di Alessandra Fava
Aveva un contratto del trasporto come autoferrotranviere ma di fatto lavorava nel porto di Savona alle manovre di carico e scarico del carbone legate alla Funivia savonese ed è morto impegnato nelle riparazioni di un tetto del deposito di Miramare. Giovanni Genta, 54 anni, è precipitato bucando una tramezza di vetroresina del tetto, ha fatto un volo di cinque o sei metri all'interno del capannone e ha battuto la testa. E' successo tutto quando il lavoro di ripristino del tetto che faceva infiltrazioni era appena iniziato, gli altri della squadra non si sono accorti di nulla. Genta è morto nel pomeriggio di ieri all'ospedale di San Martino di Genova dove era stato portato d'urgenza. Per lui e in nome della sicurezza, contro la modifica minacciata dal governo del Testo unico sulla sicurezza varato da Prodi, oggi scioperano tutti i porti italiani, per due ore alla fine di ogni turno. Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti chiedono all'esecutivo un incontro sulla sicurezza.
Intanto i dipendenti delle funivie si sono astenuti dal lavoro già ieri appena saputo dell'incidente del collega e oggi protestano dalle 7 alle 15,30. I portuali di Savona hanno deciso di aderire alle manifestazioni che prevedono oggi anche un presidio sotto l'Autorità portuale (azionista di minoranza della società della Funivia), scioperando dalle 7 di oggi alle 7 di venerdì.
«Sulla sicurezza col sindacato lavoriamo in modo forte - ha dichiarato il presidente della Funiviaria Alto-Tirreno, Cristoforo Canavese, che è anche presidente dell'Autorità portuale savonese - La settimana scorsa abbiamo chiuso l'intesa sull'ultimo decreto legislativo per individuare il responsabile sicurezza, anticipando gli oneri per i terminalisti». Ma del fatto in questione, Canavese dice: «Ci sono attività che per abitudine e per confidenza vengono fatte con leggerezza», quasi come dire che la colpa è dei lavoratori.
Le dichiarazioni del presidente, fatte quando l'operaio non era ancora spirato, hanno creato rabbia tra i portuali. «Purtroppo a lasciarci la pelle sono i lavoratori - dice il segretario Cgil savonese, Francesco Rossello - E' sempre facile dire che sia una loro svista, è un modo per giustificarsi». Di Genta era nella Funivia da trent'anni, conosceva l'azienda a menadito e non era la prima volta che saliva sul tetto. Ma perché è stato mandato ad aggiustare un capannone che entro il 2010 sarebbe stato abbandonato, dato che è previsto il trasloco in un altro terminal? «Genta ha messo il piede su un pannello di vetroresina che era un tapullo (riparazione di fortuna, in dialetto)», spiega un collega. Potrebbe essere così che il tetto si è aperto come un guscio. Un delegato Filt-Cgil, Cristiano Ghiglia, punta il dito anche sulla carenza di manodopera. «Fino a 20 anni fa, quando invece di 165 persone lavoravano qui più di 300 operai, c'erano reparti con forti specializzazioni: chi spezzava il carbone e lo caricava sui vagonetti per mandarli a San Giuseppe di Cairo Montenotte, a 27 km da qui, andava in aiuto a una squadra specializzata in riparazioni. Oggi non è più così».
Aveva un contratto del trasporto come autoferrotranviere ma di fatto lavorava nel porto di Savona alle manovre di carico e scarico del carbone legate alla Funivia savonese ed è morto impegnato nelle riparazioni di un tetto del deposito di Miramare. Giovanni Genta, 54 anni, è precipitato bucando una tramezza di vetroresina del tetto, ha fatto un volo di cinque o sei metri all'interno del capannone e ha battuto la testa. E' successo tutto quando il lavoro di ripristino del tetto che faceva infiltrazioni era appena iniziato, gli altri della squadra non si sono accorti di nulla. Genta è morto nel pomeriggio di ieri all'ospedale di San Martino di Genova dove era stato portato d'urgenza. Per lui e in nome della sicurezza, contro la modifica minacciata dal governo del Testo unico sulla sicurezza varato da Prodi, oggi scioperano tutti i porti italiani, per due ore alla fine di ogni turno. Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti chiedono all'esecutivo un incontro sulla sicurezza.
Intanto i dipendenti delle funivie si sono astenuti dal lavoro già ieri appena saputo dell'incidente del collega e oggi protestano dalle 7 alle 15,30. I portuali di Savona hanno deciso di aderire alle manifestazioni che prevedono oggi anche un presidio sotto l'Autorità portuale (azionista di minoranza della società della Funivia), scioperando dalle 7 di oggi alle 7 di venerdì.
«Sulla sicurezza col sindacato lavoriamo in modo forte - ha dichiarato il presidente della Funiviaria Alto-Tirreno, Cristoforo Canavese, che è anche presidente dell'Autorità portuale savonese - La settimana scorsa abbiamo chiuso l'intesa sull'ultimo decreto legislativo per individuare il responsabile sicurezza, anticipando gli oneri per i terminalisti». Ma del fatto in questione, Canavese dice: «Ci sono attività che per abitudine e per confidenza vengono fatte con leggerezza», quasi come dire che la colpa è dei lavoratori.
Le dichiarazioni del presidente, fatte quando l'operaio non era ancora spirato, hanno creato rabbia tra i portuali. «Purtroppo a lasciarci la pelle sono i lavoratori - dice il segretario Cgil savonese, Francesco Rossello - E' sempre facile dire che sia una loro svista, è un modo per giustificarsi». Di Genta era nella Funivia da trent'anni, conosceva l'azienda a menadito e non era la prima volta che saliva sul tetto. Ma perché è stato mandato ad aggiustare un capannone che entro il 2010 sarebbe stato abbandonato, dato che è previsto il trasloco in un altro terminal? «Genta ha messo il piede su un pannello di vetroresina che era un tapullo (riparazione di fortuna, in dialetto)», spiega un collega. Potrebbe essere così che il tetto si è aperto come un guscio. Un delegato Filt-Cgil, Cristiano Ghiglia, punta il dito anche sulla carenza di manodopera. «Fino a 20 anni fa, quando invece di 165 persone lavoravano qui più di 300 operai, c'erano reparti con forti specializzazioni: chi spezzava il carbone e lo caricava sui vagonetti per mandarli a San Giuseppe di Cairo Montenotte, a 27 km da qui, andava in aiuto a una squadra specializzata in riparazioni. Oggi non è più così».
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