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venerdì 8 maggio 2009

«Il peggio deve ancora venire: Cai è un modello contro i diritti del lavoro»

di Francesco Piccioni
Disservizi, ritardi, organici largamente insufficienti. Ma «conti migliori del previsto». Intervista a Paolo Maras (segretario SdL)
Ritardi, manutenzione incerta, disservizi, carenza di organico. Alitalia torna in prima pagina, ma con i conti - spiega il socio di riferimento, Jean-Cyril Spinetta, presidente di air France - «al di sopra delle attese». Ne parliamo con Paolo Maras, segretario nazionale dell'SdL-trasporto aereo, steward ora in cassa integrazione.
Quanti problemi ha la «nuova» Alitalia?
Che si faccia il bilancio dei primi 100 giorni è doveroso, ma era già noto che i problemi principali - ritardi, inefficienze, organici e condizioni del lavoro - fossero irrisolti. Non a caso avevamo sempre detto che attraverso questa operazione non passa solo la trasformazione da Alitalia a Cai, ma un treno micidiale addosso a diritti, conquiste, condizioni di lavoro. E anche una visione diversa da quella di una compagnia di bandiera, che presuppone comunque un interesse dello Stato nel garantire servizi ai cittadini. Oggi vediamo anche Formigoni e Castelli strapparsi i capelli per Malpensa, dove non funzione più nulla e i passeggeri rimangono a terra. Certo, se gli organici sono insufficienti, sia a bordo che a terra, succede questo.
Eppure si era detto che si voleva creare una compagnia grande, forte e «italiana».
Fin dall'inizio l'obiettivo era di tenere bassissimi i costi e il personale ridotto all'osso, confezionando un pacchetto appetibile per il migliore offerente. Che in Cai sappiamo essere «mister 25%», ovvero Air France. Che ora dice - traduco - «come fate a ottenere risultati superiori alle aspettative»? In Francia sequestrano i manager, qui avete distrutto sindacato e lavoratori e nessuno dice niente...
Previsioni fosche per i vostri colleghi francesi...
Appunto. In secondo luogo, Spinetta ha sollevato la politica italiana e il governo (quello che diceva «ai francesi, mai») da ogni responsabilità per la cattiva gestione precedente alla vendita. L'unico «colpevole» è stato trovato nel sindacato. Tutti, senza eccezione. Noi siamo convinti che il peggio debba ancora arrivare. Il «problema Alitalia» non c'è più, come la monnezza napoletana. Ma se si pensa che deve ancora la fusione effettiva tra le cinque aziende che compongono oggi la nuova Alitalia, è facile prevedere nuovi «esuberi» causati da queste sinergie.
Ma se già ora nell'«operativo» gli addetti sono pochi...
Se una macchina che ha bisogno di quattro assistenti di volo la fai partire con soltanto due, la legge della «sinergia» funziona anche in quel caso. I numeri delle assunzioni fatte sono fortemente squilibrati rispetto agli stessi impegni iniziali. Gli assistenti di volo - a quattro mesi dalla partenza - sono sotto organico di oltre 400 unità. Si parla ora di 190 assunzioni, che non coprono le necessità.
Le politiche del trasporto dipendono sempre più dalle scelte europee. Come si fa a tenere il punto del conflitto senza una qualche sponda politica?
La vicenda Alitalia è andata come è andata proprio perché c'è una desertificazione della politica. C'è necessità di riportare competenze vere, non ideologiche - insomma esperienze vissute, «sapere di che si parla» - dentro certe istituzioni. Per esempio, credo che la scelta di Andrea Cavola, mio compagno di lotte per oltre 20 anni - di candidarsi come indipendente con Rifondazione, sia assolutamente giusta. La sensazione di questi anni è che non importa quanto tu abbia ragione, quanti lavoratori hai dietro; tutto il sistema - anche l'informazione, con poche eccezioni - si muove a tutela degli interessi del «grande capitale». Basta vedere il ruolo politico-mediatico del ministro Matteoli: di scioperi nel trasporto non si parla più, nemmeno a livello di annuncio, perché ogni giornalista sa che tanto lui li vieta sempre, con la precettazione.

venerdì 24 aprile 2009

Gli operai bloccano l'Aurelia a Pisa

Video-interviste agli operai della Saint-Gobain:
da PisaNotizie.it



La crisi inizia a mordere e a farsi sentire anche sul tessuto produttivo italiano. I territori ad alta concentrazione manifatturiera vedono chiudere fabbriche su fabbriche con l'attivazione (quando va bene) di cassa integrazioni o (nel peggiore dei casi) con il puro e semplice licenziamento.
Due giorni fa uno sciopero spontaneo e il conseguente blocco dell'Aurelia da parte di centinaia di operai è stata la ripsota a caldo che quei lavoratori hanno saputo improvvisare per opporsi ai 70 licenziamenti che la multinazionale francese Saint-Gobain ha comunicato in mattinata.
La situazione è molto tesa e, se il sindacato nell'assemblea di fabbrica non illude i lavoratori che hanno protestato autonomamente, sono previste grosse mobilitazioni.

Saint Gobain: cronaca di un disastro annunciato
di associazione Aut-aut
Dopo la comunicazione, terribile e improvvisa, di 77 licenziamenti all'interno della fabbrica Saint Gobain di Pisa, da stamattina i lavoratori della fabbrica sono in sciopero, e alternano a picchetti di fronte allo stabilimento blocchi dell'Aurelia. Ma come si è arrivati a questa situazione? Senza ripercorrere le complesse tappe di questa vicenda, basti ricordare che la Saint Gobain e il Comune di Pisa, durante il mandato del Sindaco Fontanelli, avavano firmato un accordo che prevedeva da parte del Comune la concessione di una variante urbanistica che permetteva alla fabbrica la dismissione di un’area dello stabilimento, e da parte dell’azienda l’impegno a investire 100 milioni di euro in cinque anni sul forno Float, operazione che avrebbe offerto garanzie occupazionali per gli operai della fabbrica.
Il risultato di questo “affare”, per la Saint-Gobain, è stato l’ incasso, nell’immediato, più di 20 milioni di euro, attraverso la dismissione di un’area ceduta alla società di costruzioni Ville urbane, che utilizzerà l’area, pare, per costruire palazzi di 7 piani. E per il Comune, ovvero per i lavoratori che dovevano essere i principali beneficiari dell’accordo, quali sono stati i benefici di questa operazione?
Ieri ai lavoratori è stata comunicata la notizia che non esiste alcun investimento sul forno Float che, al contrario, entro luglio sarà spento. Il risultato saranno 77 licenziamenti, dei quali 45 lavoratori a tempo indeterminato e 22 interinali. Il risultato è insomma che mentre un’azienda che fattura milioni di euro si è potuta arricchire ancora un po’, incassando 20 milioni di euro da una società che a sua volta probabilmente incasserà una cifra ancora più alta grazie alle speculazioni che potrà portare avanti sull’area acquistata (siamo sicuri, tra l’altro, che verranno costruiti palazzi di sette piani in un’area come quella della Saint Gobain?), 77 lavoratori hanno perso il proprio lavoro.
Domani il Consiglio Comunale di Pisa discuterà la proposta del consigliere comunale Maurizio Bini di dedicare un consiglio comunale aperto, il 30 aprile, alla questione Saint Gobain. Come risulta chiaro infatti, il Comune di Pisa non ha certo un ruolo secondario nella faccenda. E' realistico, infatti, immaginare che il Comune si sia accorto solo ieri, insieme ai lavoratori, che il famoso investimento da 100 milioni di euro promesso dall’azienda in cambio della variante urbanistica fosse solo un pretesto per una mastodontica operazione di speculazione immobiliare?
La risposta a questa domanda è da cercare probabilmente tra le pieghe dei rapporti che legano chi ha tratto benefici da un’operazione che, ancora una volta, fa ricadere gli effetti della crisi su chi questa crisi la subisce da sempre, permettendo invece di arricchirsi a cui l’ha creata.

Le voci della Saint-Gobain: la parola degli operai
da PisaNotizie.it
I lavoratori della Saint-Gobain rompono il silenzio, scioperano, bloccano l'Aurelia e soprattutto si raccontano e spiegano cosa è avvenuto in questi ultimi mesi nella fabbrica.

"Ci hanno preso clamorosamente in giro" - dice un lavoratore della CRM, una ditta dell'indotto della Saint-Gobain - "la scorsa settimana avevano appeso un foglio in bacheca in cui l'azienda diceva che era tutto tranquillo, e poi ci licenziano. Ci sentiamo traditi. Noi dell'indotto siamo i primi saltare". Queste sono le prime parole che raccogliamo, appena arrivati davanti ai cancelli della Saint-Gobain durante lo sciopero. E un altro operaio che qui lavora dall'1989 incalza: "l'azienda ha negato fino all'ultimo, venerdì ci raccontavano che non si sarebbe fatta più la settimana corta e che i contratti a termine sarebbero stati rinnovati", e un altro operaio lo interrompe: "per forza, avevano deciso già di mandarci tutti a casa da tempo, da molto tempo".
"Il male vero" - ci racconta un altro lavoratore anziano - "è che non si sa cosa vogliono fare. Il problema è se il nuovo Float verrà fatto oppure no: tutto il resto sono chiacchere, e di queste siamo stufi. La mia impressione è, però, che la situazione è brutta e che non ci attende nulla di positivo". Un operaio lo interrompe: "a noi dicono che si naviga a vista, ma come è possibile che una multinazionale va avanti così senza una strategia?". Aggiunge un altro lavoratore: "che sarebbe finita così si sapeva da mesi, non si sono voluto vedere le cose per quelle che erano, si sa che politica fanno le multinazionali."
Un altro operaio che lavora allo stratificato da più di dieci anni ci spiega: "in tutti questi anni abbiamo acquisito delle professionalità in questa fabbrica. L'azienda ha guadagnato su di noi. Da quando sono qui, la Saint-Gobain ci ha chiesto sempre una maggiore disponibilità: lavoro interinale, straordinari di sabato e di domenica e noi abbiamo accettato. Ora ci dicono che c'è la crisi e ci mandano tutti a casa". Un altro lavoratore aggiunge "nel mio reparto, ci hanno chiesto gli straordinari anche il sabato fino al 31 gennaio, alla faccia della crisi. L'azienda si è riempita i magazzini, in modo da avere riserve per anni, e ora che ci ha spremuto bene ci butta via. Occorre porre un freno a queste multinazionali che pongono al centro solo il profitto". "Io ho lavorato il 24 dicembre, il 31 dicembre di quest' anno e ora mi dicono che c'è la crisi - afferma un operaio - A noi dicevano: lavorate e le cose miglioreranno. Il risultato è che spengono il Float e ci licenziano". Interviene un terzo: "qui licenziano il 30% di noi, basta coi patti con l'azienda, è tanti anni che ci strozzano", e c'è chi urla: "hanno marciato sulla crisi per avere gli incentivi, hanno guadagnato loro e basta".
Insieme con gli operai della Saint-Gobain ci sono i lavoratori della CRM (una sessantina), ma anche quelli delle cooperativa delle pulizie, poco meno di una trentina. Uno di questi ci dice: "è da gennaio di quest'anno che lavoro a 6 ore, prendo 750-800 euro al mese, e non ho né cassa integrazione, né alcun ammortizzare sociale. Se ci licenziano abbiamo solo la disoccupazione davanti a noi. Questa è una schifezza. Cosa ci faccio con 800 euro al mese con tutta la famiglia a carico mio?"
A scioperare ci sono anche i contrattisti della Saint-Gobain. Uno di questi ci racconta, mentre blocca un camion davanti all'ingresso dei cancelli: tanto se il camion entra, poi non può scaricare perché io e gli altri che svolgiamo questa mansione siamo qui a scioperare: è da tre anni che mi rinnovano annualmente il contratto. Se un lavoratore si vuole licenziare deve dare un preavviso all'azienda, invece la Saint-Gobain ci manda tutti a casa da un giorno all'altro".
In tantissimi vogliono parlare degli accordi del 2007 che l'azienda non ha rispettato. "Da 30 anni lavoro in questa fabbrica" - dice un operaio, mentre fa avanti e indietro sulle strisce pedonali dell'Aurelia - "gli accordi fatti nel 2007 erano chiari, parlavano di un nuovo Float da 800-850 tonnellate, addirittura superiore a quello attuale che ormai ha più di 14 anni e sta funzionando oltre il dovuto. Non capisco i sindacati, e domando: "dov'è il nostro sindacato? Il sindacato doveva sapere queste cose e bisognava muoversi prima, invece ogni volta c'era una scusa e non si è fatto nulla". La discussione sul sindacato attraversa gli operai con sfumature molto diverse. C'è chi ne sostiene l'operato e chi lo critica, sostenendo "che in questi anni è venuto a mancare, non è stato con i lavoratori", ma tutti ora dicono che "l'importante è farsi sentire tutti insieme".
Un altro operaio, che da 35 anni lavora nello stabilimento, incalza però sulle responsabilità della politica: "noi abbiamo un credito con la politica. La Saint-Gobain ha ricevuto e fatto soldi grazie a una variante urbanistica del Comune, per cui è riuscita a vendere un campo di patate come se fosse oro. Hanno preso milioni di euro, e chi ha beneficiato di questi soldi? Ora ce li devono restituire."
In molti ripetono: "il sindaco ha permesso all'azienda di fare profitti, e di fargli fare soldi, ora il comune si deve impegnare per far ritornare quei soldi". Un operaio è ancora più esplicito sulla vendita di quello che tanti lavoratori della fabbrica chiamano "un campo di patate": "l'azienda ha preso milioni di euro e secondo molte voci che girano sostengono che su questa area c'è una speculazione edilizia. Provo a spiegarmi: se vendi delle case davanti ad una fabbrica attiva, le vendi ad un certo prezzo, ed anche chi le vende ci guadagna una certa cifra. Ma se la fabbrica è chiusa, le case le vendi molto meglio e a un prezzo molto più alto e anche chi ha comprato l'area alcuni anni fa potrebbe aver fatto i suoi conti." Un operaio osserva: "a Pisa si parla tanto di turismo, ma se la gente non lavora, non c'è il turismo. Non si va mica in giro se uno non ha un lavoro".
Un altro operaio più giovane aggiunge: "il sindacato da solo non ce la può fare, questa deve essere una battaglia di tutta la città. Saint-Gobain è la storia di Pisa, e Pisa finisce se non viene rifatto il Float. Da questo impianto dipende la vita e il futuro di migliaia di famiglie".
Un altro lavoratore, quando stiamo per andare via, ci chiede di parlare: "Noi vogliamo un programma scritto, chiarezza, non si può più vivere di voci. Il nuovo forno lo fanno o ci mandano tutti a casa?"

Operaio muore a Savona. Tutti i porti in sciopero

di Alessandra Fava
Aveva un contratto del trasporto come autoferrotranviere ma di fatto lavorava nel porto di Savona alle manovre di carico e scarico del carbone legate alla Funivia savonese ed è morto impegnato nelle riparazioni di un tetto del deposito di Miramare. Giovanni Genta, 54 anni, è precipitato bucando una tramezza di vetroresina del tetto, ha fatto un volo di cinque o sei metri all'interno del capannone e ha battuto la testa. E' successo tutto quando il lavoro di ripristino del tetto che faceva infiltrazioni era appena iniziato, gli altri della squadra non si sono accorti di nulla. Genta è morto nel pomeriggio di ieri all'ospedale di San Martino di Genova dove era stato portato d'urgenza. Per lui e in nome della sicurezza, contro la modifica minacciata dal governo del Testo unico sulla sicurezza varato da Prodi, oggi scioperano tutti i porti italiani, per due ore alla fine di ogni turno. Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti chiedono all'esecutivo un incontro sulla sicurezza.
Intanto i dipendenti delle funivie si sono astenuti dal lavoro già ieri appena saputo dell'incidente del collega e oggi protestano dalle 7 alle 15,30. I portuali di Savona hanno deciso di aderire alle manifestazioni che prevedono oggi anche un presidio sotto l'Autorità portuale (azionista di minoranza della società della Funivia), scioperando dalle 7 di oggi alle 7 di venerdì.
«Sulla sicurezza col sindacato lavoriamo in modo forte - ha dichiarato il presidente della Funiviaria Alto-Tirreno, Cristoforo Canavese, che è anche presidente dell'Autorità portuale savonese - La settimana scorsa abbiamo chiuso l'intesa sull'ultimo decreto legislativo per individuare il responsabile sicurezza, anticipando gli oneri per i terminalisti». Ma del fatto in questione, Canavese dice: «Ci sono attività che per abitudine e per confidenza vengono fatte con leggerezza», quasi come dire che la colpa è dei lavoratori.
Le dichiarazioni del presidente, fatte quando l'operaio non era ancora spirato, hanno creato rabbia tra i portuali. «Purtroppo a lasciarci la pelle sono i lavoratori - dice il segretario Cgil savonese, Francesco Rossello - E' sempre facile dire che sia una loro svista, è un modo per giustificarsi». Di Genta era nella Funivia da trent'anni, conosceva l'azienda a menadito e non era la prima volta che saliva sul tetto. Ma perché è stato mandato ad aggiustare un capannone che entro il 2010 sarebbe stato abbandonato, dato che è previsto il trasloco in un altro terminal? «Genta ha messo il piede su un pannello di vetroresina che era un tapullo (riparazione di fortuna, in dialetto)», spiega un collega. Potrebbe essere così che il tetto si è aperto come un guscio. Un delegato Filt-Cgil, Cristiano Ghiglia, punta il dito anche sulla carenza di manodopera. «Fino a 20 anni fa, quando invece di 165 persone lavoravano qui più di 300 operai, c'erano reparti con forti specializzazioni: chi spezzava il carbone e lo caricava sui vagonetti per mandarli a San Giuseppe di Cairo Montenotte, a 27 km da qui, andava in aiuto a una squadra specializzata in riparazioni. Oggi non è più così».

mercoledì 22 aprile 2009

Molex e Continental: scene di lotta di classe dalla Francia

di Marco Santopadre
Sono stati liberati ieri sera i due dirigenti della Molex Automotive, filiale francese della statunitense Molex, sequestrati ieri mattina da alcuni dipendenti nella sede di Villemur-sur-Tarn, nei pressi di Tolosa: lo hanno reso noto fonti della Prefettura della Haute-Garonne, dove in serata dovevano iniziare i negoziati fra azienda e dipendenti. La Molex aveva annunciato nell'ottobre scorso di voler chiudere l'impianto per trasferire le attività in Cina, con la perdita di 300 posti di lavoro: nel corso di una riunione d'impresa (fra rappresentanti sindacali e dirigenti, prevista per legge in Francia) tuttavia è saltato fuori che la dirigenza sapeva dei piani di smobilitazioni da molto prima dell'annuncio ufficiale e da mesi avrebbe già iniziato a stornare le materie prime ad altri stabilimenti all'estero, il che ha scatenato la rabbia dei dipendenti. I due dirigenti sequestrati erano il co-amministratore delegato, Marcus Kerriou, e la direttrice delle risorse umane, Coline Colboc. I dipendenti reclamano la conservazione dello stabilimento e dei propri posti di lavoro anche nel caso in cui l'azienda dovesse decidere di lasciare l'attività: "Devono restituire i materiali e andarsene, perché nessuno vuole più lavorare perla Molex, ma devono anche lasciarci 100 milioni di euro di indennità per aver mentito e rubato da quando hanno rilevato l'azienda, cinque anni fa", ha dichiarato uno dei rappresentanti sindacali, Denis Parise, che ha aggiunto: "Troveremo un altro acquirente o manterremo noi stessi lo stabilimento". E' il sesto caso di sequestro di dirigenti avvenuto in Francia in poco più di un mese: il 12 marzo scorso l'amministratore delegato della Sony francese era stato virtualmente sequestrato dai dipendenti e costretto a passare la notte nella fabbrica di Pontonx-sur-l'Adour, che chiuderà ad aprile; e non si può evitare di notare come nelle ore immediatamente successive sia stato concluso un accordo che migliorava sensibilmente le condizioni di allontanamento dei lavoratori. Il 23 marzo era invece toccato al direttore dello stabilimento della 3M di Pithiviers, liberato dei giorni dopo dietro l'impegno a riprendere i negoziati sulle condizioni di allontanamento di 110 dipendenti; il 30 marzo era stata la volta di cinque manager della Caterpillar France, rilasciati anche qui con l'impegno e riprendere i negoziati sulla ristrutturazione del gruppo, che prevedeva oltre 700 licenziamenti. Il giorno successivo il patron della Ppr, il miliardario Francois Henry-Pinault, era stato bloccato per un'ora a Parigi da un centinaio di dipendenti, che avevano circondato la sua auto; l'8 aprile tre manager della britannica Scapa erano stati sequestrati per 24 ore e rilasciati dopo che l'azienda aveva accettato di raddoppiare la cifra disponibile per le buonuscite. Azioni causate dalla grave situazione di crisi e che per la maggior parte dei sindacati sono "legittime": "Non dico di approvarle, ma mettetevi nei panni di questi lavoratori che non hanno nulla da perdere", sottolineava un rappresentante di Force Ouvriere, mentre Cgt e Solidaires facevano notare come "la violenza fatta ai dipendenti vittime di un licenziamento è ben più grave".
Il governo e i partiti di destra continuano a stigmatizzare quella che definiscono l’inaccettabile ‘ricorso alla violenza’ da parte degli operai, mentre le autorità continuano a richiamare tutti al rispetto dello ‘stato di diritto’. Certo alcune notizie diffuse dalla stampa non contribuiscono a placare la rabbia dei lavoratori: l’ultima, ieri, parla di una liquidazione di quasi 850 mila euro per il manager di una grande azienda transalpina.
E sempre ieri alcune decine di operai dell'azienda Continental hanno assaltato e fortemente danneggiato nel pomeriggio gli uffici della sotto-prefettura di Compiegne, nell'est del Paese, dopo che il tribunale aveva respinto una loro richiesta di annullare o sospendere la chiusura della loro azienda. Gli uffici sono stati danneggiati, computer e documenti buttati a terra, come è stato mostrato da immagini televisive trasmesse da varie emittenti. Molti danni materiali, ma nessuna persona è rimasta ferita. Continental, azienda di pneumatici tedesca, ha annunciato l'11 marzo la chiusura del sito francese di Clairoix dove lavorano 1.120 persone. Qualche settimana fa il direttore di Continental era stato fischiato nel corso di un'assemblea con i dipendenti, preso a colpi di uova e costretto a lasciare di corsa la fabbrica.

RdB-CUB: "La legge salva manager è uno scandalo. Chi investirà più nella sicurezza del lavoro?"

Salvare i manager per salvare i profitti. E’ questa la filosofia che ispira la modifica al Testo Unico sulla Sicurezza apportata, con un vero e proprio colpo di mano, dal ministro Sacconi che l’ha inserita nella bozza di decreto legislativo. La norma che inchiodava gli alti vertici delle aziende alle loro responsabilità, in quanto “il non impedire l’evento equivale a cagionarlo”, viene di fatto annullata dalle condizioni introdotte: “che l’evento non sia imputabile ai soggetti di cui agli articoli dal 56 al 60 compreso del presente decreto legislativo per le violazioni ivi richiamate”.
I soggetti a cui si riferisce sono i preposti, il medico competente, i progettisti, i fornitori e i lavoratori. “Sarà facile dimostrare in giudizio, per chi ha uno staff legale strapagato, che le responsabilità sono da ricercare nella scala gerarchica dei sottoposti, fino ad individuare nei lavoratori, cioè le vittime, i veri responsabili degli incidenti che li colpiscono, arrivando anche a richiedere loro il risarcimento dei danni materiali e morali”, denuncia Giuliano Greggi, della Direzione Nazionale RdB-CUB P.I. “Con queste premesse quale interesse avranno gli imprenditori a investire nella sicurezza del lavoro? Questo ulteriore e pesante attacco ai diritti dei lavoratori – prosegue Greggi - è ancora più odioso in quanto si vuole scaricare sulle vittime la responsabilità della non applicazione delle norme di tutela sacrificate sull’altare del profitto. La RdB/CUB, anche alla luce dei contributi giunti da giuristi ed esperti della materia al convegno sulla sicurezza organizzato lo scorso14 marzo Torino, darà battaglia a questa controriforma, facendo appello direttamente ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) e a tutti i lavoratori, non solo per difendere il diritto alla sicurezza sui luoghi di lavoro ma rilanciando sul terreno della prevenzione e del coordinamento delle attività ispettive sui luoghi di lavoro”, conclude il dirigente RdB-CUB.

lunedì 20 aprile 2009

Torino. Alla Indesit di None tagli occupazionali pesanti. In fabbrica resterebbero solo 190 lavoratori su 610

Il progetto presentato dalla Indesit ai sindacati in alternativa alla chiusura dello stabilimento di None, comporterebbe il mantenimento di 190 lavoratori, da un organico attuale di oltre 600 unità. E' quanto è emerso dall'incontro sindacale tenutosi a Roma fra Indesit e Fim, Fiom, Uilm. I sindacati ritengono la proposta dell'azienda "ancora lontana dalla possibilità di un accordo", anche se complessivamente ci sono gli "ingredienti" per lavorare a una soluzione comune.
La Indesit ha proposto di assegnare a None il 60% della produzione di lavastoviglie da incasso, pari a circa 180mila unità all'anno, che sarebbero destinate al mercato dell'Europa occidentale, cioè Olanda, Belgio, Lussemburgo, Francia, Spagna e Portogallo. Sugli strumenti a cui Indesit sta pensando per ridurre l'organico si parla di cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione della durata di due anni prorogabili, prepensionamenti, reindustrializzazione (attraendo nuove aziende a None), esodi incentivati o possibile ricollocamento dei dipendenti in altre aziende.Il prossimo incontro è previsto a Torino il giorno 24.

domenica 19 aprile 2009

Francia, mini-blackout elettrici la nuova protesta dei lavoratori

Piccoli black-out, la luce elettrica a intermittenza, la fornitura del gas interrotta per qualche ora. E' l'effetto della protesta dei lavoratori di Edf e Gdf [electricité e gas de France] che sta provocando disagi a migliaia di utenti in tutta la Francia. Da tre settimane, i dipendenti delle due compagnie energetiche sono in agitazione. Oltre alle giornate di sciopero (l'ultima giovedì) alcuni lavoratori hanno deciso di interrompere la fornitura o di diminuire la potenza di alcune utenze. Secondo un primo calcolo, sarebbero già 66.500 le famiglie colpite dalla protesta.
Mercoledì un ospedale della città settentrionale di Douai è rimasto senza corrente per 40 minuti, così come i settanta anziani dell'ospizio di Mazères, nel centro del paese. A Brest, in Bretagna, oltre 6.200 case e 650 imprese hanno avuto un fornitura ridotta per un'intera giornata e molti negozi sono stati costretti a chiudere anticipatamente. "Sono senza gas da due giorni: ci laviamo con l'acqua fredda", racconta Danièle Hoffmann, una madre di due bambini nel Val d'Oise, intervistata da Le Parisien. In questa regione non lontano da Parigi sono rimasti al buio decine di case popolari e un grande centro commerciale.
Dopo il "sequestro" dei manager in alcune fabbriche, le "interruzioni selvagge" degli operai energetici sono un ulteriore segnale della radicalizzazione del conflitto sociale nel paese. E' la prima volta in anni recenti che la protesta dei lavoratori ha ricominciato a usare mezzi di rivendicazione illegali. "Un tabù è caduto", ha notato con preoccupazione il giornale Le Parisien, che teme un diffusione di questi fenomeni spontanei, senza il filtro di una rappresentanza sindacale, tradizionalmente debole e divisa nel paese. Finora, le principali sigle sindacali, come la Cgt, hanno infatti giustificato le azioni dei dipendenti definendoli "sintomo di disperazione" ma anche come un modo per conquistare visibilità.
Gli amministratori delle compagnie energetiche hanno invitato i sindacati a tornare al tavolo delle trattative. Secondo un portavoce si tratta di "atti isolati compiuti da una piccola minoranza di lavoratori". Più severo il giudizio del premier, François Fillon, che ha parlato di "sabotaggi" e ha detto che il governo non tollererà altri black-out. "Manifestazioni di violenza non hanno nulla a che vedere con il dialogo sociale", ha detto Fillon. Un concetto ribadito dal ministro del Lavoro, Brice Hortefeux. "Queste interruzioni di corrente elettrica non sono assolutamente equiparabili al legittimo diritto di sciopero".

sabato 18 aprile 2009

La lotta della Fiat di Pomigliano ad un passaggio decisivo

di Jacopo Renda - Falcemartello Prc
In questi mesi i lavoratori della Fiat auto di Pomigliano hanno dimostrato grande combattività e tenacia. In poche settimane grazie alla loro compattezza con una serie di iniziative sono riusciti a conquistare la scena politica e sindacale. Questo oltre a dare loro una visibilità anche su alcuni mezzi di informazione che fino a qualche tempo fa avevano assolutamente cancellato la classe lavoratrice dalle loro copertine ha soprattutto avuto il ruolo di rendere la lotta di Pomigliano un punto di riferimento per i lavoratori in tutta Italia.
Tutto ciò è un primo successo non scontato della mobilitazione. Davanti alla cassa integrazione, alle cariche della polizia, ai ricatti dell’azienda sui precari, all’incertezza sul futuro non si è risposto con la rassegnazione ma con iniziative di lotta partecipate. Agli scettici e a tutti coloro che credevano che davanti a noi ci fosse solo il deserto sociale basterebbe partecipare ad un corteo per sentire la determinazione del grido “Pomigliano non si tocca, la difenderemo con la lotta”.
La lotta quindi continua ma sarà lunga e difficile ed è chiaro che il suo esito non parla solo agli operai dello stabilimento “Gianbattista Vico” ma può cambiare lo scenario del conflitto di classe in Italia. Infatti in un momento di crisi come questo in cui milioni di lavoratori vedono a rischio il futuro loro e delle loro famiglie una vittoria di una fabbrica così importante potrebbe cambiare i rapporti di forza nel mondo del lavoro.
Purtroppo malgrado la mobilitazione la Fiat non ha ancora dato un piano industriale e durante l’ultimo consiglio di amministrazione Marchionne ha dichiarato che l’unico stabilimento non a rischio è quello di Mirafiori lasciando intendere che quelli del Mezzogiorno, Pomigliano in testa, sono i più a rischio.
Allo stesso tempo la proprietà sta facendo di tutto per dividere i lavoratori, rompere l’unità di classe, che fino ad ora è stato il punto di forza della lotta e prova a spezzare il fronte operaio.
Questa “sapiente” operazione di divide et impera è una chiara strategia aziendale aiutata dai cosiddetti ecoincentivi del governo Berlusconi che non riguardano tutti gli stabilimenti ma solo alcuni.
Accade infatti che il boom dovuto agli ecoincentivi, anche se di breve durata, permetta alle organizzazioni sindacali Fim, Uil e Fismic di firmare, con la contrarietà della Fiom, un accordo che prevede, mentre c’è cassa integrazione a Pomigliano, che si facciamo gli straordinari a Melfi e addirittura che 300 apprendisti, cioè precari, si spostino da Pomigliano a Melfi.
Se mettiamo questo accordo assieme alla volontà di queste organizzazioni sindacali di non fare uno sciopero nazionale del gruppo Fiat ma “solo” una manifestazione e soprattutto di spostarla in avanti al 16 maggio capiamo chiaramente come vi sia la volontà di gettare sabbia sul fuoco della mobilitazione.
E per questo che la lotta della Fiat di Pomigliano è a un passaggio decisivo ed è assolutamente vitale fare un salto di qualità prima che la combattività e la compattezza lascino il campo a demoralizzazione e divisioni.
Tutto ciò che si è ottenuto fino ad ora, compresa l’integrazione alla cassa integrazione erogata dalla Regione Campania, non è certo arrivato grazie alla magnanimità di qualche assessore ma alla capacità di mobilitazione di massa dimostrata in questi mesi. Sulla stessa integrazione alla Cigo, provvedimento di per sè positivo, sarà necessario vigilare perché venga attuata senza il tetto dei mille euro previsto dalla prima delibera, che dividerebbe ulteriormente i lavoratori tra i più giovani che percepirebbero l’integrazione e quelli con famiglia e maggiore anzianità che rischierebbero di esserne esclusi.
Questi provvedimenti certamente utili a lenire parzialmente la povertà operaia sempre più dilagante non sono certamente la soluzione del problema e soprattutto non affrontano il nodo vero di questa mobilitazione cioè il futuro del gruppo Fiat, dello stabilimento di Pomigliano e soprattutto delle decine di migliaia di posti di lavoro della fabbrica e dell’indotto.
Da questo punto di vista il fatto che sia ad aprile che a maggio si lavorerà una sola settimana non aiuta il processo di organizzazione della lotta e il protagonismo dei lavoratori.
Alla volontà di Fim e Uilm di allentare i tempi della mobilitazione, perfettamente in linea con gli accordi separati che Cisl e Uil stanno attuando assieme a Governo e Confindustria, si aggiunge una difficoltà della Fiom sempre più schiacciata tra la volontà dei lavoratori e la ricerca dell’unità sindacale.
è necessario quindi uno strumento che provi a superare la difficoltà oggettiva dovuta al fatto che sia ad aprile che a maggio la fabbrica sarà sostanzialmente ferma.
Questo strumento può essere un Comitato dei Cassaintegrati che provi a raccogliere tutti i lavoratori, iscritti e non al sindacato, un luogo di discussione e di confronto per decidere le iniziative di lotta, lasciando la gestione dei tempi e delle modalità della mobilitazione in mano ai legittimi proprietari: i lavoratori.
Allo stesso tempo è necessario ripetere in altri stabilimenti la giornata di mobilitazione che i compagni del circolo Prc Fiat auto-Avio di Pomigliano insieme ai militanti del Prc lucano hanno fatto a Melfi con un volantinaggio e un comizio davanti alla Fiat Sata invitando all’unità dei lavoratori.
Le prossime settimane saranno decisive per compattare i lavoratori di Pomigliano, coordinarsi con altre aziende in crisi a livello provinciale costruendo un percorso verso lo sciopero generale regionale a partire dalle aziende in crisi, chiedendo risposte chiare al governo nazionale e regionale.
Un primo passaggio per costruire l’unità di tutti i lavoratori del gruppo Fiat è dare vita in tempi brevi ad uno sciopero con manifestazione nazionale a Torino. Non si può esitare su questi punti e la Fiom deve essere in prima fila in questa battaglia.
L’unità è certamente uno strumento importante per vincere ma la prima unità che va salvaguardata è quella dei lavoratori, dicendo no a chi vuole dividerli ed evitando che lo scenario voluto da Marchionne e dalla proprietà rimanga l’unico possibile, facendo pagare la crisi ai lavoratori, ristrutturando lo stabilimento e chiedendo ulteriori sacrifici ai soliti noti.
Abbiamo già dato e la forza mostrata in questi mesi di mobilitazione dimostra che si può vincere. Se la Fiat non vuole dare un futuro produttivo al gruppo ed allo stabilimento si faccia da parte, con la nazionalizzazione, un piano industriale pubblico, una nuova auto ecologica e la creatività operaia il futuro c’è, oggi più che mai è nelle nostre mani.

Polveriera Pomigliano



La produzione in caduta libera. E il reddito di 9 mila famiglie a rischio. Cronaca da una piazza che rischia di esplodere.

di Emiliano Fittipaldi

Vincenzo, spalle larghe e lingua veloce, lavora alle carrozzerie da vent'anni. Portare la grande croce per una cinquantina di metri non gli ha pesato più di tanto. È fiero di aver messo in scena venerdì, insieme ai suoi compagni, una delle 'Via Crucis' più operaiste degli ultimi decenni. Una scelta del parroco don Peppino, che ha voluto le tute blu della Fiat di Pomigliano, i "nuovi crocifissi", per rappresentare la passione di Gesù. Sono passati quattro giorni dall'evento. Vincenzo riempie i polmoni e sbraita. "Il macigno vero noi lo portiamo dentro. Pomigliano ormai non è più una fabbrica, ma una polveriera. Se i politici e l'azienda non si danno una mossa, qui esplode tutto. Sarà molto peggio della Francia, dei sequestri in Belgio".
È martedì 14 aprile, ma il parcheggio destinato a carristi e lastratori della Fiat è deserto come fosse domenica pomeriggio. Il piazzale delle auto invendute, ordinate a comporre file colorate, è invece pieno come un uovo. La crisi mondiale ha azionato il ralenty alla catena di montaggio che mette insieme i pezzi delle Alfa 147 e 159. I lavoratori sono tutti in cassa integrazione ordinaria. Spenti pure gli schermi al plasma dell'area ristoro, inaugurata poco più di un anno fa. Era stata creata per evitare che gli operai si preparassero il caffè durante il turno: dentro una portiera era stato trovato un bicchierino di plastica sporco. Colpa dell'indisciplina, della bassa produttività e dell'assenteismo: i 5mila dipendenti erano stati costretti a seguire per due mesi un 'corso di rieducazione'. Vincenzo al solo ricordo schiuma altra rabbia. Poi guarda la fabbrica muta, e si fa cupo. "È una tragedia. Pomigliano è l'ultima cattedrale della classe operaia rimasta in Campania, l'ultimo grande impianto produttivo che genera un po' di lavoro. Se chiude, è la fine".
Le forze dell'ordine, i sindaci della zona, persino la Chiesa sanno che la santabarbara, in terra di camorra e tassi di disoccupazione a doppia cifra, rischia davvero di saltare. È il punto più sensibile d'Italia, dove la recessione s'intreccia con il disfacimento del patto tra lavoratori, aziende e istituzioni. Il luogo, soprattutto, in cui sindacati e partiti stanno perdendo il tradizionale ruolo di mediatori. Le nuove Brigate rosse l'hanno capito al volo, e stanno tentando di trasformare la vecchia Alfa Sud nel simbolo della lotta contro il capitalismo delle disuguaglianze. "Con tre brutali cariche a freddo", hanno scritto gli imputati al processo in Corte d'assise a Milano dopo gli scontri sulla 'A1' dello scorso febbraio, "le forze della repressione hanno cercato di impedire che la giusta lotta degli operai valicasse i cancelli della fabbrica coinvolgendo la popolazione con il blocco dell'autostrada. Vicinanza e solidarietà agli operai Fiat di Pomigliano, così come a tutte quelle situazioni che lottando non intendono subire passive gli effetti della crisi del capitalismo". Il pm Ilda Boccassini ha impedito che il comunicato fosse letto in aula, ma non ha potuto bloccarne la divulgazione su Internet: sul sito di Indymedia, su quello di un collettivo antagonista, persino su una pagina dedicata agli ultras è possibile trovare il testo con gli attacchi al governo, al "padronato" e al giuslavorista Pietro Ichino.
Pomigliano è un'icona, da sempre. Difficile che oggi i metalmeccanici facciano un tuffo all'indietro negli anni Settanta: le ideologie egualitarie e solidali sono morte, gli operai non sono più, per dirla alla maniera del sociologo Aris Accornero, "macchine per la lotta di classe" come i loro padri. Sono individui, guardano il 'Grande Fratello' e 'Amici', pensano solo a guadagnarsi 'la mesata'. "Ma la tempesta sta arrivando lo stesso", avverte Andrea Amendola, capo della Fiom della città e memoria storica dell'alfismo militante. Tra dipendenti e indotto il vecchio stabilimento fa mangiare novemila famiglie, in tutta la Campania il settore dell'auto occupa oltre 20 mila persone, rappresentando una parte rilevante del Pil regionale. Decine di piccole imprese gravitano intorno alla Fiat dal 1971. L'agonia dei consumi ha gettato tutti nel panico. La produzione è passata dalle 195 mila auto del 2001 alle 60 mila del 2008. Un crollo mai visto. Le stime per quest'anno sono catastrofiche: se il trend non si inverte, si costruiranno in totale meno di 40 mila vetture. "Il fatto è che, a parte la costosa 159, non sono previste nuove linee", spiega Amendola:"Anche Termini Imerese, che fa solo Lancia Y, se la passa male. A Melfi e Cassino, dove si assemblano la Grande Punto e la nuova 149, respirano ancora".
In città la 'caccia al manager' organizzata dai lavoratori francesi infuriati per tagli e licenziamenti inizia a far breccia nella pianificazione delle proteste. I capifamiglia, quelli monoreddito, pretendono che i sindacati alzino l'asticella della contestazione. Qualcuno spiega che occupare Pomigliano sarebbe inutile, si farebbe solo un favore ai manager di Torino. "Meglio puntare sui capannoni di Melfi", dicono i più arrabbiati: "Il danno economico sarebbe ingente. Ma per sfondare le porte e conquistare l'edificio servono circa 400 compagni, il blitz va organizzato bene".
Il cellulare dei delegati sindacali squilla in continuazione. Arrivano pressioni, minacce. Persino i duri della Fiom temono per la loro incolumità. La sede dei metalmeccanici è un porto di mare. Arrivano quelli dell'Avio, altra azienda traballante: la divisione che fa revisione ai motori degli aerei ha perso la commessa Alitalia, che ha preferito rivolgersi a una ditta israeliana, la Bedek. Si fanno sentire quelli della Cablauto e dell'ex Selca, che tra pochi giorni rimarranno senza alcun reddito. Il virus della cassa integrazione se lo sono presi anche quelli della Marelli, che costruiscono sistemi di scarico; i compagni della Lear, che montano i seggiolini; la G.M. di Arzano, specializzata nella motorizzazione.
Aniello Niglio, operaio di 47 anni, due figlie di 15 e 16 anni da mandare a scuola, un mutuo e qualche debito fatti con il credito al consumo, spiega che il sindacato finora ha fatto da valvola di sfogo alle tensioni. Ma annuncia che "il tempo delle chiacchiere sta scadendo". L'appello di Paolo Bonolis durante Sanremo per la sopravvivenza dell'impianto, come la solidarietà di Benedetto XVI, è un'operazione mediatica che ha permesso alla vertenza di finire sulle pagine dei giornali, ma i lavoratori si lamentano di aver raccolto, dopo mesi di battaglia, assai poco. Il corso finanziato dalla Regione Campania, importante welfare perequativo voluto da Antonio Bassolino, non è ancora partito, mentre il patto tra Obama e la Fiat per salvare la Chrysler dal fallimento ha ulteriormente esacerbato gli animi. "Marchionne va a prendersi gli applausi a Detroit e abbandona al loro destino gli operai italiani. Bisogna avere il coraggio di dire che le politiche industriali per Pomigliano sono state fal-li-men-ta-ri". L'ingegnere italo-canadese non ha per ora sciolto le riserve. La berlina 159, unico modello rimasto appannaggio dello stabilimento, non rientra nemmeno tra le vetture agevolate dagli incentivi statali. I politici hanno proposto che il sito si riconverta alle auto verdi ultraecologiche, ma per ora nessuna decisione è stata presa.
Anche il prefetto Alessandro Pansa ammette di essere preoccupato: "Questa è l'unica area industriale importante della provincia. L'età media degli operai Fiat, poi, è bassissima: trentasei anni. Non è un caso che Berlusconi in persona abbia incontrato i lavoratori per più di un'ora". Nel faccia a faccia il premier ha promesso di impegnarsi nella vicenda "con la testa e con il cuore". Si è preso gli applausi appena ha parlato di un (difficile) prolungamento della cassa integrazione, ma qualcuno ha storto il naso quando, puntando l'indice sulla pancia straripante di un delegato della Fim-Cisl, il Cavaliere gli ha prima intimato una dieta ferrea, poi ha dichiarato alla platea che lui, se fosse licenziato, si rimboccherebbe le maniche.
Il miscuglio di rabbia e indignazione che ribolle nel ventre della città non si vede in superficie. Esclusi sei giorni di lavoro al mese gli operai se ne stanno in famiglia, o ciondolano per le strade. "Qualcuno cerca di arrotondare lo stipendio, ridotto a 7-800 euro, con qualche lavoretto in nero, ma certe nicchie sono ormai monopolizzate da africani e rumeni", dice Giuseppe Saccoia, in catena di montaggio da quasi 35 anni. Se i giovani non torneranno presto a indossare le loro tute da Cipputi, dice, rischieranno di finire intrappolati nelle maglie della camorra. Il prefetto getta acqua sul fuoco. "Il sistema non ha mai reclutato operai, figuriamoci quelli della Fiat. A Pomigliano i rischi veri", conclude Pansa,"sono l'indebitamento, il boom dell'usura, l'infiltrazione della criminalità nelle piccole imprese".
L'operaio Saccoia scuote la testa e sorride amaro. Dice che è sempre stato legato alle istituzioni, al sindacato, ai partiti. Stima il presidente Giorgio Napolitano, che ha votato quando era candidato a Bagnoli. Oggi racconta che se tutto andrà in malora anche lui si unirà alla lotta. "Io ancora oggi credo in una democrazia compiuta. Ma voglio proprio vedere quale giudice avrà il coraggio, dopo che sono stato mortificato come uomo e come lavoratore, di dirmi in faccia che sono un terrorista".

venerdì 17 aprile 2009

Difendiamo la libertà e la dignità dell’informazione. Oggi tutti in piazza davanti alla RAI

Difendiamo la libertà e la dignità dell’informazione. Su questo tema la redazione di città aperta e di Megachip invitano tutti a manifestare oggi pomeriggio alle 17.00 sotto la sede RAI di viale Mazzini. E alla manifestazione di oggi crescono le adesioni. Dopo il Forum DAC,PRC, PDCI, Contropiano, Sinistra Critica, Comunisti uniti del Lazio, personalità come Peter Gomez, Giuseppe Giulietti o Salvatore Borsellino, giungono altre adesioni dal mondo politico e sindacale.
La Federazione Nazionale RdB-CUB aderisce alla manifestazione indetta per venerdì 17 aprile alle ore 17.00, da Radio Città Aperta e dall’associazione Megachip davanti alla Direzione Rai di Viale Mazzini 14 a Roma. "La libertà e la dignità dell’informazione, temi al centro dell’iniziativa di oggi, rappresentano una condizione indispensabile per garantire la partecipazione di tutti i cittadini alla vita democratica del paese e non possono essere assoggettate ad alcuna forma di censura che vada ad impoverire un panorama già scarsamente pluralista e fortemente condizionato dagli interessi politici ed economici" afferma il comunicato della federazione nazionale RdB/CUB.
“Aderisco con convinzione a nome di tutta Rifondazione Comunista alla manifestazione indetta da Radio Città Aperta e Megachip per venerdi 17 aprile alle ore 17 sotto la sede della Rai di viale Mazzini che invita tutti i cittadini a farsi sentire con forza per protestare contro l'imbavagliamento dell'informazione scomoda” afferma in una nota il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero “La libertà d'informazione è un diritto inalienabile di tutti i cittadini, per di più sancito dalla nostra Costituzione, non lo può conculcare nessuno, tantomeno il servizio pubblico radiotelevisivo. Ecco perché domani sarò anch'io a viale Mazzini alla guida di una delegazione del mio partito per protestare contro il tentativo di imbavagliare l'informazione scomoda e persino - cosa veramente assurda - la satira, i comici e le loro vignette”.

giovedì 16 aprile 2009

"Riforma" del modello contrattuale: Un NO per ripartire

di Giorgio Cremaschi
È prima di tutto un pessimo accordo per le lavoratrici e i lavoratori quello sottoscritto ieri tra Cisl, Uil, Ugl e Confindustria. Si abbassano matematicamente le paghe nel contratto nazionale, sostituendo all’inflazione programmata la cosiddetta “Ipca”, cioè un’altra inflazione programmata, decisa invece che dal governo da un’autorità terza. Da qui viene poi tolto il costo dell’energia importata, mentre la paga di riferimento per gli aumenti non è più quella di fatto, ma quella minima tabellare. Si rende così impossibile il semplice adeguamento dei salari rispetto all’inflazione reale, mentre si rinuncia definitivamente alla possibilità che i contratti nazionali possano aumentare le retribuzioni per recuperare quanto perso nel passato. Mentono quindi quei dirigenti sindacali che dicono che questo accordo serve ad aumentare le paghe. Questo accordo serve invece a ridurre il salario certo in cambio di quello variabile e aleatorio, legato alla produttività e all’andamento delle aziende. E’ la stessa operazione che vent’anni fa fu compiuta ai danni della scala mobile. Oggi essa viene compiuta contro il salario garantito dal contratto nazionale.
Si aggiungono poi due aggravanti. La prima è la clausola di dissolvenza del contratto nazionale, che viene affermata con la possibilità per le aziende di derogare, con accordo sindacale locale, alle paghe e alle normative del contratto. Una clausola di questo tipo in un momento di crisi economica è una pistola alla tempia nei confronti di ogni lavoratore. L’altra aggravante è il sistema autoritario che governerà tutta la futura contrattazione. Altro che allargamento degli spazi. Il sistema che viene varato con le norme applicative dell’accordo del 22 gennaio è una sorta di catalogo dei delitti e delle pene per sindacati, rappresentanti aziendali, lavoratori. Con questo sistema qualsiasi delegato di fabbrica, prima di andare a chieder qualcosa alla direzione, farà bene a munirsi di un buon avvocato. Perché tutto è controllato dai vertici, fino alle commissioni confederali. Nella sostanza né il contratto nazionale, né quello aziendale ci sono davvero più. Rimane solo un sistema barocco pieno di rinvii e istanze, nel quale il confronto continuo tra burocrazie delle imprese e burocrazie sindacali giustificherà entrambe.
Ma se questo è il giudizio, la ovvia domanda è: “perché Cisl e Uil sottoscrivono quell’intesa?”. Innanzitutto per due ragioni. La prima è la rassegnazione. L’idea che nulla si può ottenere con il conflitto, il totale cedimento all’ideologia nazionale del “siamo tutti nella stessa barca” – a cui segue spesso il corollario: “e lasciamo in pace l’uomo solo che è al timone” – l’accettazione dell’idea della complicità sindacale, teorizzata dal Ministro del Lavoro Sacconi. Un’altra ragione è dovuta all’idea di guadagnarci. Dal riconoscimento del governo, delle imprese, dagli enti bilaterali, dalla gestione di interessi esterni a quelli della contrattazione. Ma entrambe queste ragioni sono solo una parte della verità. Il cedimento della Cisl e della Uil è anche il punto di arrivo dopo vent’anni di una strategia confederale che, nel nome della compatibilità e della concertazione, ha progressivamente portato lontano dalla realtà del lavoro il mestiere istituzionale del sindacato. Questo accordo si firma oggi, in tempi di crisi, quando qualsiasi ragionamento di mero buon senso dovrebbe far contrattare altro a sindacati e imprese. Ma l’avvio del negoziato è di più di un anno fa e la discussione confederale su di esso ancora precedente. La Cisl e la Uil hanno accelerato e rotto il passo, ma anche la Cgil deve interrogarsi su come siamo arrivati fin qui. Se siamo entrati nella crisi con i sindacati organizzativamente più forti d’Europa e con le paghe e i diritti dei lavoratori tra i più bassi del continente, vuol dire che qualcosa di fondo non ha funzionato negli anni della concertazione.
Dietro quell’accordo c’è l’idea di un regime sindacale autoritario verso i lavoratori, per questo la Cgil dovrà organizzare la resistenza e l’alternativa ad esso. Ma questo si può fare solo mettendo in discussione la pratica e la cultura del sindacato della concertazione.
Il no della Cgil può essere allora una grandissima opportunità. La scelta costituente di un sindacalismo democratico in grado di rappresentare i più avanzati interessi del mondo del lavoro. L’arroganza della Confindustria, di Cisl e Uil sono anche determinate dalla convinzione che la Cgil possa dire oggi no, ma si prepari domani a dire dei sommessi sì. Bisogna toglier loro anche il barlume di questa speranza. Occorre dunque una nuova piattaforma sindacale, molto più avanzata di quella degli anni della concertazione, ma anche una nuova pratica sindacale, che azienda per azienda, contratto per contratto, renda vano l’accordo separato e lo trasformi in un totale fallimento.
A chi obietta che questa linea distrugge l’unità sindacale, non solo si deve rispondere che sono gli accordi separati ad averla liquidata, ma che un’unità dei sindacati fondata sull’unione degli intenti con il governo e con le imprese non è l’unità dei lavoratori. E’ l’unità delle burocrazie contrapposta alla frantumazione e alla sfiducia dei lavoratori. Se vogliamo ricostruire l’unità delle lavoratrici e dei lavoratori, dobbiamo aprire un conflitto di fondo con il modello sindacale che propongono Confindustria, Cisl e Uil.

Leonardi (CUB),: i sindacati di base e lavoratori si mobiliteranno per contrastare la riforma del modello contrattuale

“La riforma del modello contrattuale è soprattutto un modo per dare ai padroni una mano per uscire dalla crisi”, afferma Pierpaolo Leonardi, Coordinatore Nazionale CUB. “Dall’accordo quadro scompare infatti ogni riferimento all’emergenza salariale e si parla solo di efficiente dinamica retributiva, che sottintende lo stretto rapporto con le necessità competitive delle aziende, mentre nell’ambito della contrattazione di secondo livello si rendono possibili deroghe in pejus sia per la parte salariale che normativa”.“Ma rilanciare la crescita economica, lo sviluppo occupazionale e l’aumento della produttività sono gli stessi principi in nome dei quali nel ‘92/’93 sono stati siglati i famigerati accordi di luglio – sottolinea Leonardi - che hanno senz’altro raggiunto lo scopo di garantire benefici e profitti alle imprese, ma dai quali è partita la destrutturazione del potere contrattuale dei lavoratori”.
“Questo accordo – aggiunge Leonardi - vorrebbe inoltre mettere fine all’esistenza di un sindacato che si pone come scopo la difesa dei diritti dei lavoratori. Ne deriveranno nuove regole in materia di rappresentanza sindacale, con le quali si intende restringere il diritto sciopero nei servizi pubblici locali e far fuori qualunque possibilità di partecipazione democratica dei lavoratori nelle decisioni che li riguardano.
Ai sindacati di base e ai lavoratori spetta ora mobilitarsi, non solo per respingere questa riforma, ma per impedire che essa trovi applicazione negli accordi di categoria, aziendale e territoriali”, conclude il dirigente CUB”.

Scuola. Cobas: Il 15 Maggio sciopero generale e manifestazione

Roma, 16 apr. - I Cobas tornano in piazza: venerdi 15 maggio convocano lo sciopero generale per l'intera giornata di tutto il personale della scuola e una manifestazione nazionale a Roma. "Invitiamo i lavoratori della scuola - sottolinea il portavoce nazionale Piero Bernocchi - a queste iniziative di lotta per impedire il taglio di 57 mila posti di lavoro di docenti ed Ata per il prossimo anno". Ma anche "per cancellare le proposte di legge Aprea e Cota e il regolamento Gelmini sulla formazione, che gerarchizzano i docenti, traformando le scuole in fondazioni private e dando ai capi di istituto il potere di assumere e licenziare il personale".
Docenti ed Ata, annunciano i Cobas, sciopereranno e manifesteranno a Roma (ore 10) anche per dire "no alla maestra unica, all'abolizione del modulo e delle compresenze, alle riduzioni di orario in tutti gli ordini di scuola" e per chiedere "massicci investimenti per la messa in sicurezza delle scuole".

mercoledì 15 aprile 2009

Manifestazione Nazionale a Taranto 18 aprile: Legami d’Acciaio

La Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro ha deciso di tenere una seconda manifestazione nazionale a Taranto il 18 aprile, a cui stanno pervenendo decine e decine di adesioni nazionali e locali.
In un clima di grande unità e partecipazione da tutte le realtà operaie e associative italiane si è tenuta l'assemblea nazionale della rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro.Sono state prese importanti decisioni dopo la manifestazione del 6 dicembre (5000 in piazza a Torino).Il 18 aprile saremo nuovamente in piazza stavolta nella città dell'ILVA, taranto, per un'altra grande manifestazione nazionale contro le morti sul lavoro, l'attacco alla salute operaia e popolare e l'inquinamento.Una manifestazione da costruire città per città, posto di lavoro per posto di lavoro, con richiesta di adesione dei sindacati di base e di classe, con la chiamata a raccoltadei lavortaori, rsu, rls, della fiom nazionale e locale.Con la costruzione unitaria della partecipazione operaia, popolare, associativa di taranto e di tutta la puglia.Un cartello specifico di tutte le realtà tarantine e pugliesi per la promozione della manifestazione del 18 aprile verrà costruito nelle prossime settimane con riunioni a Taranto, Brindisi e a livello regionale.
Altre decisioni hanno riguardato:
- proseguire il lavoro e il percorso per uno sciopero generale nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro; contro precarietà e sfruttamento; contro l'attacco al testo unico e al ruolo degli rls; contro l'attacco alla contrattazione nazionale e per il riconoscimento dei diritti degli immigrati.
- sostenere con più forza e iniziative la lotta contro la repressione, i licenziamenti politici degli rls e dei lavoratori avanzati a partire dalla difesa di De Angelis, Pianeta, degli operai ed i delegati della Sata di Melfi e del gruppo Fiat in genere, di Palumbo della Fincantieri di Palermo, degli operai di Marghera...
- sostenere la battaglia per gli rls, generalizzando accordi avanzati e rafforzare i loro poteri anche riformando il sistema elettorale degli rls (costruire l'election day rsu-rls nei luoghi di lavoro).
- organizzare in giugno una manifestazione nazionale al parlamento dei familiari delle vittime e dei soggetti in prima fila per la prevenzione ed il rispetto delle norme di tutela.
- organizzare in settembre una manifestazione/convegno sull'amianto a casale monferrato.- sviluppare la struttura organizzativa della rete con un coordinamento rappresentativo per renderla più collettiva, più operativa, per allargarla ovunque.- rafforzare e costruire la presenza territoriale autorganizzata e diffusa.
rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
coordinamento nazionale

Comunicato del comitato cittadino
La Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro che raccoglie su scala nazionale lavoratori Rls, familiari, associazioni per la difesa della salute e dell’ambiente, ispettori, medici, giuristi, artisti, giornalisti, dopo la manifestazione tenutasi a Torino il 6 dicembre in occasione dell’anniversario della Thyssen, ha deciso di tenere una seconda manifestazione nazionale a Taranto il 18 aprile, a cui stanno pervenendo decine e decine di adesioni nazionali e locali.
Le ragioni di questa scelta dipendono dalla situazione di Taranto e in particolare dell’Ilva - primato delle morti bianche, malattie professionali, salute negata, inquinamento - che fa assumere alla nostra città, purtroppo, la veste di capitale della morte sul lavoro e da lavoro e che richiede che questa vicenda venga posta all’attenzione nazionale anche con una mobilitazione nazionale.
La seconda ragione sta però nella mobilitazione della città contro tutto questo. Già la stessa Rete nazionale è nata su proposta, iniziativa dello Slai cobas Ilva/appalto Taranto, dei familiari degli operai morti dell’Ilva Taranto, degli Ispettori del Lavoro di Taranto, ecc.
Le manifestazioni tenutesi a Taranto, ultima quella grande del 29 novembre 2008, la battaglia in corso intorno alla legge diossina, hanno mostrato anche a livello nazionale il risveglio della città.
Per questo si è scelta Taranto.
Si è scelto il 18 aprile perchè è anche la data della morte di un operaio dell’appalto Ilva, Antonino Mingolla, la cui moglie, Franca Caliolo è stata davvero molto attiva e impegnata nell’Associazione familiari ed è oggi conosciuta a livello nazionale per la forza della sua testimonianza.
Siamo sicuri che per queste ragioni anche la vostra realtà non farà mancare la sua adesione e partecipazione alla manifestazione. Ma naturalmente vogliamo che questo avvenga con piena autonomia di decisione e con un contributo di proposta e forme di partecipazione.
La manifestazione è aperta alla partecipazione di tutte le associazioni e forze locali impegnate su questa importante battaglia, di tutte le organizzazioni sindacali, confederali e non, alla partecipazione di tutti i partiti che si richiamano alla lotta dei lavoratori e dei cittadini - con le loro bandiere e simboli, perchè è bene che si assumano le loro responsabilità; così come dei centri sociali, del movimento studentesco dell’Onda, dei Comitati No discariche, ecc.
Ma lavoriamo essenzialmente per una manifestazione combattiva e non simbolica, nelle mani dei lavoratori e dei cittadini che non accettano lo stato di cose esistenti, che non delegano alle istituzioni e al parlamento la tutela della salute e sicurezza sui posti di lavoro, che in forma democratica e partecipata vogliano cambiare realmente le cose.
LA MANIFESTAZIONE AVRÀ COME TEATRO DI PARTENZA LA FABBRICA E IL QUARTIERE TAMBURI, DOVE SI CONCENTRERÀ ALLE ORE 15, ATTRAVERSERÀ LA CITTÀ PER CONCLUDERSI IN P.ZZA DELLA VITTORIA DANDO LA PAROLA A TUTTI.
Attendiamo la vostra adesione e proponiamo di incontrarci al più presto, per discutere anche la possibilità di una vostra partecipazione alla preparazione della manifestazione del 18 aprile.Fraternamente vi salutiamo.
Per il Comitato cittadino
Margherita Calderazzi - Franca Caliolo - Salvatore Stasi - Francesco Maresca
Per contatti e info: manifestazione18aprile@gmail.com

Appello nazionale "Basta morti in nome del profitto"
Governo e padroni affossano il Testo Unico
Serve uno sciopero generale per difendere la sicurezza sul lavoro

...per una manifestazione nazionale a Taranto il 18 aprile
Dopo la manifestazione del 6 dicembre, in occasione dell´anniversario della strage della ThyssenKrupp (5000 in piazza a Torino) l´assemblea nazionale della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro lancia un altro appello: il 18 aprile tutti a Taranto!
Il 2009 si è aperto con il solito tragico ritmo di morti e infortuni sul lavoro con cui si erano chiusi gli anni precedenti e, in poco più di due mesi, siamo già a quasi cento morti e migliaia di infortuni. La crisi economica e la precarietà dilagante creano le condizioni di sempre maggiore ricattabilità e instabilità lavorativa che costringe i lavoratori ad accettare condizioni di sfruttamento sempre maggiori. Il governo Berlusconi pensa agli aiuti alle imprese ed alle banche, mentre per i lavoratori non si prevedono neanche i fondi minimi per attuare le norme per la sicurezza sui luoghi di lavoro o per salvaguardare i salari falcidiati dalla cassaintegrazione.
Al contrario, gli attuali tentativi di cancellazione della contrattazione collettiva nazionale e del diritto di sciopero aumentano la condizione di insicurezza per centinaia di migliaia di lavoratori che, di fronte allo spettro della discoccupazione, si trovano a dover scegliere tra lavori sempre peggiori, meno tutelati e meno pagati oppure a fare la fame.
E´ positivo il fatto che nel processo contro la ThyssenKrupp in corso a Torino, nonostante l´ostruzionismo dei legali della multinazionale, i padroni siano imputati per omicidio volontario e gli operai vengano riconosciuti come parte civile. Ma nell´azione giuridica a tutela della salute sul lavoro gli strumenti a disposizione vengono ulteriormente spuntati dal governo e dai padroni.
Infatti, l´attuale esecutivo ed i suoi ministri stanno conducendo un attacco pesante anche alle più piccole conquiste ottenute nel d.lgs. n. 81 del 9 Aprile 2008 (il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro). Con il decreto cosiddetto "Milleproroghe" sono state rinviate di mesi misure importanti come la valutazione dello stress sul lavoro, l´obbligo di assicurare una data certa al documento sulla valutazione dei rischi (e relative sanzioni), il divieto di effettuare visite mediche preventive prima di assumere un lavoratore (in violazione dello Statuto dei lavoratori) e l´obbligo di comunicazione all´Inail degli infortuni di durata superiore a un giorno.
Non solo. L´ultimo emendamento a questo decreto abolisce addirittura i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) nelle aziende con meno di 15 dipendenti e rinvia di una anno l´applicazione di ogni norma in settori a rischio come il trasporto aereo, marittimo e ferroviario!
E intanto vengono licenziati gli RLS da De Angelis a Pianeta, da Palumbo ai delegati dell´Ilva...
Con l´aggravarsi di una crisi sempre più pesante per i lavoratori e in un clima di totale restaurazione filo-padronale, le aziende investiranno sempre di meno sulla sicurezza sul lavoro e sulle misure antinquinamento che da loro vengono viste come un mero "costo" su cui risparmiare. Così ai morti sul lavoro si aggiungono i morti per malattie professionali e quelle sul territorio da inquinamento.
Di fronte a questo panorama non possiamo restare passivi, dobbiamo mobilitarci!
SABATO 18 APRILE
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A TARANTO
PER LA SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO,
CONTRO LA SALUTE NEGATA E LA PRECARIETA’
A Taranto perchè l'lLVA è la fabbrica con più morti sul lavoro d'Italia, perchè è la città simbolo con più infortuni, malattie professionali tumori, inquinamento e devastazione dell'ambiente.
Riva è il padrone con più profitti d´Italia. Il padrone più processato in Italia per omicidi bianchi, inquinamento, truffa ed estorsione, mobbing e per il lager della "palazzina LAF" (operai stipati otto ore al giorno in una palazzina fatiscente, senza lavorare, per spingerli a lasciare ogni tipo di attività sindacale o accettare il declassamento del proprio livello raggiunto dopo anni di duro lavoro).
Una manifestazione ancora una volta da costruire città per città, posto di lavoro per posto di lavoro, con la chiamata a raccolta dei lavoratori, degli RSU e degli RLS, dei sindacati di base e di classe, della FIOM e del resto della CGIL, delle organizzazioni sindacali nazionali e locali, delle associazioni familiari, ispettori, tecnici della prevenzione, medici, giuristi, intellettuali e artisti; con delegazioni di lavoratori metalmeccanici, chimici, edili, dei porti, delle ferrovie, degli appalti. Le rappresentanze delle vertenze simbolo come la Thyssen, Portomarghera, Fincantieri, la ex-GoodYear, ecc...
Con la costruzione unitaria della partecipazione operaia, popolare, associativa di Taranto e di tutta la Puglia.
· Per uno sciopero generale sulla sicurezza sul lavoro.
· Per il rafforzamento e l´elezione diretta degli RLS in ogni luogo di lavoro indipendentemente dalla sua dimensione.
· Per l´estensione di tutti i diritti e le tutele minime ai lavoratori precari e a tutta la catena degli appalti e delle esternalizzazioni.
· Contro la distruzione e per il rafforzamento del Testo Unico sulla Sicurezza.
· Contro l´attacco alla contrattazione nazionale ed al diritto di sciopero.

Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
Adesioni individuali:
Franca CAIOLO, familiare vittime apppalto ILVA (Taranto); Franco VITA, familiare del Direttivo dell'associazione 12 Giugno Taranto; Ciro ARGENTINO, RSU FIOM-CGIL Thyssenkrupp (Torino); Riccardo DE ANGELIS, RSU FLMU-CUB Telecom (Roma); Andrea FIORETTI, FLMU-CUB Gruppo Sirti (Roma); Riccardo FILESI, coord. cassaintegrati Alitalia (Roma); Francesco FUMAROLA, FLMU-CUB, Atesia (Roma); Giuliano MICHELI, CUB Trasporti Alitalia (Roma); Luca CLIMATI, RSU RdB-CUB INPDAP (Roma); Fabrizio COTTINI, FIOM-CGIL Sielte (Roma) Sante MARINI, FIOM-CGIL Alcatel Alenia (Roma); Maurizio BACCHINI, FIOM-CGIL Baxter S.p.A (Roma); Marina CITTI, CGIL Menarini S.p.A. Pomezia (Roma); Alberto MADRIGALI, RLS Comune di Pisa; Salvatore BONAVOGLIA, RSU Cobas Scuola Normale Superiore (Pisa); Tiziana PETROCELLI, sportello CAF Cobas (Pisa); Francesco VOTANO, giornalista RAI 1 (Roma); Danila BELLINI, regista documentarista (Roma); Samantha DI PERSIO, autrice libro Morti Bianche; Massimiliano MURGO, RSU Alternativa Operaia/FLMU-CUB Marcegaglia Building, Sesto San Giovanni (Milano); Irene ROSSETTI, Collettivo Lavoratori Comdata (Torino); Daniela CORTESE, Resp. Dipartimento Lavoro federazione romana PRC e RSU Telecom Italia Sparkle (Roma); Egidio BERTOLOTTI, Regione Lombardia; Antonello TIDDIA, RSU Carbosulcis; Catia GALASSI, RdB-CUB Comune di Novara; Gerardo GIANNONE, RSU FIAT Pomigliano d’Arco (Napoli); Alessandra VALENTINI, Giornalista; Stefano PENNACCHIETTI, RSU/RLS Ferrovie RFI (Roma); Eugenio MIELI, Segretario Regionale Lazio SNATER; Donato Davide FABBRI, Consigliere Federale Nazionale dei Verdi e Consigliere Comunale dei Verdi di Cesena (FC); Gualtiero ALUNNI, CPN e responsabile nazionale Trasporti PRC; Fernando SEVERINI, ispettore di Taranto inchieste ILVA; Rita URGESI, Caterina PASSIATORE, Luca PASSARO, Gianni AMORUSO, Giuseppina ATTIVISSIMO, Enzo VINCI e Maria Teresa MARINOSCI ispettori del lavoro della direzione provinciale di Taranto; Fausto SOGGIA avvocato nel processo contro Riva dell’ILVA - Foro di Taranto; Fabio ZAYED, Fotografo (Roma); Federico GIUSTI, RSU Cobas Comune di Pisa; Gianmaria VENTURI, RSA-RLS USI-AIT Coop. Sociale “29 Giugno”, appalto Università di Roma 3; Roberto MARTELLI, RSA/RLS USI-AIT Coop Sociale Aspic (Roma); Marco VILLANI, RLS Banca Nazionale del Lavoro (Milano); Luigi DROMEDARI, Tecnico della Prevenzione, Delegato RSU Asl Rm G (Roma); Salvatore PALUMBO, operaio Fincantieri (Palermo); Gesuina PILI impiegata (Nuoro); Francesco (Franceschino) NIEDDU, impiegato (Nuoro); Luca BOSIO responsabile L'Ernesto PRC (Brindisi); Alessandro MARESCOTTI, Associazione Peacelink; Giuseppe MOSCATO, associazione statte Futura; Alessandra MAGRINI, “attrice contro” (Roma); Geni SARDO, Coordinatrice dell’Area Lavoro e Società CGIL TS e Responsabile Coordinamento Donne TS; Michele GIAMBARBA, presidente “associazione per la costituente comunista” del Molise; Roberto POZZOLI, fotografo RC Novate milanese; dott. CARUCCI, coord. prov. Taranto sindacato medici italiani; Franco GENTILE segretario provinciale PRC di Taranto; Cosimo BORRACINO, consigliere regionale PdCI Puglia; Pierpaolo BROVEDANI, CGIL medici - Direttivo CGIL FP Trieste; Sergio MANES, Centro Culturale “La Città del Sole” (Napoli); Tonino D’ANGELO, presidente nazionale Medicina Democratica-Movimento di lotta per la salute; Marco ROVELLI, scrittore; Chiaramaria ANASTASIA, Avvocato del Foro di Taranto; Lino STURIALE, segreteria provinciale PdCI di Torino;Raffaele TRISCHITTA, segreteria nazionale SNATER TLC; Claudio ORTALE, capogruppo PRC-SE Municipio Roma 19; Adriana CHIAIA e Giuseppe ZAMBON, Casa Editrice Zambon; Paolo DORIGO e Marco SACCHI, Edizioni Lavoro Liberato; Sandra CANGEMI, giornalista – Milano; Danilo LORIA, PRC Cinquefrondi (RC); Ciro MANIGRASSO, Pensionato e Componente della Segreteria Provinciale del PdCI di Taranto; Anna Maria BONIFAZI, associazione antimafia Libera (Taranto); Daniela PICHIERRI, lavoratrice Vestas (Taranto); Giovanni POMPIGNA, FIOM-CGIL di Taranto; Tonino D'ANGELO, Presidente nazionale Medicina Democratica; Stefano PALMISANO, Avv. patrocinante cause vittime ILVA di Taranto e Petrolchimico di Brindisi; Marica FRUSTACE e Miguel José FERRARA GOMEZ Comitato Precari Edisu Puglia; Riccardo ARENA, RSU/RLS di Engineering Ingegneria Informatica (Roma); Roberto VASSALLO RLS FIOM-CGIL Almaviva Finance (Milano); Marco RIZZO, parlamentare europeo; Gualtiero (Walter) CASERTA, assessore Verdi per la Sinistra San Pietro in Casale (BO); Sergio RUGGIERI, delegato RLS Faramacentro Jesi (AN); Carmelo INI’, Segreteria Provinciale e Responsabile Commissione Lavoro Provinciale PRC di Torino; Silvia CORTESI, FISAC-CGIL di Milano; Anna Maria LO CASCIO, lavoratrice ATA della scuola (Palermo); Franco CILENTI, Direttore Periodico Lavoro e Salute (Torino); Salvatore BONADONNA, presidente Collegio di garanzia del PRC; Paola ANELLO, RSU FLC-CGIL Scuola E. Setti Carraro (Palermo); Renato CAPUTO, docente (Roma); Mao CALLIANO, segretario provinciale PdCI di Torino; Ciro RISOLO, CPR PRC Lazio; Andrea BELLI, PRC Acilia (Roma); Alessandro GIARDIELLO, responsabile nazionale PRC dipartimento luoghi di lavoro; Domenico CALDERONI, RSU SAT/FIALTEL Telecom Italia S.p.A. (Roma); Alessandro PERRONE, FIOM-CGIL Eaton Monfalcone (Gorizia); Massimiliano BURIOLI, RSU-RLS Snater Emilia-Romagna; Massimo DOTTI, RSU-RLS Snater Emilia-Romagna; Ilario SUCCI CIMENTINI, RSU-RLS Snater Emilia-Romagna; Luigi MEZZEDIMI, RSU Snater Emilia-Romagna; Carmela LOSCO, RSU Snater Emilia-Romagna; Maria Rita SALVAGGIO, RSU Snater Emilia-Romagna; Pier Giorgio TIBONI, Confederazione Unitaria di Base; Franco COPPOLA, pensionato PRC Roma; Michele RUBINO, SPI-CGIL Forlì; Riccardo DI PALMA, RdB Pubblico Impiego Borgomanero (NO); Giuseppe MARTELLI, presidente USICONS (Roma); Claudio PETRELLI, Ispettore del Lavoro (Roma); Fabio DI VALENTINO, Tecnico della Prevenzione (Roma); Eugenio TREBBI, RLS/RSU HP (Roma); Anna Maria VIRGILI, Associazioni contro l'amianto; Maurizio PERFETTI, RSU FIOM-CGIL Engineering Ing. Inf. di Roma; Claudio URSELLA, Resp. Organizzazione Fed. Roma PRC; Danilo BORRELLI, esecutivo Giovani Comunisti Roma; Maurizio BROTINI, coordinatore provinciale Lavoro e Società CGIL di Firenze; Giorgio RIBOLDI, AL Cobas-CUB Regione Lombardia; John GILBERT, Presidente Direttivo FLC-CGIL Toscana; Simone LOPS, RSU FILCAMS-CGIL Panorama di Ostia (Roma); Alessio VITTORI, CPF PRC Roma; Stefano PAGLIA, RSA Unicredit (Roma); Stefania IACCARINO, RSU Almaviva Contact (Roma); Daniela COLASANTI, RdB/CUB Enasarco (Roma); Francesco MARESCA, Rete 28 Aprile comitato direttivo CGIL di Taranto; Marco TRASCIANI, segretario PRC aeroportuali e membro CPF del PRC di Roma; Gennaro LOFFREDO, resp. naz. scuola e formazione PRC; Gaetano CIANNARELLA, Telecom Italia SpA; Aldo INFUSO, segretario PdCI Palermo; Roberta FANTOZZI, PRC Resp. Naz. Lavoro; Ivano PEDUZZI, Capogruppo PRC-SE Consiglio Regionale del Lazio; Riccardo ROSSI, RSU FLC-CGIL Eete 28 Aprile Enea (Brindisi); Leopoldo PILEGGI, RLS e membro del Comitato "Giuseppe Coletti" - Correggio (RE); Germana VILLETTI, dipendente della Regione Lazio; Marco BAZZONI, Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Firenze); Bruno CASTRIA, delegato sindacale appalto Arsenale (Taranto); Salvatore PICCINNI, tecnico ASL dell'associazione "12 giugno" (Taranto); Vito BASILE, consigliere comunale PdCI di Taranto; Davide NISTRI, assessore Comune di Taranto; Doriana GORACCI, Capranica (VT); Giorgio FORTI, Medicina Democratica Milano; Michele RIZZI, Coordinatore regionale del Partito di Alternativa Comunista della Puglia; Valter ALBANI, RSU-RLS FIOM-CGIL Officine Pietro Pilenga (Bergamo); Antonio GENTILE, studente del Liceo Classico "G.Meli" (Palermo); Luigi CEFARO, RSU Telecom Italia Sparkle PRC Roma; Roberto GIORDANO, segr. FP-CGIL Roma Sud; Andrea ILARI, RSU FLC-CGIL e PRC Roma; Manuela BENEVENTO, segr. FP-CGIL Roma centro; Giuseppe PALUMBO, coord. Naz. CGIL min. lavoro Roma; Giancarlo ILARI, segr. circolo credito PRC Roma; Tiziana CONI, circolo PRC "L. Longo" Roma; Elena RENDINA, lavoratrice INPDAP Roma; Anna FEDELI, segr. regionale FLC-CGIL Lazio; Fabio PALMIERI, PRC e FIOM-CGIL Roma nord; Mauro CIMASCHI, Direz. Naz. PRC; Virginia DE CESARE, Esecutivo GC PRC Roma; Alessandro MANGIAVACCHI, Circolo PRC "Che Guevara" Roma; Giuseppe CARROCCIA, Segretario Federazione PRC di Roma; Claudio DI CESARE, segretario circolo PRC "Pio La Torre" (Roma); Francesco BERTULESSI, RSU-RLS FIOM-CGIL Brembana (BG); Giorgio CREMASCHI, FIOM-CGIL Rete 28 Aprile; Mattia TAMPIERI, USI Ravenna; Gabriele GIUSTINIANI, Resp. Conoscenza Fed. di Roma del PRC; Tonia GUERRA, consigliera PRC Provincia di Bari; Ugo BOGHETTA, Responsabile Nazionale Dipartimento Lavoro PRC; Giuliano PENNACCHIO, Dipartimento Nazionale Lavoro - Uff. Legislativo PRC; Maria Grazia DI SANTO, Segreteria Dipartimento Nazionale Lavoro e Dipartimento Naz. Trasporti PRC; Marco SCHINTU, RSU-RLS FIOM-CGIL Tenaris Dalmine (BG); Loredana FRALEONE, responsabile nazionale politiche per la Conoscenza PRC-SE; Dina RIMAURO, segretaria politiche per la Conoscenza PRC-SE; Mara PLATONE, segretaria politiche per la Conoscenza PRC-SE; Francesca VUOTTO, segretaria politiche per la Conoscenza PRC-SE; Anna COTONE, segretaria politiche per la Conoscenza PRC-SE; Stefania BRAI, responsabile naz. Cultura PRC-SE; Fabio DE NARDIS, responsabile naz. Università e Ricerca PRC-SE; Giuseppe BUONPENSIERO, RLS/RSU Arsenale Marina Militare (Taranto); Franco PALLONE, Resp. Dip. Casa e Welfare Fed. PRC di Roma; Andrea FOLCHITTO, Coordinatore Giovani Comunisti di Roma; Vito MELONI, Dip.Naz. Scuola PRC; Elio ROMANO, medico PRC Roma; Roberto MOREA, Segretario circolo PRC Trastevere; Paolo CARRAZZA, CPN PRC; Maria Vittoria MOLINARI, presidente collegio di garanzia della federazione PRC di Roma; Mimmo BELLANGINO, Coordinatore RSU Marinarsen (Taranto); Stefano IPPAZIO, Sindaco di Taranto; Antonio MIGLIO, segretario PRC di CREMA; Sante MORETTI, Presidente Associazione Articolo 3; Ettore MAGRINI, RLS/RSU SMMT di Baiano di Spoleto (PG); Nadia SPALLITTA, Consigliere Comunale "Gruppo un'Altra Storia" Componente VI Commissione Consiliare "Urbanistica" (Palermo); Gianni FLORIDO, presidente della Provincia di Taranto; Francesco ROZZA, Nicola ARGENZIANO, Sergio RAUCCI, Michele MEGLIO, membri del Comitato politico Federale di Caserta del PRC e del coordinamento provinciale de L'ERNESTO; Walter CECCOTTI, PRC Roma; Nadia SCHAVECHER, RSU Neopharmed (Milano); Mariangela FACHERIS, Direttivo Circolo PRC San Donato Milanese (MI); Francesco CORI, rete nazionale precari della scuola (Roma); Rocco CAFORIO, ideatore del blog ILVASPA; Fosco GIANNINI, Direzione Nazionale PRC; Cettina LO IACONO, Donatella LO CASCIO, Ugo GIAMBONA e Adelina FONTANA, precari/e ATA della scuola (Palermo); Vincenzo GRAZIANO, Collettivo Lavoratori Comdata/FLMU-CUB (Torino); Isidoro MIGLIORATI, operaio CUB MEMC S.P.A. (Novara), Vinicio SPERATI, RSU FLMU-CUB Selex Communications di Cisterna di Latina; Mauro GEMMA, Direttivo Regionale FISAC-CGIL Piemonte; Nino RUBINO, segr. prov.le SdL Brindisi; Biagio GRASSI, segr. PdCI Fasano (Brindisi); Federico CEPARIELLO, coord. appalti ILVA FIOM-CGIL (Taranto); Luigi TRANQUILLINO, Consigliere Provinciale del PRC (Milano); Urbano BOSCOSCURO, CPN PRC e segretario del circolo di Schio (VI); Rolando GIAI-LEVRA, direttore rivista on line "Gramsci Oggi"; Francesco MASI, RSU/RLS Cobas-scuola Ipssar (Potenza); Oliviero DILIBERTO, Segretario Generale del Partito dei Comunisti Italiani; Vladimiro MERLIN, Capogruppo PRC Comune di Milano; Achille ZASSO, Comitato Politico Federale PRC Milano e Rete 28 Aprile; Nunzia LAVECCHIA, Cobas dipendente APEA progetto VIE BLU Basilicata; Paolo FERRERO, Segretario Nazionale del PRC; Maurizio MARCELLI, resp. naz. ambiente e sicurezza FIOM Nazionale; Franco FIUSCO, segr. generale FIOM di Taranto; Rosario RAPPA, Stefano SGOBIO e Patrizio DI PIETRO della segreteria FIOM di Taranto.
Adesioni collettive:
Associazione Legami d’acciaio operai e familiari ThyssenKrupp di Torino; Assemblea dei lavoratori autoconvocati; Confederazione Cobas Taranto; SLAI-COBAS per il sindacato di classe; Comitato “5 aprile” - Roma; Confederazione Cobas Pisa; lavoratori Coop. sociali Ravenna; Sinistra Critica; comitato di quartiere Paolo VI (Taranto); PdCI Taranto; Partito della Rifondazione Comunista Taranto; PRC Brindisi; Circolo PRC TLC (Roma); Unione Sindacale Italiana USI - Federazione di Roma; Collettivo Lavoratori Comdata di Torino; FLMU-CUB Torino; Sindacato Lavoratori in Lotta per il Sindacato di Classe; Lavoratori Istituto tumori Milano; SLAI Cobas dell’Azienda Ospedaliera “Monaldi” di Napoli; Comitato No-Expo, Milano; Piattaforma Comunista; Proletari Comunisti; L’altra Lombardia - SU LA TESTA; Ravenna Viva; Rete antifascista Perugia; Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario; Associazione “Spot the Difference”; Teatro delle Ceneri, Bologna; Coordinamento milanese di solidarietà “dalla parte dei lavoratori”; Rete Nazionale RLS; Associazione Culturale Lineacinque - Molfetta (Bari); Federazione Autisti Operai della regione Veneto; PRIMOMAGGIO, Foglio per il collegamento tra lavoratori, precari e disoccupati; Associazione per la Costituente comunista Molise; Red Block Ravenna; Collettivo Comunista (marxista-leninista) di Nuoro; Red Block Palermo; Rete femminista e lesbiche Sommosse Perugia; Federazione Regionale USI AIT Udine; Centro Culturale e casa editrice “La Città del Sole”; Medicina Democratica di Brindisi; Unione Sindacale Italiana USI AIT nazionale e federazione di Roma; Coordinamento lavoratori e lavoratrici del terzo settore e di coop. sociali di Roma; SLAI Cobas per il sindacato di classe - Venezia, Treviso e Padova; Cobas Bica spa (Padova); Cobas Eni R & M (Marghera); Cobas appalti Fincantieri (Marghera); Cobas cooperative di servizi (Tessera, Scorzé, Mira, ex-Hub Noale); La Rivista “Guardare Avanti!”; Presidio Permanente No Discariche Grottaglie-San Marzano (TA); Assemblea regionale pugliese del Patto di Base (Cub-RdB, SDL Intercategoriale, Confederazione COBAS); PdCI sezione A. Gramsci di RHO (Milano); Rete per la sicurezza sui posti di lavoro e per la salvaguardia della salute dei lavoratori e del territorio; PRC "Fratelli Cervi" di Ponte Mammolo (Roma); Circolo PRC “L. Geymonat” Milano; Network per i diritti globali di Barletta; Comitato Precari Edisu Puglia; Redazione Periodico Lavoro e Salute; Associazione antimafia Libera, Taranto; Comitato di quartiere Città Vecchia di Taranto; assemblea regionale lavoratori SMA Puglia; Coordinamento donne Cgil, Trieste; Snater-TLC; CSOA Cloro Rosso; Collettivo Luna Proget; RSU FLAICA-CUB Auchan di Casalbertone (Roma); Cittadini contro l'amianto della provincia di Cremona; Collettivo "Iqbal Masih" di Lecce; circolo Prc Acilia "Pio La Torre"; Associazione Indipendent Crew; segreteria regionale SNATER Emilia Romagna; Confederazione Unitaria di Base Nazionale; Alternativa Sindacale della Fiat-SATA di Melfi; Cobas INPDAP; USI-AIT di Verbania; USI-AIT di Milano; Circolo Ferrovieri PRC di Roma; Rete 28 Aprile CGIL di Taranto; Circolo aeroportuale del PRC; Associazione Marxista Unità Comunista; Movimento Campano per la Costituente Comunista; Comitato No Expo di Milano; Rete 28 Aprile CGIL Puglia; Comitato Madri per Roma Città Aperta; Cittadinanza Attiva di Pulsano (Taranto); Comitati e Associazioni contro l’amianto; Centro Occupato Autogestito T28 (Milano); Partito di Alternativa Comunista - Puglia; Associazione Babele Grottaglie (TA); Collettivo Autonomo Antifascista di Seriate (BG); Circolo Operaio Jonico - Taranto; Partito Comunista dei Lavoratori; SdL intercategoriale; Contramianto e altri rischi Onlus; Network Comunista Autorganizzato Napoli; Linea Rossa Genova del P.C.d'Italia (m-l); RLS/RSU Arsenale Marina Militare (Taranto); Rete 28 Aprile di Palermo; collettivo universitario "Resistenza Universitaria" (La Sapienza); Giovani Comunisti-PRC Roma; Coordinamento Barese Lavoro e Salute; Associazione “Articolo 3” – Centro Diritti Sociali e Civili; Cordinamento Nazionale RdB-CUB Ministero dell'Economia e delle Finanze; Collettivo 20 Luglio Scienze Politiche (Palermo); RdB-CUB Spoleto; Comitato Cittadino "Pro Ambiente" di Modugno (BA); assemblea dei lavoratori appalti di pulizia comunali (Taranto); Coordinamento Lavoratori della scuola "3 ottobre"; rete nazionale precari della scuola; P-CARC; Precari ATA della scuola (Palermo); Associazione di volontariato, culturale e solidarietà "Le Scosse" di Mottola (TA); assemblea lavoratori cimiteriali della cooperativa "Ancora Service" (Taranto); Circolo "Celia Sanchez" Associazione Nazionale di Amicizia Italia Cuba (Parma); Circolo "Hilda Guevara" Associazione Nazionale di Amicizia Italia Cuba (Cremona); Federazione dei Comunisti Anarchici “Sicilia”; circolo Arcore Brianza Associazione Nazionale di Amicizia Italia Cuba; COMITATO 1° MAGGIO; Comitato Insegnanti Precari; FdCA - Federazione dei Comunisti Anarchici; Partito della Rifondazione Comunista; Rete dei Comunisti.

Torino. I lavoratori della Cabind "costringono" il manager a telefonare alla casa madre sotto il loro controllo

Ieri pomeriggio l’amministratore delegato della Cabind (in provincia di Torino), Carlo Caglieri, si è intrattenuto - più o meno volontariamente a seconda delle voci - con i lavoratori della Cabind che chiedevano a gran voce di poter ottenere un incontro con la proprietà statunitense. Dagli Usa, fino allo scorso anno, era stato garantito che lo stabilimento cittadino, dove lavorano 70 dipendenti, non sarebbe stato chiuso. Un episodio che a molti ha ricordato gli ultimi “sequestri” di dirigenti ad opera di dipendenti diventati comuni in Francia e, in qualche occasione, approdati anche in Italia. Ipotesi questa smentita dalla Fiom. Comunque l’incontro richiesto è stato ottenuto e venerdì i lavoratori potranno nuovamente interloquire con la casa madre negli USA che soltanto 12 mesi fa, aveva assicurato che lo stabilimento non sarebbe stato chiuso. Invece, due mesi fa è spuntato il trasferimento dell’intera produzione di cablaggi industriali in Polonia, una decisione questa che ha originato le diverse manifestazioni dei dipendenti, ultima quella di ieri pomeriggio, sfociata nel blocco della statale 25 del Moncenisio per circa un’ora.