martedì 21 aprile 2009

Confindustria felix

di Carlo Leone Del Bello
Dopo le «congetture» sul futuro dell'economia espresse domenica dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, è toccato ieri al presidente di Confindustria Emma Marcegaglia dichiarare che il peggio è passato. Neanche a farlo apposta, una smentita indiretta è giunta dagli Stati uniti, dove il «superindice» anticipatore dell'economia non lascia scampo: da qui a sei mesi le cose andranno solamente peggio. E sulle borse mondiali torna a comandare il segno negativo.
A margine dell'assemblea degli industriali di Cremona, Emma Marcegaglia ha dichiarato di avere «l'impressione che sia a livello mondiale che italiano ci siano alcuni segnali che il peggio l'abbiamo visto: non c'è più la caduta continua degli ordini e del fatturato». Tra gli indicatori, anche la crescita della componente estera degli ordinativi, resa nota dall'Istat venerdì scorso. Ciò ovviamente non basta e, ha aggiunto la presidente di Confindustria, «il problema adesso è capire in quanto tempo torneremo alla crescita e probabilmente avremo ancora qualche mese difficile». Secondo il centro studi di via dell'Astronomia, infatti, a partire da luglio potrebbe esserci qualche inversione di tendenza. Si unisce al clima di ottimismo anche il ministro del welfare Maurizio Sacconi, dichiarando che «ci sono segnali positivi che devono essere considerati» e rinnovando quindi l'invito - vero leit-motiv del governo - a «essere ottimisti». Se «una rondine non fa primavera», ha continuato il ministro, «in una glaciazione è difficile vederne».
Eppure il clima, fra gli operatori economici, sembra essere ben diverso. Le banche Usa continuano a riportare profitti nei bilanci trimestrali, ma ormai nessuno si fa più ingannare: i guadagni sono contingenti, mentre i crediti continuano a deteriorarsi. Dopo Goldman Sachs e il suo mese di dicembre «fantasma», Bank of America ha pubblicato ieri i suoi conti trimestrali con un profitto di 4,2 miliardi di dollari in bella vista, ben al di sopra delle attese degli analisti. Tuttavia, non solo la quasi totalità di questi guadagni - come la ristrutturazione di parte del debito di Merril Lynch, o la vendita di parte delle sue partecipazioni in China Construction Bank - sono una tantum, ma la qualità degli attivi che compongono lo stato patrimoniale della banca continua a peggiorare. Come lo stesso amministratore delegato di BofA ha dichiarato ieri durante una conferenza stampa, «il credito va male, e noi crediamo che andrà peggio prima che possa stabilizzarsi o migliorare». Conseguentemente, BofA ha accantonato 6 miliardi di dollari per far fronte a perdite future, portando le riserve a 30 miliardi che sono sufficienti a coprire appena il 120% delle sofferenze attuali. Un anno fa coprivano il 203%. Le azioni della banca perdevano ieri il 20% a un'ora dalla chiusura di Wall street.
Anche l'indice anticipatore dell'economia americana, elaborato dal Conference Board, mostra come la situazione non sia in fase di peggioramento. Il «superindice» è infatti calato dello 0,3% in marzo. Per gli economisti del Conference board, questo significa che la recessione Usa potrebbe continuare oltre l'estate. Ci sarebbero alcuni segnali positivi intermittenti, ma l'indice e la maggior parte delle sue componenti fanno ancora pensare al declino. L'economista premio Nobel Paul Krugman ha ricordato, sul New York Times di venerdì scorso, come anche durante la Grande Depressione ci furono delle pause nella crisi.
Stando così le cose, c'è poco da stupirsi della performance degli indici azionari. In Europa, dove si sono «bruciati» 133 miliardi di euro di capitalizzazione, la maglia nera spetta a Piazza Affari, con l'inddice S&P/Mib a -4,21%. Pesanti perdite anche a Francoforte (-4,07%) e Parigi (-3,96%). A un'ora dalla chiusura, a New York, l'indice Dow Jones perdeva il 3,5% e lo S&P 500 il 4%. Forte calo anche per il petrolio - il cui prezzo riflette le attese per la ripresa globale- giù del 9% a 46 dollari il barile.

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