INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia): il 40% delle ricercatrici e dei ricercatori sono precari
L'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) è un ente pubblico di ricerca componente del Servizio Nazionale di Protezione Civile e svolge un ruolo fondamentale per la difesa delle popolazioni dai fenomeni naturali (compresi i terremoti). L’istituto opera con attività di monitoraggio sismico e vulcanico anche con turni che coprono anche le 24 ore e fornisce alla Protezione Civile servizio e consulenza utili per la riduzione del rischio sismico e vulcanico.
Circa 400 dipendenti dell’INGV - ormai da anni - siano precari. Si tratta di circa il 40% di tutto il personale dell’Istituto. Da tempo, le lavoratrici e i lavoratori dell’INGV sono in stato di mobilitazione per la gravissima incertezza che pesa sul loro futuro e, di conseguenza, su quello dell’Ente. Poche settimane fa, hanno scioperato e manifestato davanti alla sede del Dipartimento di Protezione civile a Roma (http://precariatingv.wordpress.com/).
Pubblichiamo:
- la lettera del geofisico Enzo Boschi dell’INGV contro i tagli del governo all’Istituto;
- l’intervento del professor Calo Alberto Brunori (INGV): “Terremoti e precariato”
TERREMOTO: LETTERA INGV CONTRO TAGLI GOVERNO A ISTITUTO VULCANOLOGIA
Roma, 6 apr - Il geofisico Enzo Boschi, a capo dell'ente italiano che gestisce la rete di controllo sui fenomeni sismici e vulcanici, attraverso una lettera indirizzata al governo aveva lanciato l'allarme sulla carenza di risorse a cui l'istituto deve far fronte. Nel suo accorato appello il professore fa riferimento alla mancata stabilizzazione di tutti i precari idonei. Si parla di oltre 200 persone, su un totale di 357 unita' di personale precario, ''che ha contribuito fortemente ai risultati scientifici conseguiti dall'Istituto nei settori tradizionali di attivita'''. Tale situazione ''costringerebbe l'Istituto a rinunciare a unita' di personale sul cui impiego aveva commisurato i propri programmi di attivita''' percio' l'esperto di sismologia gia' nell'ottobre 2008 si era appellato ''alla sensibilita' degli organi di governo affinche' le disposizioni normative possano essere rivedute e si possa porre in essere quanto necessario per consentire all'Ingv di salvaguardare e poi, con la dovuta gradualita' e previa rigorosa verifica del possesso dei requisiti professionale, assorbire i propri lavoratori precari che costituiscono ormai uno strumento irrinunciabile per le attivita' dell'Ente e un patrimonio per il Paese''.
TERREMOTI E PRECARIATO
(9 marzo 2009 www.rinnovabili.it) - Carlo Alberto Brunori – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Centro Nazionale Terremoti
Trattando di eventi sismici o vulcanici e di ricerca scientifica necessaria alla conoscenza e mitigazione del loro impatto, non è possibile ignorare e non riportare il particolare stato di crisi che sta attraversando il “sistema ricerca” in generale e lo studio e monitoraggio dei fenomeni sismici e vulcanici nel particolare.
In Italia, lo studio e monitoraggio 24/24h dei terremoti e dei vulcani, realizzato in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile, è possibile, in gran parte, grazie al lavoro dei tecnici e ricercatori precari dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Per fare un esempio, la rete sismica del centro-sud d’Italia è mantenuta in funzione grazie all’attività della sede di Grottaminarda (AV), il cui personale, tecnici e ricercatori, è composto esclusivamente, da personale precario.
L’intero “sistema ricerca” nazionale, di cui tale servizio è parte, rischia lo stallo a causa delle politiche superficiali dei nostri governi. Se da una parte arrivano promesse di ottimizzazione del comparto pubblico, tra i quali gli enti di ricerca, università, etc., d’altra parte non emerge una volontà di investire di più e meglio nella ricerca. Infatti nella ricerca lo Stato Italiano continua a investire meno dell’1% del PIL, una percentuale lontanissima dalla media UE. Questa differenza stride ancor più quando, con la crisi economica ormai in atto, quasi tutti i paesi “occidentali” stanno scrivendo o hanno già scritto un “piano industriale” anti-crisi a lungo termine che include maggiori investimenti in ricerca!!
In questo momento i precari degli enti di ricerca in particolare, vivono alla giornata, aspettando che la loro situazione sia risolta. Si tratta di 30-40 enni altamente specializzati, tra i quali molti scienziati di fama internazionale. Per i quali lo Stato prevede la possibilità di essere assunti, ma senza un piano chiaro per il futuro.
L’INGV ad esempio, a tutt’oggi non ha una pianta organica tale da poter assorbire i precari. Si tratta del 40% circa della forza lavoro tra tecnici, amministrativi e ricercatori. Il numero elevato di personale a contratto è dovuto ad un blocco dei concorsi cominciato nel 2002. Questo squilibrio e la perdita dei precari che si profila, rischia di mettere in crisi la capacità dell’Ente nel poter di rispondere ai crescenti obblighi istituzionali di sorveglianza vulcanica, sismica, degli tsunami, delle emergenze geochimiche etc. Fino ad oggi l’INGV ha potuto e dovuto rispondere a questi obblighi dotandosi di personale assunto con varie forme contrattuali a termine.
Investire nella ricerca, ancor più durante una forte crisi dell’attuale modello economico, vuol dire fornire al paese, finalmente, solide basi per un piano industriale a breve, medio e lunghissimo termine.
Significa espandere, rinnovare e qualificare il mondo del lavoro. Significa mettersi finalmente al livello di quei paese che hanno investito in ricerca e sviluppo nel passato recente e che proprio per questo oggi sono in grado di mantenere il livello di impiego invece che navigare in balia delle onde della tempesta economica, gettando persone e quindi famiglie nel calderone dei cassaintegrati … quando va bene perché ai precari non spetta nemmeno la cassa integrazione. Non si tratta, dunque, di un qualsiasi capitolo di spesa dove operare tagli indiscriminati.
La Ricerca è un bene comune. Sono necessari anni per formare tecnici e ricercatori; le casse pubbliche investono per ogni persona, tra università, dottorato, etc., dai 500 ai 700mila euro. Privarsi delle migliori menti, per esigenze di cassa, – chiedendogli di fare “qualcos’altro” o, peggio, di “andarsene all’estero” – equivale a sperperare denaro pubblico e mettere una seria ipoteca sul futuro.
L'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) è un ente pubblico di ricerca componente del Servizio Nazionale di Protezione Civile e svolge un ruolo fondamentale per la difesa delle popolazioni dai fenomeni naturali (compresi i terremoti). L’istituto opera con attività di monitoraggio sismico e vulcanico anche con turni che coprono anche le 24 ore e fornisce alla Protezione Civile servizio e consulenza utili per la riduzione del rischio sismico e vulcanico.
Circa 400 dipendenti dell’INGV - ormai da anni - siano precari. Si tratta di circa il 40% di tutto il personale dell’Istituto. Da tempo, le lavoratrici e i lavoratori dell’INGV sono in stato di mobilitazione per la gravissima incertezza che pesa sul loro futuro e, di conseguenza, su quello dell’Ente. Poche settimane fa, hanno scioperato e manifestato davanti alla sede del Dipartimento di Protezione civile a Roma (http://precariatingv.wordpress.com/).
Pubblichiamo:
- la lettera del geofisico Enzo Boschi dell’INGV contro i tagli del governo all’Istituto;
- l’intervento del professor Calo Alberto Brunori (INGV): “Terremoti e precariato”
TERREMOTO: LETTERA INGV CONTRO TAGLI GOVERNO A ISTITUTO VULCANOLOGIA
Roma, 6 apr - Il geofisico Enzo Boschi, a capo dell'ente italiano che gestisce la rete di controllo sui fenomeni sismici e vulcanici, attraverso una lettera indirizzata al governo aveva lanciato l'allarme sulla carenza di risorse a cui l'istituto deve far fronte. Nel suo accorato appello il professore fa riferimento alla mancata stabilizzazione di tutti i precari idonei. Si parla di oltre 200 persone, su un totale di 357 unita' di personale precario, ''che ha contribuito fortemente ai risultati scientifici conseguiti dall'Istituto nei settori tradizionali di attivita'''. Tale situazione ''costringerebbe l'Istituto a rinunciare a unita' di personale sul cui impiego aveva commisurato i propri programmi di attivita''' percio' l'esperto di sismologia gia' nell'ottobre 2008 si era appellato ''alla sensibilita' degli organi di governo affinche' le disposizioni normative possano essere rivedute e si possa porre in essere quanto necessario per consentire all'Ingv di salvaguardare e poi, con la dovuta gradualita' e previa rigorosa verifica del possesso dei requisiti professionale, assorbire i propri lavoratori precari che costituiscono ormai uno strumento irrinunciabile per le attivita' dell'Ente e un patrimonio per il Paese''.
TERREMOTI E PRECARIATO
(9 marzo 2009 www.rinnovabili.it) - Carlo Alberto Brunori – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Centro Nazionale Terremoti
Trattando di eventi sismici o vulcanici e di ricerca scientifica necessaria alla conoscenza e mitigazione del loro impatto, non è possibile ignorare e non riportare il particolare stato di crisi che sta attraversando il “sistema ricerca” in generale e lo studio e monitoraggio dei fenomeni sismici e vulcanici nel particolare.
In Italia, lo studio e monitoraggio 24/24h dei terremoti e dei vulcani, realizzato in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile, è possibile, in gran parte, grazie al lavoro dei tecnici e ricercatori precari dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Per fare un esempio, la rete sismica del centro-sud d’Italia è mantenuta in funzione grazie all’attività della sede di Grottaminarda (AV), il cui personale, tecnici e ricercatori, è composto esclusivamente, da personale precario.
L’intero “sistema ricerca” nazionale, di cui tale servizio è parte, rischia lo stallo a causa delle politiche superficiali dei nostri governi. Se da una parte arrivano promesse di ottimizzazione del comparto pubblico, tra i quali gli enti di ricerca, università, etc., d’altra parte non emerge una volontà di investire di più e meglio nella ricerca. Infatti nella ricerca lo Stato Italiano continua a investire meno dell’1% del PIL, una percentuale lontanissima dalla media UE. Questa differenza stride ancor più quando, con la crisi economica ormai in atto, quasi tutti i paesi “occidentali” stanno scrivendo o hanno già scritto un “piano industriale” anti-crisi a lungo termine che include maggiori investimenti in ricerca!!
In questo momento i precari degli enti di ricerca in particolare, vivono alla giornata, aspettando che la loro situazione sia risolta. Si tratta di 30-40 enni altamente specializzati, tra i quali molti scienziati di fama internazionale. Per i quali lo Stato prevede la possibilità di essere assunti, ma senza un piano chiaro per il futuro.
L’INGV ad esempio, a tutt’oggi non ha una pianta organica tale da poter assorbire i precari. Si tratta del 40% circa della forza lavoro tra tecnici, amministrativi e ricercatori. Il numero elevato di personale a contratto è dovuto ad un blocco dei concorsi cominciato nel 2002. Questo squilibrio e la perdita dei precari che si profila, rischia di mettere in crisi la capacità dell’Ente nel poter di rispondere ai crescenti obblighi istituzionali di sorveglianza vulcanica, sismica, degli tsunami, delle emergenze geochimiche etc. Fino ad oggi l’INGV ha potuto e dovuto rispondere a questi obblighi dotandosi di personale assunto con varie forme contrattuali a termine.
Investire nella ricerca, ancor più durante una forte crisi dell’attuale modello economico, vuol dire fornire al paese, finalmente, solide basi per un piano industriale a breve, medio e lunghissimo termine.
Significa espandere, rinnovare e qualificare il mondo del lavoro. Significa mettersi finalmente al livello di quei paese che hanno investito in ricerca e sviluppo nel passato recente e che proprio per questo oggi sono in grado di mantenere il livello di impiego invece che navigare in balia delle onde della tempesta economica, gettando persone e quindi famiglie nel calderone dei cassaintegrati … quando va bene perché ai precari non spetta nemmeno la cassa integrazione. Non si tratta, dunque, di un qualsiasi capitolo di spesa dove operare tagli indiscriminati.
La Ricerca è un bene comune. Sono necessari anni per formare tecnici e ricercatori; le casse pubbliche investono per ogni persona, tra università, dottorato, etc., dai 500 ai 700mila euro. Privarsi delle migliori menti, per esigenze di cassa, – chiedendogli di fare “qualcos’altro” o, peggio, di “andarsene all’estero” – equivale a sperperare denaro pubblico e mettere una seria ipoteca sul futuro.
Nessun commento:
Posta un commento