martedì 21 aprile 2009

Licenza di uccidere: il governo azzera le responsabilità dei manager sulle morti ‘bianche’

di Marina D’Ecclesiis
La crisi, la paura di perdere il lavoro e dunque la disponibilità a operare in condizioni sempre meno sicure aumentano il rischio di perdere la vita o di rimanere invalidi durante l’attività lavorativa. Una catena infinita di cosiddette morti ‘bianche’, di cui proprio ieri l’ennesimo esempio, in provincia di Ragusa dove un operaio è morto mentre stava lavorando per un’impresa siciliana che costruisce travi in cemento. L’uomo è precipitato dalla tettoia di una struttura prefabbricata alta 6 metri: trasportato all’ospedale non ce l’ha fatta. L’ennesima vita spezzata, l’ennesimo omicidio, il solito cordoglio e poi il silenzio. Questo è il destino dei tanti lavoratori uccisi sul posto di lavoro, che oggi, ricevono anziché maggiori garanzie un forte schiaffo morale: il nuovo testo sulla sicurezza sul lavoro, che va incontro a quelle organizzazioni imprenditoriali che mettono a serio rischio la vita dei loro dipendenti in nome della diminuzione dei costi. Così ecco pronta la licenza di uccidere: si diminuiscono le multe per il mancato rispetto delle norme ed si elimina il carcere per le imprese inadempienti.
Ma quello che risulta più grave è l’effettiva impunità per i top manager. In altre parole, se ci sono sottoposti coinvolti nella stessa inchiesta, la responsabilità ricadrà su di loro. In barba, anche alle direttive dell’Unione Europea. Una normativa varata ad hoc affinché saltino i processi in corso in cui sono imputati gli alti vertici industriali, visto che il Testo Unico avrebbe effetto retroattivo.
Dunque se l’ennesima ‘porcata’, che oggi verrà discussa nella conferenza stato- regioni, venisse varata farebbe saltare la maggior parte dei processi in corso. A partire da quello di Torino per la strage della ThyssenKrupp che vede imputati i due massimi vertici del colosso siderurgico tedesco. Se, infatti, venisse meno la possibilità di accertare la responsabilità di chi guida la multinazionale, cadrebbe l’impianto accusatorio formulato dal pool di Guariniello che è riuscito a portare in Tribunale i vertici delle aziende, sia per il caso dell’Eternit sia per la Thyssen.. Un vero e proprio insulto a tutte le vittime degli infortuni e ai loro familiari: “è uno schiaffo in faccia a tutti noi operai” afferma Carlo Marrapodi, un giovane ex metalmeccanico calabrese della Thyssen. “Ho girato ininterrottamente l’Italia, sono andato nei licei a raccontare quello che è successo. Ho fatto quello che doveva fare lo stato, l’educazione alla sicurezza nelle scuole. Questa legge è una umiliazione per me stesso che da semplice ragazzo che si è trovato in mezzo a quelle brutture, ha girato l’Italia”. Ma “è uno schiaffo anche alle famiglie di quei poveri ragazzi e alle famiglie di chissà quanti altri che non hanno avuto lo stesso risalto” sottolineando quella che è la situazione della classe operaia: “c’è poco rispetto per chi è la turbina di questo paese, milioni di operai che vivono quotidianamente nella privazione”. “c’è chi ha figli, mutui e deve continuare. Io incrocio le braccia e mi rifiuto finché questo stato non mi darà la parvenza del rispetto di chi lavora” E conclude: “arrestateci tutti, almeno in galera non rischiamo di morire bruciati”. E intanto, stamattina l’associazione Legami d’acciaio, di cui fanno parte gli ex lavoratori della Thyssen e alcuni familiari ha realizzato un presidio davanti al tribunale dove si sta svolgendo il processo. Un presidio particolarmente partecipato oggi, come ci conferma al telefono Ciro Argentino, proprio per contestare il nuovo regalo del governo alle imprese.

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