa fabbrica" - dice un operaio, mentre fa avanti e indietro sulle strisce pedonali dell'Aurelia - "gli accordi fatti nel 2007 erano chiari, parlavano di un nuovo Float da 800-850 tonnellate, addirittura superiore a quello attuale che ormai ha più di 14 anni e sta funzionando oltre il dovuto. Non capisco i sindacati, e domando: "dov'è il nostro sindacato? Il sindacato doveva sapere queste cose e bisognava muoversi prima, invece ogni volta c'era una scusa e non si è fatto nulla". La discussione sul sindacato attraversa gli operai con sfumature molto diverse. C'è chi ne sostiene l'operato e chi lo critica, sostenendo "che in questi anni è venuto a mancare, non è stato con i lavoratori", ma tutti ora dicono che "l'importante è farsi sentire tutti insieme".
Un altro operaio, che da 35 anni lavora nello stabilimento, incalza però sulle responsabilità della politica: "noi abbiamo un credito con la politica. La Saint-Gobain ha ricevuto e fatto soldi grazie a una variante urbanistica del Comune, per cui è riuscita a vendere un campo di patate come se fosse oro. Hanno preso milioni di euro, e chi ha beneficiato di questi soldi? Ora ce li devono restituire."
In molti ripetono: "il sindaco ha permesso all'azienda di fare profitti, e di fargli fare soldi, ora il comune si deve impegnare per far ritornare quei soldi". Un operaio è ancora più esplicito sulla vendita di quello che tanti lavoratori della fabbrica chiamano "un campo di patate": "l'azienda ha preso milioni di euro e secondo molte voci che girano sostengono che su questa area c'è una speculazione edilizia. Provo a spiegarmi: se vendi delle case davanti ad una fabbrica attiva, le vendi ad un certo prezzo, ed anche chi le vende ci guadagna una certa cifra. Ma se la fabbrica è chiusa, le case le vendi molto meglio e a un prezzo molto più alto e anche chi ha comprato l'area alcuni anni fa potrebbe aver fatto i suoi conti." Un operaio osserva: "a Pisa si parla tanto di turismo, ma se la gente non lavora, non c'è il turismo. Non si va mica in giro se uno non ha un lavoro".
Un altro operaio più giovane aggiunge: "il sindacato da solo non ce la può fare, questa deve essere una battaglia di tutta la città. Saint-Gobain è la storia di Pisa, e Pisa finisce se non viene rifatto il Float. Da questo impianto dipende la vita e il futuro di migliaia di famiglie".
Un altro lavoratore, quando stiamo per andare via, ci chiede di parlare: "Noi vogliamo un programma scritto, chiarezza, non si può più vivere di voci. Il nuovo forno lo fanno o ci mandano tutti a casa?"

domenica 19 aprile 2009

Manifestazione antirazzista a Pisa: video e report

In questo video, a cura dell'associazione Aut Aut, i principali momenti della grande manifestazione contro l'ordinanza antiborsoni che ieri ha attraversato la città di Pisa.




Manifestazione antirazzista: 3000 no all’ordinanza anti-borsoni
di J. Bonnot
Pisa. La città, come previsto, è stata attraversata da un’imponente e colorata manifestazione a cui hanno partecipato circa 3000 persone. Il corteo ha lasciato con un pò di ritardo piazza Sant’Antonio: una delle tantissime associazioni e comunità senegalesi che avevano annunciato la loro presenza, quella di Piombino, tardava ad arrivare. Ben presto tuttavia il numero di persone era tale che la piazza a stento le conteneva, e si è deciso quindi di far partire il corteo, che subito ha imboccato Corso Italia. Nonostante una sottile pioggia, è prevalsa la volontà di farsi sentire di chi è spesso costretto al silenzio e cori e slogan non si sono fermati un istante. Grande protagonista di essi è stato ovviamente il Sindaco Filippeschi, divenuto simbolo di una politica di chiusura e discriminazione che, se pur diffusa ormai in tutta Italia, a Pisa stentava ad attecchire. Ma interventi e cori non si sono limitati a criticare la famosa ordinanza e la giunta comunale, ma ribadito il fatto che i migranti non sono colpiti solo dal decreto di Filippeschi e da una legge nazionale a dir poco razzista, ma anche da tutti quei problemi che, in questo periodo di crisi, affliggono anche gli italiani: la casa, gli affitti, il lavoro, le difficoltà economiche. Il corteo si è fermato a lungo di fronte al Comune, dove i manifestanti hanno improvvisato un breve sit-in durante il quale non è mancato un minuto di silenzio dedicato alle famiglie colpite dal terremoto che ha colpito l’Abruzzo, ed è proseguito poi sui lungarni, verso ponte Solferino. Quando la manifestazione è arrivata all’altezza della chiesa della Spina alcuni ragazzi dell’Assemblea Antirazzista hanno srotolato dalla cima dell’ex-Enel – l’enorme palazzo sfitto da anni – uno striscione che recitava “Non c’è sicurezza senza diritti”, e hanno ribadito che l’unico “nero” che a Pisa non è benvoluto è quello degli affitti al nero. Il corteo si diretto infine verso piazza dei Miracoli, dove si è concluso con una serie di interventi fatti proprio nel luogo dal quale tanti dei partecipanti alla manifestazione sono stati banditi. Tutti sono concordi nel ribadire l’importanza di una giornata che ha visto scendere in piazza, fianco a fianco, senza alcun tipo di strumentalizzazione, le comunità senegalesi di tutta la Toscana insieme a tante associazioni, circoli, realtà varie e semplici cittadini, accomunati dal rifiuto netto di ogni tentativo di risolvere complessi problemi sociali attraverso ottusi e semplicistici provvedimenti di ordine pubblico.

giovedì 16 aprile 2009

Scuola. Cobas: Il 15 Maggio sciopero generale e manifestazione

Roma, 16 apr. - I Cobas tornano in piazza: venerdi 15 maggio convocano lo sciopero generale per l'intera giornata di tutto il personale della scuola e una manifestazione nazionale a Roma. "Invitiamo i lavoratori della scuola - sottolinea il portavoce nazionale Piero Bernocchi - a queste iniziative di lotta per impedire il taglio di 57 mila posti di lavoro di docenti ed Ata per il prossimo anno". Ma anche "per cancellare le proposte di legge Aprea e Cota e il regolamento Gelmini sulla formazione, che gerarchizzano i docenti, traformando le scuole in fondazioni private e dando ai capi di istituto il potere di assumere e licenziare il personale".
Docenti ed Ata, annunciano i Cobas, sciopereranno e manifesteranno a Roma (ore 10) anche per dire "no alla maestra unica, all'abolizione del modulo e delle compresenze, alle riduzioni di orario in tutti gli ordini di scuola" e per chiedere "massicci investimenti per la messa in sicurezza delle scuole".

lunedì 13 aprile 2009

Cobas: Appello alle realtà pisane contro la guerra

Fermiamo l'acquisto di nuovi caccia!
Investiamo questi soldi per la ricostruzione dell'abruzzo e per sostenere il potere di acquisto di pensioni e salari.
Nei prossimi giorni le commissioni Difesa di Camera e Senato si esprimereanno sul programma di riarmo aeronautico presentato dal ministro della Difesa.
Ebbene, in un momento di grave crisi economica, il Governo Berlusconi, invece di investire per la ricostruzione dell'abruzzo terremotato, invece di incrementare salari e pensioni pensa ad altro ossia all'acquisto di 131 caccia-bombardieri F-35 Lightning II entro il 2026 per una spesa prevista che supera 13 miliardi di euro.
I caccia F-35 rientrano nel programma di riarmo internazionale Joint Strike Fighter (Jsf) a cui hanno aderito alcuni paesi europei trra i quali l'Italia (con il Governo Prodi).
Chiediamo a tutti\e di far sentire la nostra voce: non un soldo sia destinato al riarmo e gli stessi fondi servano per terremotati e salari.
Sono queste le misure anticrisi che noi auspichiamo.
Inviamo la nostra protesta ai gruppi parlamentari di Camera e Senato e ai media chiediamo di pubblicare questo appello
Confederazione Cobas Pisa

mercoledì 8 aprile 2009

Terremoto: il Patto di Base Cobas-Cub-SdL sospende lo sciopero del 23 aprile

A fronte dei tragici eventi causati dal terremoto in Abruzzo, le organizzazioni sindacali del Patto di Base - CUB, Confederazione Cobas e SdL Intercategoriale - hanno unanimemente deciso di sospendere lo sciopero generale già indetto per il 23 aprile e di rinviarlo a data da destinarsi.
CUB - Confederazione Cobas - SdL Intercategoriale

lunedì 30 marzo 2009

sabato 28 marzo 2009

La crisi la paghino Banchieri, Padroni, Evasori

"La crisi la paghino loro!"
Sabato 28 marzo: Manifestazione nazionale - giornata di lotta contro il G14
Ore 14.30 - Piazza della Repubblica
GARANTIRE LAVORO, REDDITO, PENSIONI, CASA, SERVIZI PUBBLICI, BENI COMUNI DIFENDERE OGNI POSTO DI LAVORO E IL DIRITTO DI SCIOPERO
Sono migliaia le aziende che chiudono e centinaia di migliaia i licenziamenti, ma il governo foraggia industriali e bancarottieri, cioè i veri responsabili della più grande crisi economica del dopoguerra.
I lavoratori sono lasciati in balia della crisi, la cassa integrazione copre in minima parte, e solo per alcuni, la perdita di salario, centinaia di migliaia di precari vengono mandati a casa senza alcun reddito, si vorrebbe portare l'età pensionabile delle donne a 65 anni, crescono gli sfratti, si fomenta il razzismo contro gli immigrati: e, per impedire che ci si organizzi per difendere salario e diritti, il governo vorrebbe vietare scioperi e manifestazioni conflittuali.
Mobilitiamoci a sostegno della piattaforma del Patto di Base
Blocco dei licenziamenti.
Riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario.
Aumenti consistenti di salari e pensioni, reddito minimo garantito per chi non ha lavoro. Aggancio dei salari e pensioni al reale costo della vita.
Cassa integrazione almeno all'80% del salario per tutti i lavoratori/trici, precari compresi, continuità del reddito per i lavoratori "atipici", con mantenimento del permesso di soggiorno per gli immigrati/e.
Nuova occupazione mediante un Piano per lo sviluppo di energie rinnovabili ed ecocompatibili, promuovendo il risparmio energetico e il riassetto idrogeologico del territorio, rifiutando il nucleare e diminuendo le emissioni di CO2.
Piano di investimenti per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e delle scuole, sanzioni penali per gli omicidi sul lavoro e gli infortuni gravi.
Assunzione a tempo indeterminato dei precari e re-internalizzazione dei servizi.
Piano di investimenti pubblici per il reperimento di un milione di alloggi, tramite utilizzo di case sfitte e ristrutturazione e requisizioni del patrimonio immobiliare esistente; blocco degli sfratti, canone sociale per i bassi redditi.
Diritto di uscita immediata per gli iscritti/e ai fondi-pensione chiusi.
In occasione della riunione dei Ministri del Welfare del G14 che si terrà a Roma a fine marzo, CUB, COBAS e SDL, assieme a tutte le forze sociali e di movimento che si battono per non pagare la crisi, hanno organizzato una grande manifestazione nazionale.
Gli oltre 70 pullmann e i due treni speciali che sono attesi per sabato non porteranno a Roma unicamente operai, lavoratori della scuola, del pubblico impiego, precari pubblici e privati, ma anche disoccupati, famiglie in lotta per il diritto alla casa, studenti, giovani dei centri sociali.
Il corteo si terrà sul percorso classico delle grandi manifestazioni sindacali – da Piazza della Repubblica a Piazza Navona – nonostante la Questura di Roma abbia tentato in ogni modo, senza riuscirci, di dirottarla in ossequio al Protocollo “ammazzacortei” siglato a Roma da Sindaco, Prefetto, partiti politici e Cgil, Cisl e Uil. Verrà aperto da migliaia di precari di tutti i settori, seguiti dai lavoratori dei Trasporti in lotta anche per difendere il diritto di sciopero. Seguiranno poi i sindacati di base, le forze sociali, gli studenti, le forze politiche.
28 MARZO 2009 ROMA - P.zza Repubblica ore 15
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
CUB - SdL intercategoriale - Confederazione COBAS


Alla manifestazione nazionale indetta dai sindacati di base del Patto di Base (cobas, sdl, cub) parteciperanno anche varie realtà sociali: studenti, migranti, movimenti di lotta per la casa ecc...Contenuti del Patto di Base: Blocco dei licenziamenti. Riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. Aumenti consistenti di salari e pensioni, reddito minimo garantito per chi non ha lavoro. Aggancio dei salari e pensioni al reale costo della vita. Cassa integrazione almeno all'80% del salario per tutti i lavoratori/trici, precari compresi, continuità del reddito per i lavoratori "atipici", con mantenimento del permesso di soggiorno per gli immigrati/e. Nuova occupazione mediante un Piano per lo sviluppo di energie rinnovabili ed ecocompatibili, promuovendo il risparmio energetico e il riassetto idrogeologico del territorio, rifiutando il nucleare e diminuendo le emissioni di CO2.


sabato 21 marzo 2009

Pisa non paga la crisi! Il ministro Tremonti non si presenta!


Questa mattina il ministro Giulio Tremonti era atteso al "Manifutura Festival 2009" di Pisa, kermesse all'interno della quale era previsto un suo faccia a faccia con il responsabile economico del Pd, Pier Luigi Bersani e con Vincenzo Visco, fondatore dell'associazione Nens, centro studi sull'economia che ha organizzato l'evento come "occasione di confronto sulla crisi". Il ministro Tremonti ha ritenuto di non presentarsi, evitando le annunciate contestazioni...Nelle settimane precedenti era stato lanciato con forza un corteo cittadino contro la presenza del ministro, dichiarato ospite indesiderato da parte delle realtà sociali del territorio. "Pisa non paga la crisi! Voi ci rubate il futuro, noi ci riprendiamo la città!", queste le parole d'ordine a indizione della manifestazione contro Tremonti, simbolo delle gestione della crisi nel nostro paese, architetto dei devastanti tagli operati contro la scuola e l'università.
Quindi questa mattina, nonostante la defezione del ministro, rimasto a casa per timore e paura della contestazione dei movimenti, dell'Onda, ancora in piazza e ancora protagonista, in tanti si sono concentrati in piazza Sant'Antonio, dando vita ad un corteo di migliaia di persone per le vie del centro cittadino, dirigendosi verso piazza Guerraschi, verso la struttura che avrebbe dovuto ospitare Tremonti.

Ascolta la diretta con Andrea dell'Onda di Pisa

giovedì 12 marzo 2009

La Crisi e le ricadute sul territorio pisano : Paghino i Padroni!

Solo negli ultimi mesi decine di migliaia sono i posti di lavoro perduti, molti dei quali senza ammortizzatori sociali e per questo piombati nella miseria più nera. In questi anni invece di investire nella produzione , la ricchezza prodotta si è volatizzata nelle speculazioni finanziarie, nei crolli borsistici . La risposta dei Governi europei non è stata quella di favorire la domanda e aumenti del potere di acquisto dei salari e delle pensioni, nessuna seria misura a sostegno dei redditi bassi e dei precari.
La ricetta è stata quella di regalare soldi alle banche, credito agevolato alle imprese (anche quelle che delocalizzano la produzione dove il costo del lavoro è irrisorio e dove non ci si fa troppi scrupoli se le produzioni risultano nocive ai lavoratori e all’ambiente)
In questi ultimi anni i nostri salari sono sempre più incapaci di affrontare il caro vita, aumentano i costi della scuola e dell’università , curarsi è diventato un lusso. I profitti delle imprese invece non conoscono crisi come gli stipendi dei managers.

Ma cosa accade sui nostri territori??


PIAGGIO
La piattaforma approvata dai lavoratori mesi fa è stata rigettata, ma da più parti (istituzioni come Il sindaco di Pontedera, la Confindustria , Cisl e Uil) si è levata la richiesta di una intesa che poi è quella proposta dalla Piaggio e respinta dai lavoratori, proposta che regala a Piaggio molti soldi edè peggiorativa per i lavoratori.
Con queste premesse è stato firmato l’accordo sul contratto integrativo dei lavoratori della Piaggio da parte di queste sigle sindacali, che ha trovato la contrarietà della Fiom-Cgil e della maggioranza dei lavoratori che è scesa in sciopero.

SANT GOBAIN
La multinazionale del vetro in un comunicato ha dichiarato: “la crisi economica e la conseguente situazione nella quale la società si trovala è tale che non possiamo rispettare gli impegni assunti, con le parti sociali e l’amministrazione comunale di Pisa, nel 2007”
Le cose stanno diversamente; Saint Gobain incassa i soldi derivanti dalla vendita di terreni grazie alla variante urbanistica gentilmente concessa dall’Amministrazione Fontanelli, promette in cambio potenziamento della produzione e nuove assunzioni : MA nel frattempo il Gruppo specula e perde in borsa facendo pagare ai suoi dipendenti e agli interinali i costi. Cgil Cisl UIl non muovono foglia contro Saint Gobain e Comune, non una parola sulle assunzioni, non un’ora di sciopero, solo generiche frasi sul rispetto degli impegni

DISTRETTO CONCIARIO- CALZATURIEREO DI S.CROCE
La crisi economica ha prodotto un primo risultato: padroni, padroncini e istituzioni locali uniti in un comitato contro la crisi.
Ma l’unità tra Sindacato e Padroni (chiamiamola con il suo nome: concertazione), non produce i risultati sperati, infatti si parla genericamente di accrescere la domanda interna senza spendere una parola sull'aumento dei salari che è alla base della ripresa della domanda.. Si chiedono , e a ragione, investimenti pubblici: ma chi dovrebbe giovare di questi finanziamenti?= Le imprese che utilizzano i soldi per delocalizzare le produzioni nei paesi dove il costo della manodopera è ai minimi termini? Nel frattempo si chiede allo Stato, ai Comuni e alle Regioni finanziamenti a fondo perduto che vanno a beneficio della impresa e non solo dei lavoratori Il sindacato non si metterà al servizio delle imprese scaricando sulla cittadinanza i costi della depurazione delle acque? Con la scusa di combattere la crisi, il padronato chiede solo di pagare meno i lavoratori, di poterli licenziare con maggiore facilità e di scaricare sulla collettività le perdite, fermo restando che di socializzare i profitti (passati , attuali e futuri) non ci pensano neppure
E i soliti Padroni e Padroncini, si sono guardati bene, nella maggior parte dei casi, di aderireall' EBRET “ente bilaterale regionale toscano di sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti da aziende artigiane sospesi per mancanza di lavoro” . Così oggi i lavoratori licenziati non possono usufruire di questo fondo che insieme all’indennità di disoccupazione avrebbe garantito a molte famiglie un minimo di reddito.
La crisi non la devono pagare i lavoratori.
Difendiamo i posti di lavoro senza regalare i soldi alle imprese
Cobas :: Pisa e Zona del Cuoio

mercoledì 11 marzo 2009

L'assalto finale alla previdenza pubblica

di Pino Giampietro*
Non bisognava essere cartomanti per comprendere, all'indomani del nefasto accordo sulle pensioni del 23 luglio 2007 tra il governo Prodi, la Confindustria e Cgil-Cisl-Uil, che lo sfondamento dei 60 anni di età per il pensionamento di anzianità (nel 2013 ci vorranno per tutti/e al minimo 61 anni di età e 36 di contribuzione o 62 e 35 per andare in pensione) sarebbe stato foriero di ulteriori sciagure per lavoratori e lavoratrici.
Sicuramente il punto più contraddittorio dell'accordo era l'età di pensionamento per anzianità delle donne, superiore ai 60 anni, età che ancora oggi consente alle lavoratrici di andare in pensione per vecchiaia.
A questo, oltre che alle successive raccomandazioni dell'Unione Europea sulla presunta violazione della parità tra uomo e donna, si appellava circa un anno fa Emma Bonino per cominciare la campagna sull'elevamento a 65 anni dell'età pensionabile per vecchiaia per le donne, campagna che in queste settimane è divenuta sempre più ossessiva.
Ma che dire della mancanza in quell'accordo di un preciso e congruo finanziamento per garantire la possibilità nel caso degli addetti ai lavori usuranti di poter accedere al pensionamento con un anticipo di tre anni rispetto agli altri lavoratori? Non è un caso che ancora oggi non c'è nessun provvedimento nel merito, l'unico fugace accenno del governo a tale problema lo si riscontra qualche mese fa, quando si è liquidata la questione come molto futuribile e l'eventuale anticipo della pensione è calato da 3 a 1 anno.
Mentre sulla questione dell'adeguamento verso il basso dei coefficienti di trasformazione delle pensioni a sistema contributivo (che ne ridurrà il già risicato importo), che Berlusconi nel 2005 scaricò sul successivo governo (Prodi), nell'accordo del 23 luglio c'è stato un pronunciamento circostanziato nel merito, che ha consentito a Sacconi, un mese fa, di fissare per il 1° gennaio 2010 l'adeguamento automatico in peius dei suddetti coefficienti.
Solo due-tre mesi prima, un altro ex socialista come Sacconi, ex sindacalista dei chimici della Cgil, ex collaboratore de "Il Sole 24 Ore", il deputato PdL Cazzola, ha depositato una proposta di legge in cui ha auspicato l'estensione del calcolo contributivo della pensione agli ultimi "fortunati" che sono ancora a regime retributivo.
Intanto la "riforma" Brunetta del Pubblico Impiego è stata definitivamente approvata lo scorso 26 febbraio; in questa, tra le altre nefandezze, c'è una "bella sorpresa" per i/le dipendenti pubblici che vanno in quiescenza con il massimo di 40 anni di contribuzione: per raggiungere tale massimo nel computo dei 40 anni non saranno più conteggiati i 4 anni di università e l'anno di militare.
Con questa serie di piccoli (e chiamiamoli piccoli) passi si è messo in moto un perverso meccanismo che, facendo leva sulla terrificante crisi in corso, punta di fatto all'ennesima generale controriforma pensionistica.
Le falle apertesi con il pessimo accordo del 23 luglio 2007, che già di per sé ed insieme alla sponsorizzazione sindacal-padronal-governativa dei Fondi pensione autorizzavano ulteriori manomissioni peggiorative del sistema previdenziale pubblico, sono diventate delle vere e proprie voragini con il procedere e l'acutizzarsi della crisi.
La crisi finanziaria prodotta dallo scoppio della bolla speculativa dei mutui subprime, partita negli Usa nell'estate 2007, propagatasi in Europa, è divenuta inarrestabile nell'estate 2008; dallo scorso autunno alla crisi finanziaria si è affiancata una micidiale crisi produttiva con il suo tragico corredo di cassintegrazione (in Italia a gennaio 2009 +606% rispetto a gennaio 2008, a febbraio 2009 +554% rispetto a febbraio 2008 e + 1000% nel settore metalmeccanico), licenziamenti (fra gennaio e febbraio 2009 oltre 350.000), fallimenti e chiusure aziendali, etc... Negli USA la disoccupazione è all'8,1%, nel solo febbraio scorso sono stati cancellati più di 600.000 posti di lavoro; nell'Unione Europea si prevedono altri 6 milioni di disoccupati entro il 2010; il Fondo Monetario Internazionale, dopo aver a gennaio previsto per il 2009 una crescita del prodotto mondiale dello 0,5%, il 10 marzo prevede crescita sotto zero (è la prima volta dopo il 1945).
A fine luglio 2008 usciva il cosiddetto libro verde di Sacconi, dal titolo involontariamente dadaista "La vita buona nella società attiva", che, con una certa non chalance, teorizzava un futuro fatto di fondi pensione e fondi sanitari, anticipando l'auspicio, dopo il 2013 (guarda caso appena va a regime la "riforma" varata il 23/7/2007), di un ennesimo innalzamento dell'età pensionabile e di altri passi in avanti verso lo smantellamento del sistema pensionistico pubblico e la privatizzazione del welfare.
Ma, nel giro di pochi mesi, la crisi diventa sempre più grave e la solita Confindustria comincia a suggerire provvedimenti sempre più "radicali". La voce dell'oracolo è affidata al solito "Il Sole 24 ore", che parte con una campagna ben architettata.
L'organo di Confindustria comincia in sordina, con opinioni in genere espresse sulle sue pagine interne da giornalisti esperti di economia.
Il 16 dicembre 2008 a pagina 16 è Stefano Micossi ad aprire le danze; in un articolo intitolato "Il rilancio? Partirà dal lavoro ", dopo un sommario che testualmente recita: "E' il momento di affrontare le debolezze strutturali: le rigidità delle condizioni d'impiego, le resistenze ad alzare l'età pensionabile, l'inefficienza della Pa", ad un certo punto il nostro dichiara perentoriamente: "Non c'è scampo: in un Paese in rapido invecchiamento, dobbiamo allungare l'età di pensionamento" per giungere ad una chiusura sinistramente chiarissima: "Le scelte impopolari vengono spesso rinviate quando le cose vanno bene, ma possono essere affrontate in condizioni di crisi, perché quello è il momento in cui i margini per i giochi opportunistici si riducono e l'interesse generale emerge più chiaramente. Spetta al Governo, che nasce con forti ambizioni riformatrici, mettere le carte in tavola con chiarezza davanti al Parlamento e all'opinione pubblica".
Quindi la crisi diventa potente motore di riforme impopolari ma necessarie, perché rappresentano l'interesse generale (di chi?), e che il Governo (rigorosamente con la maiuscola), che ha ambizioni riformatrici, deve portare avanti.
Negli ultimi mesi il governo, tramite Sacconi e/o Tremonti e lo stesso Berlusconi, ha sostenuto più volte che non si fanno riforme delle pensioni ogni due anni. Ma abbiamo imparato a diffidare delle smentite del cavaliere e dei suoi accoliti; anzi, più smentiscono e più dobbiamo preoccuparci. Sarebbe come credere a Bush che, alla vigilia della batosta elettorale, continuava a ripetere che le basi dell'economia USA erano più che solide.
Perciò "Il Sole 24 Ore" ha proseguito con la sua campagna sottotraccia, direi subliminale: con cadenza settimanale sono continuati ad uscire articoli che accennavano alla necessità di innalzare ancora l'età pensionabile, successivamente tali articoli hanno assunto evidenza sempre maggiore, fino a conquistare la prima pagina ed assurgere a rango di editoriali come quello del 14 febbraio 2009 di Fabrizio Galimberti dal titolo inequivocabile "Cautela sul debito, coraggio sulle pensioni" che così si conclude: "Ma il rischio vero che vale la pena di correre è quello di un negoziato fantasioso e coraggioso, che scambi uno stimolo "qui e subito" all'economia con una riforma del sistema pensionistico che valga a innalzare l'età effettiva (non quella legale) di pensionamento: un finanziamento lento ma sicuro di un esborso rapido e immediato". Qualche giorno dopo l'eterno falco di Confindustria, Bombassei, in un'audizione parlamentare sulla crisi economica, caldeggia la necessità di una nuova riforma delle pensioni.
E nelle ultime settimane è partita la campagna, in nome della parità, sull'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni per le donne, almeno per le dipendenti pubbliche, per ottemperare alle disposizioni dell'Unione Europea.
Cosa non si farebbe in nome della parità uomo/donna? Non fa nulla che in Italia il lavoro familiare non retribuito rappresenti il 32,9% del Pil, di cui il 23,4%, pari a 308 miliardi di euro (una cifra praticamele eguale al totale dell'ammortare delle retribuzioni del lavoro dipendente), sia opera delle donne; cosa sarà mai se le retribuzioni delle donne siano del 16% inferiori a quelle degli uomini o se nella provincia di Brescia (realtà ad alta concentrazione industriale e femminilizzazione della manodopera) tra i 147.282 percettori di assegni pensionistici inferiori ai 500 euro mensili il 77,50% sia costituito da donne? E quale importanza potrà mai avere il dato acclarato secondo cui le donne mediamente lavorino due ore al giorno in più degli uomini e che l'Italia sia agli ultimi posti in Europa nell'erogazione di servizi pubblici alla famiglia e alla persona?
Tranquille e tranquilli, ora ci pensa il "socialista" Brunetta a mettere le cose a posto, ha promesso che i 10 miliardi di euro risparmiati con l'elevamento dell'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, saranno tutti reinvestiti per garantire occupazione, perequazione salariale e pensionistica, servizi alla persona a tutela ed emancipazione delle donne.
Ma che bravo quel Brunetta! Tra l'altro è riuscito nell'intento di far riavvicinare Bonanni ad Epifani. Già i giornali arrivano a scrivere che Cgil-Cisl-Uil alzeranno le barricate per fermare la nuova controriforma pensionistica. Ma è proprio così?
In realtà dopo tre giorni di dichiarazioni di fuoco, al quarto la vocazione pompieristica dei sindacati di stato torna a riemergere.
Epifani, il duro Epifani, si aggrappa al dato reale della floridezza dei conti dell'INPS (che nel 2008 ha registrato un avanzo di 11,2 miliardi di euro) per affermare che "Non è il momento per innalzare l'età. Non possiamo penalizzare le donne in fase di crisi. Dopo, se vogliamo, ci mettiamo intorno a un tavolo. Noi restiamo favorevoli al ripristino della flessibilità di uscita come c'era nella vecchia riforma Dini, che era stata poi superata dalla legge Maroni" ("il Manifesto" 10 marzo 2009).
Insomma il prode Guglielmo dice che non è il momento di penalizzare le donne, ma, passata la crisi, si può ragionare, ricorrendo alla flessibilità di uscita prevista dalla Dini.
Noi invece diciamo chiaro che l'innalzamento dell'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, preludio alla generalizzazione di tale elevamento anche a quellei private, è una barbarie sempre e comunque, contro cui bisogna fare muro a tutti i costi, crisi o non crisi.
Un'altra cosa che il buon Guglielmo dimentica di dire è che la volontarietà dell'età di pensionamento flessibile prevista dalla controriforma Dini è accompagnata da incentivi e disincentivi; cioè, se lasci prima il lavoro, sarai penalizzata economicamente, mentre sarai premiata se andrai in pensione più tardi; quindi la pretesa volontarietà va a farsi fottere.
Non basta che i conti dell'INPS siano in vistoso attivo, che già oggi tante dipendenti pubbliche (ed ancor più gli uomini) vadano in quiescenza oltre i 65 anni a causa di pensioni da fame; il problema non è l'aumento della spesa previdenziale che, per il nostro Paese, è inferiore alla media continentale, il problema è che in Italia si vive mediamente due anni in più che nel resto d'Europa!
Come al solito; la posta in gioco si va progressivamente allargando, padroni e governo puntano al colpo grosso, a far saltare il banco.
Dall'elevamento dell'età pensionabile delle dipendenti pubbliche si mira a passare ad un provvedimento analogo per le lavoratrici private; ma quindi perché fermarsi qui?
Quel che si prospetta ad una distanza di tempo molto ravvicinata è la cancellazione dello stesso istituto delle pensioni di anzianità, rimarrebbe esclusivamente il pensionamento per vecchiaia ad un'età compresa in una forchetta fra i 62 e i 67 anni per uomini e donne.
Ciò si potrebbe realizzare già a partire dal 2010 (se non addirittura prima, non ci è stato detto che provvedimenti impopolari è più facile prenderli in periodi di crisi?), per poi puntare rapidamente al pensionamento a 70 anni; è questo il sogno dei padroni. Svegliamoci prima che questo incubo si materializzi per le lavoratrici e i lavoratori!
Pino Giampietro
Confederazione Cobas

giovedì 5 marzo 2009

Il diritto di sciopero trasformato in "delitto"




Così ha deciso il 27 febbraio il Governo, inviando al Parlamento un disegno di legge (d.d.l.) sullo sciopero nei trasporti, che, una volta trasformato in legge, cancellerà sostanzialmente il diritto di scioperare.CONTINUA CLICCANDO SUL TITOLO
Infatti, secondo quel d.d.l. (pensato e scritto da Sacconi, ministro del lavoro e primo corazziere di Berlusconi), potrà proclamare sciopero solo il sindacato (o la coalizione di sindacati) che ha una rappresentatività superiore al 50%. Chi non ci arriva, ma ne ha una oltre il 20%, potrà proclamare sciopero solo tramite un referendum tra i lavoratori, dal quale risulti favorevole almeno il 30% di loro.

Inoltre, ogni singolo lavoratore che vorrà aderire allo sciopero dovrà, obbligatoriamente e preventivamente, fornire il proprio nome e cognome (così, la gerarchia aziendale potrà usare tutti i mezzi a sua disposizione per fargli cambiare idea!).

E poi, il cosiddetto “sciopero virtuale”, cioè il fatto che, invece di scioperare, i lavoratori, pur dichiarandosi in sciopero, dovranno lavorare ugualmente, ma senza riscuotere la paga!!!
Questa ciliegina sulla torta, però, pare che non sarà fissata per legge, ma sarà fatta inserire nei vari contratti collettivi. Che Cisl-Uil-Ugl hanno già la penna in mano per firmare, visto che da mesi firmano (senza la Cgil) accordi e contratti a tutto spiano, nei quali concedono a padroni e Governo di tutto, di più.

Infine, come per ogni delitto, anche per lo sciopero fuori da queste nuove “regole” che di fatto lo cancellano, sono previste sanzioni: da 500 a 5.000 euro a testa. Stessa musica anche per chi, durante scioperi e manifestazioni, blocchi strade, porti, aeroporti, stazioni.

Meno male che il partito più forte al governo si chiama “Popolo della Libertà”! Cosa avrebbe mai deciso se si fosse chiamato “partito della dittatura”? Come in realtà è. Ce n’è di che mettersi a piangere da parte di quei lavoratori che lo hanno votato o hanno votato l’altro partito al governo, la Lega! O no?
Certo che anche il PD non dà molte garanzie rispetto al diritto di sciopero, visto che i suoi esponenti non hanno respinto il contenuto del d.d.l., ma si sono solo lamentati del fatto che il Governo non abbia attivato incontri coi sindacati prima di prendere la decisione definitiva!

E’ chiaro che il Governo non intende affatto limitare questa normativa al solo settore dei trasporti.
Sacconi ha già detto che fra 2 anni farà entrare in vigore un Testo Unico sul diritto di sciopero per tutti i settori lavorativi, pubblici e privati. Come la presidente di Confindustria, Marcegaglia, gli chiede da mesi.
Si è partiti dai trasporti, perché qui i mezzi d’informazione, scatenati a ingigantire e drammatizzare i disservizi causati dagli scioperi di ferrovieri, conducenti di autobus urbani e metropolitane, hostess, ecc., hanno fatto di tutto per spaventare l’opinione pubblica e prepararla a schierarsi contro il diritto di sciopero.
Poi ci avrebbe pensato il Governo a utilizzare la situazione per cancellare questo diritto e trasformarlo in delitto in tutti i settori, dopo avere sfondato nei trasporti.
Eppure, qui, da una ventina d’anni gli scioperi sono regolamentati da norme tanto rigide da limitare fortemente i disagi dei viaggiatori.

Il diritto di sciopero è concepito dalla Costituzione come un diritto fondamentale del sistema democratico e non può essere regolamentato in modo tale da sopprimerlo, come intende fare il Governo con le “regole” sulla rappresentatività, sul referendum, sull’adesione preventiva e nominativa agli scioperi, sullo “sciopero virtuale”, sulle sanzioni di migliaia di euro per i “ribelli”.

Per gli studiosi di diritto sindacale il diritto di sciopero è un diritto soggettivo appartenente al singolo lavoratore e solo a lui, e non ai sindacati, o a un referendum di lavoratori, o al Governo, o ai padroni. Niente né nessuno può impedire al lavoratore di esercitare questo diritto, o di non esercitarlo. E’ lui, al momento di entrare o non entrare in sciopero, a decidere cosa fare.

Certo, se il Governo è presieduto da un padrone che ne ha fatte e ne fa di tutti i colori, c’è poco da meravigliarsi di questa “novità” del delitto di sciopero: alla dittatura in azienda non può non accompagnarsi la dittatura di Governo, per far subire spietatamente ai lavoratori una crisi economica e sociale spaventosa, precipitarli nella miseria più nera e nella passività più assoluta.UNA PROSPETTIVA DA RESPINGERE CON LA LOTTA SUL LAVORO E QUELLA SOCIALE
CONFEDERAZIONE COBAS -PISA.