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mercoledì 29 aprile 2009

La Guerra dei Berlusconi. Veronica Lario sulle Veline candidate: “Ciarpame senza pudore”

di Tommaso Vaccaro
E’ di nuovo guerra in casa Berlusconi. Veronica Lario, la first lady moglie del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, torna a parlare pubblicamente e senza peli sulla lingua delle scelte “politiche” del Cavaliere. Dopo la famosa lettera, inviata ormai due anni fa’ al quotidiano la Repubblica, la signora Lario questa volta interviene, con una mail inviata all’Ansa, sulla questione delle possibili candidature di “Veline” e showgirl per il PdL, alle elezioni Europee.
“Un ciarpame senza pudore”. Così, la moglie del premier, descrive la faccenda che ha suscitato le critiche persino della Fondazione Farefuturo (vicina al presidente della Camera, Gianfranco Fini) e che ha scatenato le ironie della stampa estera. “Voglio che sia chiaro – ha spiegato la Lario - che io e i miei figli siamo vittime e non complici di questa situazione. Dobbiamo subirla e ci fa soffrire”.
Sul tema del ruolo delle donne in politica, la dolce metà del Cavaliere trova conforto soltanto con la constatazione che: “Per fortuna da tempo c'è un futuro al femminile sia nell'imprenditoria che nella politica e questa è una realtà globale. C'è stata la Thatcher e oggi abbiamo la Merkel, giusto per citare alcune donne, per potere dire che esiste una carriera politica al femminile”. In Italia, continua la signora Lario “la storia va da Nilde Jotti e prosegue con la Prestigiacomo [su questo passaggio, non è chiaro se il tono sia serio o ironico ndr.]. Le donne oggi sono e possono essere più belle; e che ci siano belle donne anche nella politica non è un merito nè un demerito. Ma quello che emerge oggi attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile, e che è ancora più grave, è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte e questo va contro le donne in genere e soprattutto contro quelle che sono state sempre in prima linea e che ancora lo sono a tutela dei loro diritti”.
“Qualcuno – conclude con i fuochi d’artificio – ha scritto che tutto questo è a sostegno del divertimento dell'imperatore. Condivido: quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore, tutto in nome del potere”.
La signora Lario coglie poi l’occasione per tirare una ulteriore grave frecciata al marito, commentando la notizia apparsa oggi su Repubblica della partecipazione del premier, domenica sera a Napoli, ad una festa per i 18 anni d’una ragazza. “Che cosa ne penso? La cosa mi ha sorpreso molto, - ha detto – anche perchè non è mai venuto a nessun diciottesimo dei suoi figli pur essendo stato invitato”.
In tutto ciò, poco importa se Berlusconi smentisce le candidature di cui si è letto sui giornali, affermando che “sono tutte inventate”. Ad Arcore è ormai guerra tra marito e moglie.

All'ombra del virus

Un grande affare per le case farmaceutiche. La strana natura del virus. I piani di emergenza Usa
di Enrico Piovesana
L'influenza suina continua a mietere vittime in Messico e a seminare il panico in tutto il mondo, non solo tra la popolazione, ma anche sui mercati azionari che, nel timore di un blocco delle frontiere e delle attività commerciali ed economiche globali, registrano forti perdite in tutte le borse.
Grandi profitti per le case farmaceutiche. Gli unici che festeggiano sono i dirigenti e gli azionisti delle due multinazionali farmaceutiche, la svizzera Roche e la britannica GlaxoSmithKline, produttrici dei farmaci antinfluenzali di cui tutti i governi del pianeta stanno facendo incetta in questi ultimi giorni: il Tamiflu (Roche) e il Relenza (Glaxo).
Mentre tutti i titoli di borsa sono in calo, le quotazioni della Roche e della Glaxo stanno guadagnando su tutte le piazze mondiali. Per non parlare delle due aziende che detengono i brevetti dei due farmaci, la californiana Gilead (Tamiflu) - che ha tra i suoi principali azionisti l'ex capo del Pentagono, Donald Rumsfeld - l'australiana Biota (Relenza), i cui indici azionari sono schizzati alle stelle negli ultimi giorni.
Festeggiano anche le multinazionali farmaceutiche che hanno già preso accordi con l'Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) per lo studio e la produzione di vaccini contro l'influenza suina: la francese Sanofi Aventis - che a inizio marzo aveva annunciato l'apertura, proprio in Messico, di uno stabilimento per la fabbricazione di un vaccino contro eventuali influenze pandemiche - la statunitense Baxter - recentemente coinvolta in un grave scandalo: aveva distribuito, in diciotto paesi, vaccini antinfluenzali contaminati dal virus dell'influenza aviaria - e la svizzera Novartis.
Un virus ibrido così strano da sembrare artificiale. Non sarà molto facile trovare un vaccino per questa influenza. Gli scienziati del Centro per il controllo delle malattie (Cdc) di Atlanta, il principale istituto epidemiologico statunitense hanno dichiarato che questo ceppo virale contiene una combinazione unica, mai vista prima, di sequenze genetiche di due diversi virus influenzali suini (uno di origine nordamericane e uno eurasiatico), del noto virus dell'influenza aviaria e della familiare influenza umana. Un ‘riassortimento' genetico così particolare, da far addirittura sorgere dubbi sull'origine naturale di questo nuovo supervirus.
Negli ultimi anni i riassortimenti artificiali di virus sono diventati una pratica comune nei più avanzati centri di ricerca epidemiologica di tutto il mondo, e soprattutto negli Stati Uniti.
Nel 2005, ad esempio, i bioingegneri del Cdc di Atlanta hanno creato in laboratorio un virus pandemico artificiale combinando il ceppo dell'influenza aviaria con quello della normale influenza umana. Lo stesso hanno fatto gli scienziati della già citata Baxter. Esperimenti, questi, giudicati molto pericolosi, ma considerati necessari per studiare le modalità di contagio e i possibili vaccini.
Analoghi virus artificiali ibridi vengono prodotti, ma a scopi ben diversi (la guerra batteriologica), anche nei laboratori militari dell'Istituto di medicina per le malattie infettive dell'esercito Usa (Usamriid) di Fort Detrick, in Maryland, lo stesso da cui proveniva l'antrace usato negli attacchi bioterroristici del 2001.
Usa: in caso di emergenza potrebbe intervenire l'esercito. In attesa che venga scoperto un vaccino contro questa pandemia influenzale, i governi di mezzo mondo, oltre a fare scorta di Tamiflu e Relenza, si preparano al peggio. In particolare il governo degli Stati Uniti: i più vicini al focolaio influenzale, dove da tempo sono pronti appositi piani di emergenza che prevedono addirittura l'utilizzo delle forze armate per mettere in quarantena la popolazione infettata, compiere evacuazioni forzate e mantenere l'ordine pubblico. Sulla base delle linee guida della ‘Strategia nazionale per l'influenza pandemica', elaborata dall'amministrazione Bush nel novembre 2005, il Pentagono ha preparato nell'agosto 2006 un ‘Piano di implementazione per l'influenza pandemica' in cui si legge: "Al fine di bloccare la diffusione del virus, il dipartimento della Difesa può essere chiamato a intervenire per assistere le autorità civili nell'isolare e quarantenare singoli individui o popolazioni, anche contro la loro volontà (...) e per ristabilire e mantenere l'ordine pubblico in caso di disordini".

lunedì 27 aprile 2009

Paragona olocausto a dramma palestinese....licenziato

Itamar Shapira, docente dell’Istituto di studi sulla Shoah annesso al museo-memoriale Yad Vashem di Gerusalemme, è stato licenziato per aver paragonato il dramma vissuto dagli ebrei durante il periodo nazista a quello di centinaia di migliaia di palestinesi costretti ad abbandonare le loro terre e le loro case a partire dal 1948.
La notizia, ripresa da tutti media israeliani, è stata confermata sia dalla dirigenza del museo - dove Shapira svolgeva anche il ruolo di guida – oltre che dal diretto interessato. Dal resoconto fatto dal quotidiano ‘Haaretz’ sembra che ad aver suscitato l’ira dei datori di lavoro di Shapira sia stato il parallelo fatto tra la shoah e le violenze commesse dagli israeliani nel villaggio palestinese di Deir Yassin, le cui rovine sono ancora visibili proprio all’esterno del memoriale.
A Deir Yassin, nel 1948, furono alcune centinaia - secondo diverse fonti anche israeliane - le vittime palestinesi di un attacco di formazioni paramilitari ebraiche; da quel momento, partirono concretamente la formazione dell’attuale stato israeliano e la fuga di centinaia di migliaia di palestinesi tuttora confinati – insieme ai loro discendenti – in decine di campi profughi costruiti in Cisgiordania, a Gaza e nei paesi arabi vicini come Siria, Giordania e Libano in particolare. Giustificando la decisione presa, la dirigenza del museo ha sostenuto che l’olocausto non può essere paragonato a nessun altro evento.

domenica 26 aprile 2009

venerdì 24 aprile 2009

La natura cannibale del capitalismo

di Daniele Luttazzi
Perché mai lo Stato dovrebbe aiutare con soldi pubblici le banche private che hanno speculato sulla pelle dei clienti?
Le banche vogliono essere salvate a prescindere. Che ne è della favola del “libero mercato”, che i capitalisti raccontano sempre per nascondere il proprio cannibalismo? I capitalisti, come si vede, sono i primi a non crederci.
Il crack mondiale delle Borse, causato da decenni di deregulation, non terminerà finchè sarà impossibile stabilire quanti titoli tossici le banche abbiano ancora in pancia. Col paradosso che, quando le banche al tracollo accedono al salvataggio di Stato, in pratica sono i cittadini truffati a tenere a galla i truffatori.
E se un Presidente (Obama) prospetta la conversione dei prestiti pubblici alle banche in azioni ordinarie (lo Stato diventerebbe così, giustamente, azionista delle banche che risana) i cannibali rintanati a Wall Street puniscono l’idea con un tonfo in Borsa (ieri).
Vi risulta che qualcuno dei responsabili della speculazione, in Italia o all’estero, abbia chiesto pubblicamente scusa, oppure abbia dichiarato di voler cambiare il suo comportamento in futuro? Vi risultano dimissioni o cambi ai vertici? Svezzati a superbonus che premiavano il comportamento più irresponsabile, i cannibali non conoscono altro modus operandi che questo.
I sistemi bancari nazionalizzati hanno il merito storico di aver promosso decenni di espansione economica virtuosa. Le banche private, invece? Lasciatemici pensare per un secondo. No.
Le banche salvate con soldi pubblici vanno nazionalizzate. Altra possibilità: farle adottare da Madonna.

martedì 21 aprile 2009

L’ombra del fascismo in Italia

The Guardian del 21/04/2009
L’obiettivo centrale di Silvio Berlusconi, il primo ministro italiano, è da tempo apparso chiaro e spudoratamente evidente. Fin da quando si è mosso nel vuoto politico creato nel 1993 dai simultanei scandali di corruzione del governo da un lato, ed il crollo del comunismo italiano, a sinistra dall’altro. Il signor Berlusconi ha usato la sua carriera politica e il potere per proteggere se stesso e il suo impero mediatico dalla giustizia. Durante il più lungo dei suoi tre periodi come primo ministro, il signor Berlusconi non solo ha consolidato la sua già forte presa sul settore italiano dei media - di cui ora possiede circa la metà - ma nella passata legislatura si è anche concesso l’immunità dai suoi procedimenti giudiziari. Poi, quando tale legge è stata dichiarata incostituzionale, il neo rieletto Presidente Berlusconi l’ha portata in una nuova veste lo scorso anno e l’ha avuta firmata con successo.
Il Signor Berlusconi deve il successo alla sua audacia e in gran parte per alla profonda debolezza dei suoi avversari. La sinistra italiana, in particolare, non è riuscita a montare una efficace opposizione. Eppure, l’ultima azione del signor Berlusconi - la fusione nel suo nuovo blocco del Popolo della Libertà, completato ieri, della sua Forza Italia con Alleanza Nazionale che deriva direttamente dalla tradizione fascista di Benito Mussolini - può lasciare un segno più duraturo nella vita politica italiana di quello lasciato da qualunque altro magnate populista.
A differenza della Germania postbellica, l’Italia del dopoguerra non si è mai adeguatamente confrontata con la propria eredità fascista. Come risultato, mentre i neofascisti in Germania non sono mai seriamente riemersi, in Italia, invece, vi sono state importanti continuità - tra cui leggi e funzionari ereditati dall’era Mussolini e la rinascita nel dopoguerra del ribattezzato partito fascista tra di loro - a dispetto di una cultura pubblica italiana ufficialmente antifascista. Quelle continuità sono ora diventate più forti. È il giorno della vergogna per l’Italia.
Tuttavia, AN ha percorso una lunga strada in 60 anni. Il suo leader, Gianfranco Fini, ha rigettato i vecchi arnesi politici ed ha portato il suo partito verso il centro. Ha lavorato per più di 15 anni come alleato di Berlusconi. Egli parla della necessità di un dialogo con l’Islam, denuncia l’antisemitismo, e auspica una Italia multietnica - posizioni che il Presidente Berlusconi, con il suo populismo anti-zingari, le campagne anti-immigrati e la sua predilezione per un razzismo soft, dovrebbe sforzarsi di avvicinare.
Nonostante le sue lontane origini liberali, l’Italia moderna è storicamente un paese di destra. Eppure è molto scioccante pensare che vi sarà un capo di governo tra i 20 leader del mondo al vertice economico di Londra questa settimana, che ha ricostruito la sua base politica sulle fondamenti gettate dai fascisti e che sostiene che la destra probabilmente rimarrà al potere per generazioni, come risultato.

guardian.co.uk

domenica 19 aprile 2009

La Lega: il terremoto in Abruzzo è un segno dell'invasione islamica

"Oggi parliamo dei segreti della basilica di colle Maggio e della città dell'Aquila. Perchè vedete, se dovessimo limitarci al cordoglio, e al dolore alla riflessione puramente esteririore, non capiremmo quasi nulla di tutto quello che è accaduto". Inizia così la trasmissione su radio Padania Libera di tale Andrea Rognoni. Direttore di "Idee per l'Europa dei Popoli", rivista voluta dall'onorevole Mario Borghezio. Può sembrare un inizio interessante anche se l'emittente e il curriculum del giornalista garantiscono ben poca parzialità di analisi. Ma andiamo a sentire quelle che sono le analisi profonde che non si limitano alla riflessione puramente esteriore.
Secondo Rognoni, la verità sui palazzi crollati come castelli di sabbia. La verità delle previsioni di esperti non ascoltate. La verità della casa dello studente, dell'ospedale. Non risiede nella nefandezza di politici, amministratori e costruttori. Che guadagnando sulle spalle, e con la pelle di tutti e tutte hanno costruito in un territorio altamente sismico, palazzi con materiale di scarto e perfino sabbia di mare. Fatto che purtroppo rende profondamente e tragicamente veritiera la metafora "palazzi crollati come castelli di sabbia".
No, niente di tutto questo. Secondo tale Andrea Rognoni. La colpa è degli arabi, dei migranti. Questo perchè esistono simboli dell'occulto, esoterici, di celtici e cavalieri templari. Perché l'Aquila è costruita riprendendo la pianta della città di Gerusalemme, e la Basilica di Collemaggio, sopravvissuta a secoli e a numerosi terremoti e crollata proprio ora perchè, conserva una lastra in cui è ritratta una torre sormontata da una mezzaluna. Tolte le macerie come sarà questo simbolo, ancora intatto?
Quale solidarietà, quali autocritiche per un partito di governo su questa tragedia. L'unico problema che la Lega si pone, è se questo terremoto può essere il segnale divino dell'islamizzazione dell'Europa. L'unico messaggio che deve passare a prescindere dal contesto è quello xenofobo e razzista. Anche in questo caso.

Vergognosa Radio Padania sul terremoto

Chi rubò i resti di Geronimo? C'è chi giura che fu il nonno di Bush

Rituali di disumanizzazione, nelle famiglie borghesi, per essere capaci di praticare il crimine su scala industriale. Come dimostrato dalla Storia e dai recenti documenti Usa sulle torture da praticare su presunti terroristi e sull’attentato ad Evo Morales presidente della Bolivia.
Andrea Montella


La tomba del capo Apache profanata nel 1918, nove anni dopo la morte, da aderenti all'esclusiva confraternita Skull & Bones.

di Giuliano Capecelatro
Anche Roland Hedley, reporter virtuale ma tra i più famosi degli Stati Uniti, se ne occupa. Davvero Prescott, nonno di George W. Bush, e i suoi accoliti novant'anni fa trafugarono il teschio di Geronimo? Lo svagato protagonista della striscia di Garry Trudeau rilancia il quesito che da anni stuzzica l'immaginario nordamericano e conquista uno spazio crescente su giornali e canali televisivi. Spinto da una petizione presentata al Congresso degli Usa dai discendenti dell'indiano, che vorrebbero restituita la reliquia dell'avo famoso.
Inoltre, sono giusto cento anni che il legittimo proprietario di quel teschio, l'impavido e tenace Goyathlay, è passato a miglior vita. Espressione non retorica, viste le condizioni in cui trascorse i suoi ultimi anni. Era il 1909, ventesimo secolo appena iniziato, e novant'anni compiuti dal capo Apache. Che, nella prigione di Fort Sill, non ce la fece a resistere all'assalto di una polmonite. Lui che fino all'ultimo aveva dato filo da torcere a quei bianchi rapaci e fedifraghi, ed era passato incolume tra le loro pallottole, al punto da essere considerato sacro dai suoi compagni.
Nel 1918, mentre il primo conflitto mondiale sta per concludersi, il fattaccio. Presunto. In circolazione da anni. Rilanciato nel 2005 da uno storico, che si imbatte in una lettera di quegli anni in cui uno dei complici di Prescott Bush parla appunto del teschio e di alcuni ammennicoli asportati nottetempo da una tomba a Fort Sill, Oklahoma. Un furto rituale. Per una confraternita segreta, amante del macabro e a fortissima vocazione elitaria: Skull & bones (Teschio & ossa). Nata nel 1832, nel clima esclusivo dell'università di Yale. Qualcosa a metà tra i Rosacroce e la massoneria. Un vago ricordo degli Illuminati tedeschi. E, nel nuovo secolo, un progressivo slittamento verso simpatie naziste.
Roba da figli di papà, insomma. Ansiosi di fingere, anche con se stessi, di avere uno scopo superiore, trascendente, nella vita. Prima di sistemarsi; e, infatti, dalla Skull & bones sono usciti capi di stato, uomini d'affari, alti funzionari, leader di ogni genere. Adepti entusiasti della setta, nascosti dietro un marchio ufficiale, la Russel Trust Association, proprietaria della sede della confraternita. Dal nome significativo, The Tomb (la Tomba), un inquietante edificio assolutamente privo di finestre al numero 64 di High Street, a New Haven, nel Connecticut.
La trafila prevedeva un reclutamento annuale: quindici matricole di Yale da affiliare. Un corredo liturgico abbondantemente necrofilo, in un misto di satanismo da avanspettacolo e omosessualità latente. Il tutto con l'idea di creare un network mondiale di "ragazzi" in gamba. Visitare cimiteri e profanare tombe era una missione e un'attrazione irresistibile. E Goyathlay finì nella rete di questo gruppo di invasati eccellenti.
Il nome gutturale sta per "colui che sbadiglia". Forse il piccolo Geronimo, figlio di un pellerossa senza attribuzioni, non aveva preso troppo sul serio quella faccenda della nascita, sia pure in mezzo alla valorosa nazione Apache, a No-Doyohn, odierna Arizona, poca distanza dalle sorgenti del fiume Gila. Doveva mostrare a chiare lettere, spalancando e richiudendo la giovane bocca, la propria indifferenza. Così la mamma decise di registrare, attraverso l'anagrafe dei suoni, la disincantata attitudine del neonato. Che, comunque, tra uno sbadiglio e un altro, a otto anni già si occupava di caccia, a diciassette veniva cooptato nel consiglio dei guerrieri, e intanto coronava il suo sogno d'amore impalmando la giovane Alope, che avrebbe messo al mondo tre figli.
Ci penserà l'uomo bianco, sempre avido di fregare qualcosa agli altri, a scuoterlo dalla sua proclamata inerzia. Aveva circa trent'anni quando i soldati messicani penetrarono nel suo villaggio. Lui era assente, chiamato altrove da alcune trattative commerciali. Al ritorno trovò una di quelle scene raccapriccianti che propongono i film western dalla parte degli indiani. Devastato il villaggio, un ammasso di rovine fumanti. La madre, Alope e i tre piccoli trucidati. Ce n'era abbastanza per uscire dal torpore.
Goyathlay smise di sbadigliare. E rese insonni, per quanto poteva, con mezzi e uomini limitati, le notti degli uomini bianchi, pronti a rimangiarsi parole e a calpestare patti, con l'unico intento di arraffare. Il giovane Apache entrò in una banda e prese parte ad una accanita guerriglia contro un invasore tanto potente quanto spietato. Che si era già macchiato di numerosi eccidi, con i Lakota, i Cheyenne e con quante tribù capitavano a tiro di cannone.
Implacabile, Goyathlay. Quando incontrò gli odiati messicani sfidò la morte per placare la sete di vendetta. Durò quasi due ore il primo scontro. Pochi messicani sopravvissero per raccontarlo. E il giovane guerriero fu proclamato senz'altro capo. La guerra proseguì per oltre vent'anni. Geronimo, nome che gli avevano affibbiato i messicani, guidava razzie sul territorio messicano, crudele, inflessibile. Si alleò con Mangas Coloradas e Cochise. Sulle sue orme si era lanciato il colonnello Crook. Per qualche tempo Geronimo si adattò a vivere nella riserva. Morto Cochise, di fronte a una situazione insostenibile di diritti calpestati e violazioni, imboccò ancora una volta l'unica strada possibile per non vedere umiliata la propria dignità, quella delle armi.
Tornò a combattere americani e messicani. Con un pugno di uomini irriducibili. Fu aggirato, nel 1877, dall'agente della riserva di San Carlos, John Cium, che gli aveva assicurato di portarlo ad una trattativa. In realtà venne disarmato e spedito in prigione. Da cui uscì dopo quattro mesi. Con un'altra pattuglia di disperati, nel 1881 si rifugiava in Messico. L'anno successivo tornava a seminare il terrore negli Stati Uniti. Incursioni, rapide fughe, stratagemmi anche geniali di strateghi naturali. Capaci, come Loco, di aggirare e tener poi impegnato per ore un contingente di quattrocento uomini.
Goyathlay era diventato una spina nel fianco del governo statunitense. Che inopinatamente decise di affidare la partita a Crook, nel frattempo promosso generale. Non aveva certo brillato, Crook, nella campagna contro Sioux e e Cheyenne. Forse per questo pensò di giocare la carta della trattativa con quel Geronimo che definiva una "tigre in veste d'uomo". Tra i due si stabilì un'intesa; al capo Apache piaceva la ruvida onestà di Crook. Accettò quindi di tornare nella riserva di San Carlos con trecentocinquanta apache e i grandi capi Loco, Nana e Mangas Coloradas.
Ai bianchi, però, quella soluzione non andava giù. Il potere dei media era notevole anche nel diciannovesimo secolo. Si scatenò una virulenta campagna di stampa, che vedeva sul banco degli accusati il "morbido" Crook, colpevole di essersi fatto abbindolare dal demoniaco Goyathlay, di cui si chiedeva senz'altro la morte. Ancora una volta Geronimo e i suoi abbandonarono la riserva. Ancora una volta misero a dura prova le nutrite ed equipaggiatissime truppe messicane ed americane. Ancora una volta il moderato Crook riuscì a convincerlo: due anni di carcere in Florida, poi il ritorno alla riserva; questa la promessa con cui lo attirò.
Non aveva fatto i conti con l'incessante campagna d'odio. La sua parola venne sconfessata dal generale Sheridan, suo superiore. Geronimo riuscì a rendersi di nuovo uccel di bosco e Crook, a malpartito, dovette cedere il passo a Nelson Miles. Con una trentina di guerrieri, Goyathlay resistette fin quando gli fu possibile. Poi, circondato, fu costretto ad arrendersi a Miles. Era l'agosto 1886. Lo attendeva la prigione di Fort Pickens, in Florida. Otto anni di inferno e umiliazioni per tutti gli apache, separati dalle loro famiglie, recluse a Fort Marion. Otto anni dopo Geronimo arriva a Fort Sill. Dove dettò la propria biografia all'apache Asa Daklugie, tradotta poi da un ispettore scolastico e pubblicata fra mille imbarazzi. E qui moriva il 17 febbraio 1909.
Ma la storia proseguiva. Con i seguaci di Skull & bones che violano la tomba e portano via il teschio, delle briglie d'argento e pezzi di staffa. Tra questi Prescott. Il nipote, George W. Bush, futuro presidente degli Usa, si sarebbe iscritto anche lui alla setta. Il teschio, feticcio della confraternita, racchiuso in una teca di vetro passerà di mano in mano. Anni fa il fratello dell'ex presidente, Jonathan Bush, incontrò alcuni discendenti degli apache cui tentò di rifilare un teschio, con ogni probabilità falso. La petizione degli eredi di Goyathlay, "inorriditi", ha raccolto più di ottomila adesioni. Ma il mistero resta.
E c'è da pensare che non si risolverà. «Davvero il nonno di Bush rubò il teschio di Geronimo per la sua confraternita?», si chiede un annoiato Roland Hedley. E informa: «Varie ricerche su blog e social network non sono riuscite a dare prove significative». E' così. E quando gli viene proposto di fare un'inchiesta, ribatte seccato: «Come ai vecchi tempi? Per favore, è roba da giornali».


venerdì 17 aprile 2009

Berlusconi... è solo propaganda. E la propaganda è bugiarda‏

Ricostruzione: un film
già visto

di Davide Pelanda
«Berlusconi in lacrime: non vi abbandoneremo... È stata una lunga notte quella del premier, arrivato in Molise alle dieci di sera e ripartito alle due del mattino, dopo aver visitato anche gli ospedali di Larino e Termoli: “Su che ce la fate a uscire presto di qui, vi vedo in gamba”, ha detto a quelli che stavano meglio»
(«Corriere della Sera», San Giuliano di Puglia, 2 novembre 2002).

«San Giuliano, case nuove per 500 persone. Consegnati i prefabbricati di legno. Berlusconi: sono provvisori, entro sei mesi partirà la ricostruzione.. Il premier ha ringraziato Corriere e Tg5 che hanno raccolto oltre 12 milioni di euro: “Sono orgoglioso di quello che lo Stato e la Protezione civile hanno saputo fare”. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non ha risparmiato i complimenti, ieri pomeriggio, durante l'inaugurazione del villaggio provvisorio, in prefabbricati di legno, che accoglie 146 nuclei familiari rimasti senza casa dopo il terremoto del 31 ottobre. Appena messo piede a terra, all'eliporto del nuovo villaggio, ha incontrato il presidente della Rcs Editori, Cesare Romiti, il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, e Vito Oliva, in rappresentanza del Tg5. Berlusconi ha ringraziato calorosamente per la raccolta di fondi organizzata dalle due testate giornalistiche, 'Un aiuto subito terremoto del Molise': “Con i 12 milioni di euro che avete messo a disposizione la Protezione civile ha potuto costruire il nuovo villaggio. Il governo ne ha aggiunti 5 e mezzo. Un grande successo nella collaborazione tra privato e pubblico”. Berlusconi, durante la visita del nuovo insediamento, si è assunto un preciso impegno: “Queste case sono comode, ma sono comunque provvisorie. Entro 6 mesi inizierà la ricostruzione di San Giuliano. La valutazione sismica del terreno è stata completata, entro pochi mesi si deciderà quali case ricostruire e quali aree destinare al verde”»...
(«Corriere della Sera», 29 marzo 2003).

«Gli abitanti ancora nei prefabbricati. Il comitato delle vittime: “Sarà un autunno caldo”. San Giuliano senza rinascita. Due anni dopo il sisma ferme ricostruzione e perizia sulla strage. “L'unica cosa positiva è che il villaggio provvisorio è fatto bene. Per il resto è stata la fiera delle promesse non mantenute. Quando è venuto Berlusconi, subito dopo il terremoto, ci ha detto che San Giuliano sarebbe stata ricostruita in due anni. Poi quando è tornato, a Natale del 2002, ha corretto: 'Due anni, dal momento in cui avremo in mano il progetto definitivo della ricostruzione'. Ma il presidente della regione Molise, Michele Iorio, nominato commissario per la ricostruzione, ha fatto approvare il progetto soltanto nel luglio scorso. Per di più in tutto questo tempo non sono state completate le demolizioni.. Ci sono ancora 20 case da abbattere. In un anno nessuno ha fatto niente. Ci sono ancora da rimuovere le macerie delle demolizioni completate nel giugno del 2003. Ma le rimozioni, guarda caso, sono iniziate solo dieci giorni fa, quando è stata annunciata la visita del presidente del Consiglio”... Per quanto riguarda i tempi della ricostruzione, siamo allo scaricabarile. Luigi Barbieri, il nuovo sindaco di San Giuliano, eletto nel giugno scorso, elenca gli errori del suo predecessore e le responsabilità del presidente Iorio: “Come commissario delegato, doveva predisporre il piano di ricostruzione d'intesa col comune. Ha nominato due tecnici che dovevano seguire il piano. Quando questi sono entrati in conflitto con i tecnici del comune e si sono dimessi, lui non li ha sostituiti”. Tranquillo il commissario delegato per la ricostruzione, Michele Iorio: “Sono tempi che potrebbero apparire eccessivi - osserva - ma non credo di poter dire che ci sia stato un ritardo”...»
(«Corriere della Sera», 30 ottobre 2004).

«San Giuliano, a tutti i soldi delle collette. La decisione contro il parere della Protezione civile. Assegnata anche un'una tantum di 1.000 euro ai parenti dei defunti negli ultimi 3 anni. Il sindaco distribuisce fondi. E chi non ha subìto danni li usa per auto e viaggi. Lunedì il terzo anniversario dal sisma. Nel 2007 la fine dei lavori di ricostruzione della scuola... “Provo mortificazione e disgusto per tale obbrobriosa decisione...”. A Carmela Ferrante, che si sente morta ormai da tre anni, da quando il terremoto schiacciò la scuola di San Giuliano e la vita della sua bambina più grande, a Carmela l'unica parola che viene è quella: mortificata. Un'altra volta. “Spartire i soldi in questo modo è irrispettoso. Che cosa resta della solidarietà che tutto il mondo ci ha dimostrato? Nulla. Un pugno di mosche. È un insulto. Un'offesa alla memoria di chi non c'è più. È umiliante che diano un contributo uguale per tutti. Offensivo per me che ho perso una figlia. Imbarazzante per chi non ha avuto neanche un danno”. Il 31 ottobre 2002 si mosse il mondo, su San Giuliano. La scuola crollata. I 27 bambini e le loro maestre sotto. Le tv dal Canada e dal Giappone. Le sottoscrizioni, le collette, i vaglia, gli sms. Australiani commossi che ritagliavano dai giornali la foto d'un terremotato molisano, graffettavano cento dollari e sulla busta scrivevano: 'Please, dateli a lui...'. Tre anni dopo, le lacrime sono finite e i soldi anche. Se li sono spartiti. Nessuno l'ammette, tutti lo sanno: chi s'è fatto la macchina bella e chi il parquet nelle case popolari mai lesionate; chi s'è regalato l'hi-fi e chi la vacanza alle Maldive... Gli ultimi due milioni e mezzo di euro, gli aiuti spediti dal mondo intero 'senza vincolo di destinazione', il sindaco Luigi Barbieri li ha divisi così: 2.250 euro a testa. Come i pacchi di Pupo. Un ‘contributo simbolico’ a chiunque. Vecchi e neonati. Ricchi e poveri. Single e famiglie numerose. E siccome i soldi avanzavano ancora, che cosa ci si è inventati? Un bonus ai morti. Ma mica a quelli del sisma: quelli che, pace all'anima loro, se ne sono andati anche un mese fa. Mille euro una tantum, a chiunque dal 2002 a oggi abbia avuto in famiglia un lutto qualsiasi, la nonna presa dal coccolone o lo zio malato. L'Enalotto del terremoto non ha ridato sorrisi. Tre anni dopo, San Giuliano è un paese distrutto. Non solo nei muri. Il marito di Carmela, che è poi l'ex sindaco Antonio Borrelli, a gennaio sarà processato per omicidio e disastro colposi, assieme a progettisti e costruttori della scuola: il suo bambino viene insultato in strada, 'figlio d'un assassino', i fiori sulla tomba della figlia morta li strappano e li buttano via. Sono cominciati i lavori di ricostruzione, i cantieri hanno l'ordine d'assumere i terremotati, “abbiamo fatto mille solleciti - si stupisce Massimiliano Di Pietro Paolo, direttore degli appalti per la chiesa -, ma nessun operaio è della zona: qua litigano e basta”. L'ultima, è la lite sui soldi. Benedetti dal sindaco Barbieri, che ci ha fatto la campagna elettorale. Maledetti da qualcun altro... Il primo a non starci, e per iscritto, è il capo della Protezione civile Guido Bertolaso: quando il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (febbraio 2005) autorizzò il sindaco a utilizzare i 'fondi non vincolati', quando si capì che a San Giuliano quei soldi non li avrebbero impiegati in opere, Bertolaso (10 marzo 2005) suggerì d'evitare almeno il bonus ai morti di morte naturale. Il parroco, le vittime, il tecnico: voci inascoltate. A San Giuliano hanno acchiappato, poco e subito, e oggi sono sempre tutti lì, nel villaggio prefabbricato, fra rancori e rimpianti, ad aspettare una scuola nuova che ancora non c'è, le case nuove che non si vedono. Data fine lavori: 2007 (forse). Lunedì, terzo anniversario, si piangeranno i bambini morti. Il presidente Ciampi s'era inchinato alla loro memoria con 27 medaglie d'oro. Ma le onorificenze stanno ancora in un cassetto: tre anni dopo, al contrario dei soldi, nessuno ha fretta di consegnarle»
(Francesco Battistini, «Corriere della Sera», 28 ottobre 2005).

«New L'Aquila: una città tutta nuova in 24 mesi, al massimo in 28. La promessa di Silvio Berlusconi nel giorno del dramma abruzzese ha il fascino degli effetti speciali. Il presidente del Consiglio la chiama 'new town', termine britannico per indicare gli insediamenti satellite, ma che in italiano ha un grande modello concreto: Milano 2, la prima creatura del Cavaliere, l'inizio della sua epopea. Le frasi pronunciate dal premier a L'Aquila hanno però qualcosa di ‘déjà vu’: “Entro due anni gli abitanti riavranno le case”. Ricordate? Era lo choc di San Giuliano, il paesino del Molise dove il 31 ottobre 2002 il terremoto si era accanito contro la scuola uccidendo 27 bambini e la loro insegnante. Tre giorni dopo la strage, il premier convocò una conferenza stampa: “Mi sono intrattenuto con degli amici architetti per mettere a punto un'ipotesi di progetto per la costruzione di una nuova San Giuliano”. Anche allora il disegno era quello della new town, la città satellite: “Un quartiere pieno di verde con la separazione completa delle automobili dai percorsi per i pedoni e per le biciclette. Un progetto che potrebbe portare in 24 mesi a consegnare agli abitanti di San Giuliano dei nuovi appartamenti funzionali, innovativi, costruiti secondo le nuove tecniche della domotica”.. Non sembrava un'impresa difficile: nel paese colpito gli abitanti erano soltanto 1.163 e gli edifici poche centinaia. “Vorrei in questa occasione dare risposte con dei tempi assolutamente contenuti e certi”, ribadì il premier. E tutto il governo mostrava ottimismo, come sottolineò il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu davanti al Parlamento: “Il presidente del Consiglio ha assicurato che entro 24 mesi il comune verrà riconsegnato alla completa e normale fruibilità degli abitanti”. Ma sette anni dopo, la ricostruzione di San Giuliano è ancora lontana dalla fine. E di domotica, ossia di edifici 'intelligenti' ad altissima tecnologia, non se n'è vista proprio. Persino per completare la nuova scuola - questo sì un istituto d'avanguardia, definito 'il più antisismico d'Italia' - di anni ce ne sono voluti quasi sei. Berlusconi ha fatto in tempo a finire il governo, lasciare la poltrona a Romano Prodi e tornare a Palazzo Chigi: è stato lui a presenziarne l'inaugurazione nello scorso settembre. Come è lontano quell'autunno del 2002 quando il premier volò a San Giuliano con il suo architetto di fiducia, quel Giancarlo Ragazzi che è stato uno dei progettisti di Milano 2 nel lontano 1970 e che dieci anni dopo aveva replicato l'opera con Milano 3...»
(Gianluca Di Feo, «l'Espresso», 7 aprile 2009)

lunedì 13 aprile 2009

Berlusconi show in Abruzzo - Le lacrime del Caimano

Berlusconi show in Abruzzo




Le lacrime del Caimano
di Giulio Bailetti
L’Italia si sa è un Paese sismico, non voglio ripetere ora qui che noi italiani siamo di natura emotivi o sanguigni, voglio dire solo che da sempre da noi ci vengono molti terremoti. Le costruzioni dovrebbero quindi adeguarsi a questa situazione sismica e non viceversa, la situazione sismica adeguarsi alle nostre compiacenti costruzioni. Sì, sarebbe bello lo ammetto, questo sì. Però non succede sempre. Succede spesso, ma non sempre. Per molti anni le costruzioni stanno in piedi brillantemente, come se la nostra non fosse una zona segnata. Siamo stati furbi ancora una volta. Abbiamo speso molto meno e le case reggono lo stesso. Che fighi, mica come tutti quegli altri scemi.
Poi un giorno zac! Succede il quarantotto. Certo non sempre allo stesso posto e alle stesse persone. No, succede democraticamente per fortuna, una volta qua e una volta là e non troppo spesso, solo frequentemente. Anche la gente e le generazioni sono poi diverse e il ricordo non si tramanda sempre così limpido. Forse avere le palle significa anche saper insistere fino a che i terremoti si adeguino alle nostre costruzioni. Su questo credo che non ci piova.
Berlusconi al funerale ha pianto, un pianto di liberazione e in un certo senso di solidarietà. Infondo sarebbe anche potuto succedere a lui, di rimanere sotto una di queste costruzioni ( che sa benissimo come sono state fatte ), magari mentre il giorno prima in conferenza stampa parlava. Era stato infatti anche visibilmente molto teso, oltre che illogico e sgrammaticato. Per questo ai funerali poi ha pianto veramente. Senza contare che piangere in mondovisione è, diciamo così, almeno fotogenico, non come piangere privatamente, che non interessa a nessuno.
Un costruttore, anche se per ora in zone non troppo sismiche, che piange ai funerali dei terremotati, che significa? Se è solo per questo, si dice anche che i coccodrilli piangano, anche se io non ne ho mai visti, ma comunque non in mondovisione, soffrendo pure un po’, mentre digeriscono la loro preda. Forse avrà anche pensato che un giorno dovrà pure personalmente rispondere di certi crolli. Non è poi detto che ai nati con la camicia, questa rimanga per sempre bianca.
Noi italiani all’estero comunque, ci stiamo già preparando. Dobbiamo accogliere la prossima ondata di connazionali, prevalentemente da zone sismiche, ma non solo. Si tratta di trovargli case, lavoro e dignità. Noi cercheremo di non prenderli in giro.

Fermata con 8 chili di cocaina la segretaria della Lega

09 aprile 2009 - Erano di ritorno dal Brasile ma al posto dei souvenir sono rinetrati con 8 chili di cocaina nascosti in vaschette di carne per il "churrasco". Una coppia di italiani è stata fermata e poi arrestata all'aeroporto di Lugano in Svizzera per traffico internazionale di stupefacenti. Ma di stupefacente c'è anche che la donna fermata non è un'illustre sconosciuta. Anzi. Si tratta infatti, della segretaria del gruppo parlamentare della Lega Nord a Roma. La cocaina, come ha affermato il commissario capo dell’antidroga Armando Scano a LaRegioneTicino, sul mercato si sarebbe trasformata in 200mila dosi.
Fermati per un controllo - Durante la perquisizione delle valigie alle Guardie di Confine non sono sfuggite quelle vaschette avvolte in carta stagnola nascoste in mezzo ai vestiti che si trovavano nelle valigie. Le indagini sono affidate al Procuratore pubblico di Lugano Nicola Raspini. La coppia aveva raggiunto lo scalo svizzero con un volo proveniente da Zurigo. Non si esclude che abbiano scelto lo scalo ticinese sperando che i controlli fossero meno ferrei che non a Malpensa. Da capire se lo stupefacente fosse destinato al mercato italiano o a quello ticinese.

Terremoto e precariato

INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia): il 40% delle ricercatrici e dei ricercatori sono precari
L'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) è un ente pubblico di ricerca componente del Servizio Nazionale di Protezione Civile e svolge un ruolo fondamentale per la difesa delle popolazioni dai fenomeni naturali (compresi i terremoti). L’istituto opera con attività di monitoraggio sismico e vulcanico anche con turni che coprono anche le 24 ore e fornisce alla Protezione Civile servizio e consulenza utili per la riduzione del rischio sismico e vulcanico.
Circa 400 dipendenti dell’INGV - ormai da anni - siano precari. Si tratta di circa il 40% di tutto il personale dell’Istituto. Da tempo, le lavoratrici e i lavoratori dell’INGV sono in stato di mobilitazione per la gravissima incertezza che pesa sul loro futuro e, di conseguenza, su quello dell’Ente. Poche settimane fa, hanno scioperato e manifestato davanti alla sede del Dipartimento di Protezione civile a Roma (
http://precariatingv.wordpress.com/).
Pubblichiamo:
- la lettera del geofisico Enzo Boschi dell’INGV contro i tagli del governo all’Istituto;
- l’intervento del professor Calo Alberto Brunori (INGV): “Terremoti e precariato”


TERREMOTO: LETTERA INGV CONTRO TAGLI GOVERNO A ISTITUTO VULCANOLOGIA
Roma, 6 apr - Il geofisico Enzo Boschi, a capo dell'ente italiano che gestisce la rete di controllo sui fenomeni sismici e vulcanici, attraverso una lettera indirizzata al governo aveva lanciato l'allarme sulla carenza di risorse a cui l'istituto deve far fronte. Nel suo accorato appello il professore fa riferimento alla mancata stabilizzazione di tutti i precari idonei. Si parla di oltre 200 persone, su un totale di 357 unita' di personale precario, ''che ha contribuito fortemente ai risultati scientifici conseguiti dall'Istituto nei settori tradizionali di attivita'''. Tale situazione ''costringerebbe l'Istituto a rinunciare a unita' di personale sul cui impiego aveva commisurato i propri programmi di attivita''' percio' l'esperto di sismologia gia' nell'ottobre 2008 si era appellato ''alla sensibilita' degli organi di governo affinche' le disposizioni normative possano essere rivedute e si possa porre in essere quanto necessario per consentire all'Ingv di salvaguardare e poi, con la dovuta gradualita' e previa rigorosa verifica del possesso dei requisiti professionale, assorbire i propri lavoratori precari che costituiscono ormai uno strumento irrinunciabile per le attivita' dell'Ente e un patrimonio per il Paese''.

TERREMOTI E PRECARIATO
(9 marzo 2009
www.rinnovabili.it) - Carlo Alberto Brunori – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Centro Nazionale Terremoti
Trattando di eventi sismici o vulcanici e di ricerca scientifica necessaria alla conoscenza e mitigazione del loro impatto, non è possibile ignorare e non riportare il particolare stato di crisi che sta attraversando il “sistema ricerca” in generale e lo studio e monitoraggio dei fenomeni sismici e vulcanici nel particolare.
In Italia, lo studio e monitoraggio 24/24h dei terremoti e dei vulcani, realizzato in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile, è possibile, in gran parte, grazie al lavoro dei tecnici e ricercatori precari dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Per fare un esempio, la rete sismica del centro-sud d’Italia è mantenuta in funzione grazie all’attività della sede di Grottaminarda (AV), il cui personale, tecnici e ricercatori, è composto esclusivamente, da personale precario.
L’intero “sistema ricerca” nazionale, di cui tale servizio è parte, rischia lo stallo a causa delle politiche superficiali dei nostri governi. Se da una parte arrivano promesse di ottimizzazione del comparto pubblico, tra i quali gli enti di ricerca, università, etc., d’altra parte non emerge una volontà di investire di più e meglio nella ricerca. Infatti nella ricerca lo Stato Italiano continua a investire meno dell’1% del PIL, una percentuale lontanissima dalla media UE. Questa differenza stride ancor più quando, con la crisi economica ormai in atto, quasi tutti i paesi “occidentali” stanno scrivendo o hanno già scritto un “piano industriale” anti-crisi a lungo termine che include maggiori investimenti in ricerca!!
In questo momento i precari degli enti di ricerca in particolare, vivono alla giornata, aspettando che la loro situazione sia risolta. Si tratta di 30-40 enni altamente specializzati, tra i quali molti scienziati di fama internazionale. Per i quali lo Stato prevede la possibilità di essere assunti, ma senza un piano chiaro per il futuro.
L’INGV ad esempio, a tutt’oggi non ha una pianta organica tale da poter assorbire i precari. Si tratta del 40% circa della forza lavoro tra tecnici, amministrativi e ricercatori. Il numero elevato di personale a contratto è dovuto ad un blocco dei concorsi cominciato nel 2002. Questo squilibrio e la perdita dei precari che si profila, rischia di mettere in crisi la capacità dell’Ente nel poter di rispondere ai crescenti obblighi istituzionali di sorveglianza vulcanica, sismica, degli tsunami, delle emergenze geochimiche etc. Fino ad oggi l’INGV ha potuto e dovuto rispondere a questi obblighi dotandosi di personale assunto con varie forme contrattuali a termine.
Investire nella ricerca, ancor più durante una forte crisi dell’attuale modello economico, vuol dire fornire al paese, finalmente, solide basi per un piano industriale a breve, medio e lunghissimo termine.
Significa espandere, rinnovare e qualificare il mondo del lavoro. Significa mettersi finalmente al livello di quei paese che hanno investito in ricerca e sviluppo nel passato recente e che proprio per questo oggi sono in grado di mantenere il livello di impiego invece che navigare in balia delle onde della tempesta economica, gettando persone e quindi famiglie nel calderone dei cassaintegrati … quando va bene perché ai precari non spetta nemmeno la cassa integrazione. Non si tratta, dunque, di un qualsiasi capitolo di spesa dove operare tagli indiscriminati.
La Ricerca è un bene comune. Sono necessari anni per formare tecnici e ricercatori; le casse pubbliche investono per ogni persona, tra università, dottorato, etc., dai 500 ai 700mila euro. Privarsi delle migliori menti, per esigenze di cassa, – chiedendogli di fare “qualcos’altro” o, peggio, di “andarsene all’estero” – equivale a sperperare denaro pubblico e mettere una seria ipoteca sul futuro.

Milano, più vigili contro gli artisti di strada che per i controlli sulla sicurezza nei cantieri

Milano, i vigili multano la statua vivente. I passanti protestano e scatta la colletta.
Il 19enne, un romeno da due mesi in Italia, aveva cominciato a lavorare in anticipo e a qualche metro dalla porzione di strada assegnata dal Comune: si era spostato per ripararsi dal sole. L'episodio alle spalle del Duomo.

E’ mezzogiorno e mezzo, l’imperatore è immobile in corso Vittorio Emanuele. Arrivano tre vigili e gli chiedono l’autorizzazione. Il foglietto salta fuori da una tasca della tunica, ma i ghisa staccano un verbale da 100 euro. E’ tutto in regola: gli agenti contestano alla statua di avere cominciato a lavorare in anticipo, però, e di trovarsi a qualche metro di distanza dalla zolla di pavimento che gli è stata assegnata dal Comune. Comincia a formarsi il capannello dei curiosi, i passanti si informano. Parlano solo i vigili, l’imperatore sta in silenzio: un po’ perché è un mimo, e un po’ perché sotto il cerone c’è Leon, un ragazzo romeno di 19 anni che non parla bene italiano, arrivato a Milano da due mesi.
I vigili, di fronte alla piccola folla, cominciano a raccontare: «Questo non rispetta le regole, fa il furbo». Spiegano della mezz’o ra di sforamento sull’orario consentito e del fatto che, per non cuocere al sole, il ragazzo si sia spostato dall’altra parte della strada. La gente non ci sta. Attacca una signora in bicicletta: «Non ha fatto nulla, è un’ingiustizia». Poi una ragazza di neanche vent’anni: «Anziché multare le auto in doppia fila tampinate un mimo, che senso ha?». Un signore elegante, con una copia di Libero sottobraccio: «Capisco che non è colpa vostra, eseguite ordini, ma è brutto vedere questo accanimento contro un poveraccio». Leon sta lì, immobile. Butta l’occhio ogni tanto alla gazzarra che ha sollevato, suo malgrado. «Le statue pensano di fare quello che vogliono - cerca di spiegare un agente - anche per loro ci sono delle regole». Dalla folla qualcuno comincia a dare offerte al mimo. Monetine, ma anche biglietti da 5 euro, «almeno ci si paga la multa».
Arriva un quarto vigile in motocicletta, si unisce ai colleghi, il verbale passa di mano in mano. Una multa che Leon pagherà. «Lo hanno umiliato ma non è un ladro. Versa regolarmente i soldi per l’o ccupazione del suolo», dice un amico, connazionale e collega. Leon pagherà in nome del regolamento comunale sugli artisti di strada, votato nel 2000. Una serie di regole poco applicate fino al gennaio scorso, quando un ordine di servizio del comando dei vigili ha destinato ogni giorno 18 agenti al controllo dei permessi per madonnari, suonatori e uomini statuta. In tre mesi sono stati fatti 3mila accertamenti, ma i verbali staccati sono poco più di 30, quasi tutti a ritrattisti fuori posto.
Per Marco Radaelli, sindacalista di Cgil-Polizia locale, «i colleghi non hanno colpe e a loro va tutta la mia solidarietà. Ci si chieda però se per controllare gli artisti di strada abbia senso impiegare 18 uomini, più di quelli che verificano la sicurezza nei cantieri».


domenica 12 aprile 2009

Guzzanti show! Bertinotti

Ascoltate una feroce (e politicamente molto istruttiva) presa per il culo di Bertinotti.

Guzzanti show! Bertinotti


Guzzanti show! Bertinotti 2

Video: Sabina Guzzanti imita Berlusconi

Video 1


Video 2

Film: "Che - l'Argentino"

Dopo mesi di ritardi e slittamenti, è uscito finalmente nelle sale italiane, (distribuito da Bim) l'attesissimo film, Che-L'Argentino (titolo orginale: Che-Part One), prima parte del lungometraggio biografico, che il regista americano Steven Soderbergh, (Traffic, 2000) ha dedicato alla figura di Ernesto Guevara. A circa un anno di distanza dagli applausi commossi del Festival di Cannes, dove il film è stato presentato, e dove Benicio del Toro è stato premiato come miglior attore, il mito del Che torna a vivere sullo schermo.


sabato 11 aprile 2009

Risveglio al “campeggio”

Le reazioni raccolte nella tendopoli di Onna, all’indomani delle dichiarazioni rilasciate da Silvio Berlusconi alla televisione tedesca N TV: «Naturalmente è una situazione provvisoria, va presa come un fine settimana in campeggio». Servizio di Agostino Loffredi e Nadia Pietrafitta, riprese Federico Hermann, montaggio Beppe Blasi.

Berlusconi: Tendopoli come campeggio da fine settimana


Le reazioni

giovedì 9 aprile 2009

Berlusconi: sfollati, portatevi la crema. Sì agli aiuti. E Obama pensa alle chiese

di Alessandro Braga
«Sono ferie, godetevele». Poi la correzione sui fondi dall'estero
Ci è andato lunedì. Ci è ritornato ieri. E, giura, se ce ne sarà bisogno tornerà «tutti i giorni». Già oggi, fanno sapere fonti governative, il presidente del consiglio sarà di nuovo in Abruzzo.
Silvio Berlusconi anche ieri ha sorvolato in elicottero la regione devastata dalla fortissima scossa di terremoto di domenica notte. Una ricognizione aerea per rendersi conto dei danni al territorio. Prima di atterrare per una conferenza stampa a Coppito, frazione de L'Aquila. L'obiettivo mediatico, uno solo, e Berlusconi lo ripete per tutto il giorno, quasi a convincere anche se stesso: «Non vi lasceremo soli, il governo lavora per voi e la ricostruzione sarà rapida», è la promessa. In serata lo ribadisce, per l'ennesima volta: «I fondi saranno presto disponibili, costruiremo in tempi rapidi ma, soprattutto, in tempi certi». E la ricostruzione «sarà direttamente sotto la responsabilità della presidenza del consiglio». Insomma, non preoccupatevi, che a voi ci penso io, proprio io. Voi, la gente, prima di tutto. People first era lo slogan del G20 di Londra dello scorso venerdì. Berlusconi lo fa suo: «Mi assumo la responsabilità di garantire che non sarete lasciati soli - dice agli sfollati nelle tendopoli che ha visitato - e soprattutto che i lavori saranno fatti». Con quali soldi, ancora non si sa. Di certo al momento ci sono solo i 30 milioni stanziati lunedì per le operazioni urgenti. Contro il miliardo e trecento milioni di euro che, per stessa ammissione del ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, servirebbero per «la ricostruzione delle abitazioni civili». Ma per le risorse «strutturali», bisognerà aspettare il consiglio dei ministri di domani, dove si dovrebbero quantificare gli interventi. E anche altri strumenti per aiutare le popolazioni: il ministro Sacconi ha fatto sapere che saranno prorogate le scadenze fiscali per gli abitanti delle zone colpite e che gli ammortizzatori sociali verranno allargati anche ai lavoratori autonomi abruzzesi. I soldi, però, non verranno presi da quelli per la costruzione del ponte sullo Stretto: «La consideriamo un'opera prioritaria - ha detto il premier - quindi lo manderemo avanti nei tempi previsti».
In mezzo agli sfollati, il premier non riesce a trattenersi, e si lascia sfuggire pure una battuta delle sue: «È pasqua, c'è il sole, prendetevi un periodo di vacanza che paghiamo noi». Del resto ci sono gli alberghi, e i «turisti» saranno «serviti e riveriti». E consiglia anche di «portarsi la crema solare». Poi, fa appello all'italico orgoglio per dire no agli aiuti che immediatamente i paesi stranieri si sono offerti di dare al nostro paese: «Ringraziamo i paesi stranieri per la loro solidarietà ma invitiamo a non inviare qui i loro aiuti. Siamo in grado di rispondere da soli alle esigenze, siamo un popolo fiero e di benessere». Il leader del Partito democratico Dario Franceschini, pur non volendo polemizzare, invita invece il premier ad «accettare quegli aiuti». E in serata Berlusconi corregge. Prima arriva la conferma che l'Italia ha chiesto ufficialmente di poter accedere al fondo di solidarietà dell'Unione europea per le catastrofi naturali. Poi il premier annuncia che gli aiuti stranieri «saranno utili per la ricostruzione». Anche perché nel pomeriggio aveva ricevuto una telefonata dal presidente statunitense Barack Obama che offriva il suo aiuto al «paese amico» e, dopo la foto sorridente della scorsa settimana al G20 di Londra, il presidente del consiglio non avrebbe potuto dire di no. Ma a una condizione che, dice Berlusconi, «verrà discussa tra lui e Obama a Washington»: che gli Stati Uniti si prendano la responsabilità della ricostruzione dei beni culturali e delle chiese. Non aiuti indifferenziati insomma, ma una sorta di «adozione mirata». Che, per il resto, basta lui.

mercoledì 8 aprile 2009

Il governo cancella di fretta l'articolo del Piano Casa sulla deregolamentazione antisismica

Come ci insegna Naomi Klein nel libro "Shock Economy" sui fenomeni di propaganda e speculazione del dopo-Katrina, le tragedie sono territorio predatorio per governi e imprese nell'ottica del profitto e del consenso. Insieme agli aiuti e alla solidarietà ci deve essere un monitoraggio politico permanente contro la seconda ondata di sciacalli
Intanto i facili entusiasmi sul piano casa sono già finiti e presto finiranno anche quelli sul nucleare. Non esiste una politica del NO a tutti i costi come vogliono far credere per screditare i movimenti ambientalisti e di difesa del territorio, ma esiste una politica della razionalità, della salute e dell'equilibrio ambientale che è di gran lunga superiore a quella del profitto e della crescita a prescindere da tutto.

Ecco un paragrafo di un articolo apparso oggi su Il Corriere della Sera:
Evviva. Ci sono voluti i lutti di Onna e la distruzione dell’Aquila
e quelle file di bare allineate, però, per cambiare il testo originale dato alle Regioni solo una setti­mana fa. Dove l’articolo 6, precipitosa­mente soppresso dopo il cataclisma abruzzese, era intitolato «Semplificazioni in materia antisismica». Meglio tardi che mai. Purché fra una settimana, un mese, un anno, non torni tutto come prima. C’è un Galiani che for­se Berlusconi non conosce. Si chiamava Ferdinando e non Adria­no, aveva una «elle» sola, vestiva l’abito da abate ed era un dotto economista. Dis­se: «Molte volte le calamità distruggono le nazioni senza risorgimento, ma talvol­ta sono principio di risorgimento e di riordinamento di esse. Tutto dipende da come si ristorano». Sarà il caso di ricor­darlo.
Gian Antonio Stella 08 aprile 2009
L'articolo completo
Link: La morale del cemento
Il terremoto come pretesto per un nuovo scudo fiscale
Vuoi far fruttare i capitali occultati all'estero facendoli tornare in Italia? Tremonti e il terremoto dell'Abruzzo te ne danno l'occasione. Con tanto di decreto legge.
la fonte
Scudo fiscale per la ricostruzione (MF)
(Teleborsa) - Roma, 8 apr - Il Governo avrebbe iniziato a lavorare a una riedizione dello scudo fiscale 2001-2002 per trovare i fondi necessari a pagare i danni del terremoto dell'Abruzzo. A scriverlo è il quotidiano MF, citando il giornale 'Italia Oggi' in edicola oggi. Per la ricostruzione, spiega il quotidiano MF, servono secondo le prime stime fra i 5 e i 10 miliardi di euro, che potrebbero essere reperiti con una tassazione al 10% dei capitali all'estero. "Il Tesoro, in realtà, starebbe addirittura pensando a due differenti aliquote per il nuovo Scudo. La prima, la più elevata, per chi decidesse di far emergere i propri capitali all'estero lasciandoli però in giacenza presso le banche dei paesi stranieri. Una seconda aliquota, questa volta più bassa, sarebbe invece riservata a chi decidesse di riportare alla luce del sole i soldi occultati nei paradisi ritrasferendoli anche in Italia". "il nuovo Scudo, prosegue l'articolo di MF, potrebbe essere proposto con un decreto legge (in questo caso l'urgenza sarebbe determinata proprio dal terremoto) già nel prossimo consiglio dei ministri convocato per domani.

Indovinate da chi è stato costruito il nuovo ospedale dell'Aquila venuto giù come fosse di cartapesta?

Impregilo!
Si, sempre lei (l'azienda di Caltagirone, suocero del segretario UDC Casini)
La stessa che ha causato l'emergenza rifiuti a Napoli.
La stessa che è riuscita a incrementare esponenazialmente le spese per i lavori della TAV con i quali ha causato danni ambientali enormi. (Vedi: Video delle Iene)
La stessa che lavora sulla Salerno-Reggio Calabria e proprio in questi giorni ha chiesto e ottenuto un prolungamento della consegna dei lavori di altri tre anni, ottenendo ovviamente altri fondi. (Leggi la notizia)
La stessa che ha vinto l'appalto per la costruzione del Ponte di Messina.La stessa che dovrà costruire sul nostro territorio le centrali nucleari.
La stessa i cui vertici sono stati indagati a tutto spiano.
E' l'Impregilo che ha costruito l'ospedale San Salvatore dell'Aquila caduto come se fosse di cartapesta. (Link)
Chi diavolo è questa società dell'enorme potere che sta devastando la nostra terra?
Anche questa volta nessuno parlerà di lei? Anche questa volta la passerà liscia?
Altre fonti:
Basta andare sul sito dell'Impregilo e ricercare "Ospedale" per leggere. In questo settore IMPREGILO ha realizzato sia in Italia che all’estero importanti e moderni complessi ospedalieri che vengono di seguito dettagliati.
In Italia
• Ospedale di Lecco: 137.000 m2, 500.000 m3, 950 posti letto, 21 camere operatorie.
• Istituto Oncologico Europeo di Milano, struttura specialistica all’avanguardia per la diagnosi e cura dei tumori: 29.000 m2, 90.000 m3, 210 posti letto, 7 camere operatorie.
• Ospedale di Modena: 230.000 m2, 445.000 m3, 800 posti letto, 12 camere operatorie.
• Ospedale di Careggi, specialistico per la diagnosi e cura delle infezioni da HIV.
• Ospedale di Poggibonsi: 12.000 m2, 175.000 m3, 200 posti letto.
• Ospedale di Viareggio: 80.000 m2, 600 posti letto.
• Ospedale Destra Secchia: 28.000 m2, 450 posti letto.
Inoltre, ospedali a L’Aquila, Cerignola e Menaggio.
Oppure ricercare direttamente "San Salvatore" per leggere:
Tra le acquisizioni effettuate giova ricordare:Autopista Oriente Poniente (Cile), RSU Campania, Rio Chillon (Perù), Ospedale St. David’s (Inghilterra), Chattahoochee tunnel e Laboratorio Fermi (Stati Uniti), Strada Ebocha-Ndoni (Nigeria), Ospedale San Salvatore (L’Aquila) e ristrutturazione Hyatt Hotel (Milano)