lunedì 27 aprile 2009

Perchè il 25 aprile non può essere una festa di tutti. Il caso Romualdi

La storia è uscita fuori dagli archivi per merito di un regista e documentarista parmense, Giancarlo Bocchi e racconta la triste storia di Giordano Cavestro su “Alias”, il supplemento del “Manifesto”. Il giovane partigiano comunista fu fucilato a Bardi il 4 agosto 1944, dopo che una telefonata fra Mussolini e il futuro deputato al Parlamento italiano ed europeo Pino Romualdi (allora vice-segretario del partito fascista di Salò) ne decise la sorte.
Romualdi si adoperò alacremente, come era abituato a fare, per spezzare la vita del giovane patriota e di altri antifascisti Raimondo Pelinghelli, Vito Salmi, Nello Venturini ed Erasmo Venusti. L’infame eccidio fu compiuto per rappresaglia dopo l’uccisione di quattro fascisti repubblichini.
La telefonata di Mussolini a Romualdi fu intercettata da un “gruppo di ascolto”, composto, fra gli altri, da due antifascisti che lavoravano alla “Timo”, come si chiamava in quel tempo la compagnia telefonica. I due – nomi di battaglia Otto e Vladimiro – intercettavano le telefonate per scoprire in anticipo le rappresaglie e gli agguati dei nazi-fascisti e mettere così al sicuro la popolazione e gli antifascisti. Furono denunciati e torturati dalla Gestapo e soltanto Otto e Vladimiro sopravvissero e ora hanno raccontato le loro drammatiche vicende.
“La telefonata era una storia sepolta della Resistenza, una delle tante che ancora oggi attendono di essere conosciute. E’ importante che venga raccontata perché Romualdi fu un personaggio di primo piano della politica italiana del dopoguerra, uno dei padri fondatori del Movimento sociale italiano, deputato nazionale ed europeo. E’ importante perché dimostra che chi intende farsi beffa della storia deve stare attento, prima o poi la storia esce nella sua verità” dice ora Bocchi ed aggiunge: “Credo che questa sia la migliore risposta a chi fa bieco revisionismo e a chi, come il ministro La Russa, vuole equiparare i militari di Salò ai martiri per la Libertà”.
Non solo Romualdi ma numerosi leader del disciolto Movimento Sociale Italiano, fra cui Giorgio Almirante, ancora osannato dagli attuali post-fascisti, si resero responsabili di rappresaglie e fucilazioni di antifascisti. Sarebbe il caso di ricordarsene, soprattutto il 25 aprile, “festa condivisa”.

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