Sbaglia chi pensa che “Sinistra e Libertà”, la nuova formazione di Vendola-Fava-Mussi-Nencini-Francescato, sia una riproposizione tardiva dell’Arcobaleno di un anno fa e che, perciò, possa essere presa sottogamba. Contrariamente all’Arcobaleno, “Sinistra e Libertà” non nasce come cartello ma come progetto politico che, nel giro di qualche mese, più probabilmente dopo l’estate, porterà alla luce di un nuovo, l’ennesimo dal punto di vista storico, partito riformista.
In aggiunta, diventa assai probabile, vista l’estrema instabilità del Partito Democratico e la farraginosità del suo dibattito interno soprattutto in materia di rispetto dei diritti civili, che “Sinistra e Libertà” possa rafforzarsi con l’aggiunta, anche indotta, di qualche burocrate pd-dissidente o finto tale. Il tutto sotto la guida spirituale carsica dell’ayatollah Massimo D’Alema.
Nel frattempo, alcuni giornalisti asserviti al progetto della nuova combriccola politica, non potendo più utilizzare gli spazi di “Liberazione” (dallo scarso Sansonetti ridotto a giornale di parrocchia: 3000 lettori e 500 abbonati) perché defenestrati (ma che fatica!) dalla nuova segreteria di Paolo Ferrero, stanno iniziando il loro riciclaggio professionale dalle colonne de “Il Riformista” di quell’Antonio Polito già onorevole della Margherita.
A queste nuove condizioni, la segreteria del PD del ben più arcigno Franceschini ci può stare e già preannuncia che, sebbene non tornerà mai più “L’Unione” , “siamo pronti a nuove alleanze”. Dall’elenco dei soci fondatori di “Sinistra e Libertà”, ennesimo valzer di una politica italiana che, tra le altre cose, nel giro di qualche anno consegnerà il centrodestra (Scapagnini permettendo) nelle mani degli ex “fascisti in doppiopetto” scortati dall’ignorante estrema destra xenofoba, mancano i Comunisti Italiani di Diliberto (ma non quelli dell’astronauta Guidoni e della stridula Bellillo), autoesclusisi per vergogna dopo che, il 13 e 14 Aprile 2008, erano presenti in bella vista nelle Liste dell’Arcobaleno.
Ma tranne la vergogna cosa ci può dire la storia più recente della condotta politica di Diliberto? Comunque la si metta, questa novità di “Sinistra e Libertà” rappresenta un duro colpo per chi, come ogni buon difensore della Nato sopra Belgrado, prima pensava di rivincere le elezioni al rimorchio del solito carrozzone di Bertinotti e, dopo, progettava l’idea di mettere le mani su ciò che rimaneva della Rifondazione post-Chianciano (scommettendo sulla vittoria del cavallo, sbagliato, Vendola e su una successiva operazione di scissione compiacente).
E se è verosimile che Vendola-segretario avrebbe addirittura accelerato il progetto di “Sinistra e Libertà”, non è nemmeno fuori luogo pensare che gli eventi successivi abbiano finito per isolare Diliberto, costretto ora ad un’improbabile rincorsa su Rifondazione.
Ma se questa è la conclusione tragica della storia recente dei piccoli giochetti sardi, bene fa la nuova segreteria di Ferrero a non fidarsi, e di non andare oltre il cartello elettorale con il PdCI. Benissimo fa Ferrero a replicare alla cantilena di Diliberto (che, come un disco rotto, propone la fusione dei due Partiti ormai “identici”) ribadendogli, come ha fatto in una delle ultime iniziative romane dove sono stati entrambi presenti, che,“per ora, l’unica cosa in comune è il colore della giacca”. Ma sarebbe roseo, oltre ogni immaginazione, se la base dilibertiana desse segni di autonomia di pensiero e ripensasse la propria direzione, riprendendo in mano l’unico discorso valido per arrivare in tempi non biblici alla riunificazione dei comunisti in Italia, ovunque collocati, e che consiste “semplicemente” in un cambio di metodo.
Metodo includente e non escludente, orizzontale e non verticale, rispettoso delle storie individuali e collettive, distante anni luce dai magheggi alla Herry Potter. Un metodo che tagli definitivamente i ponti con la maledetta prassi delle decisioni prese tra capibastone, magari a cena fuori, davanti ad un bel piatto di fettuccine e ad un bicchiere di vino della casa. E magari con immancabile rutto, ovviamente alla salute dei lavoratori. Tanto per gli inciuci quanto per i progetti di valore, si rivela quanto mai profetico Ennio Flaiano: “in Italia la linea più breve fra due punti è l’arabesco”.
Nessun commento:
Posta un commento