Il segretario Ferrero ha scelto di investire una buona parte delle energie della nuova direzione politica nella riaffermazione della centralità di Rifondazione Comunista dentro un blocco anticapitalista più ampio. Giusto. Compito ben arduo, e la mente va subito allo stato pietoso nel quale il Partito versava appena qualche mese fa, ma necessario e irrimandabile se non si vuole perdere di vista, nel nostro paese, la prospettiva storica di una rivoluzione sociale.
E mentre si procede, con tutte le attenzioni del caso, verso questa indispensabile riqualificazione dell'analisi e della pratica comunista (che qualcuno, sempre attento ai richiami della poltrona, voleva declinare a semplice ed inerte "tendenza culturale"), si deve ragionare sulla forma che il Partito dovrà pur darsi nei prossimi anni. Ragionamento, pure questo improcrastinabile, che dovrebbe avere come suoi obiettivi peculiari sia il rafforzamento della già ben fertile vivacità del dibattito interno al PRC dentro un sempre più ampio perimetro di centralismo democratico, sia il rafforzamento di quel "comune sentire" che è elemento principale nell'evitare le rovinose derive di cui è piena la storia del movimento comunista nel nostro paese. E' dunque fondamentale iniziare a ragionare se sia più giusto continuare ad adottare il vecchio ed infausto modello "partito di massa" (aperto a tutti e dove votano tutti, cammelli compresi, e dove lo scarto fra i dirigenti e la base è soltanto parzialmente colmato dai cosiddetti "quadri", producendo così, come effetto collaterale, vere e proprie alchimie ed accordicchi di nicchia tra questo e quell'altro capobastone, dentro e fuori il Partito) oppure se sia più corretto "investire" nella formazione teorica e pratica dei militanti, tutti potenzialmente "quadri". Avere "militanti-quadri" ben formati ed autonomi nel giudizio da questo o quel capobastone, potrebbe senz'altro rafforzare sia la dialettica interna alle aree di riferimento, dove la sintesi sarebbe una ridutio più profonda basata su una più ampia e qualificata gamma di posizioni, sia quella fra aree e singoli militanti, molti dei quali oggi vanno a rimorchio di questo quel caporione. In conclusione, se è legittima la critica di chi può intendere in queste righe eccessive preoccupazioni su quelli che possono essere i pericolosi percorso ondivaghi della forma "partito di massa", si deve pur convenire sul fatto che sicuramente siamo ben lontani dalla situazione in cui le varie dirigenze filtrano malumori e speranze della base attraverso una solida intercapedine di "quadri" non appecorati. Iniziamo a pensarci.
E mentre si procede, con tutte le attenzioni del caso, verso questa indispensabile riqualificazione dell'analisi e della pratica comunista (che qualcuno, sempre attento ai richiami della poltrona, voleva declinare a semplice ed inerte "tendenza culturale"), si deve ragionare sulla forma che il Partito dovrà pur darsi nei prossimi anni. Ragionamento, pure questo improcrastinabile, che dovrebbe avere come suoi obiettivi peculiari sia il rafforzamento della già ben fertile vivacità del dibattito interno al PRC dentro un sempre più ampio perimetro di centralismo democratico, sia il rafforzamento di quel "comune sentire" che è elemento principale nell'evitare le rovinose derive di cui è piena la storia del movimento comunista nel nostro paese. E' dunque fondamentale iniziare a ragionare se sia più giusto continuare ad adottare il vecchio ed infausto modello "partito di massa" (aperto a tutti e dove votano tutti, cammelli compresi, e dove lo scarto fra i dirigenti e la base è soltanto parzialmente colmato dai cosiddetti "quadri", producendo così, come effetto collaterale, vere e proprie alchimie ed accordicchi di nicchia tra questo e quell'altro capobastone, dentro e fuori il Partito) oppure se sia più corretto "investire" nella formazione teorica e pratica dei militanti, tutti potenzialmente "quadri". Avere "militanti-quadri" ben formati ed autonomi nel giudizio da questo o quel capobastone, potrebbe senz'altro rafforzare sia la dialettica interna alle aree di riferimento, dove la sintesi sarebbe una ridutio più profonda basata su una più ampia e qualificata gamma di posizioni, sia quella fra aree e singoli militanti, molti dei quali oggi vanno a rimorchio di questo quel caporione. In conclusione, se è legittima la critica di chi può intendere in queste righe eccessive preoccupazioni su quelli che possono essere i pericolosi percorso ondivaghi della forma "partito di massa", si deve pur convenire sul fatto che sicuramente siamo ben lontani dalla situazione in cui le varie dirigenze filtrano malumori e speranze della base attraverso una solida intercapedine di "quadri" non appecorati. Iniziamo a pensarci.
*circolo della conoscenza PRC Roma
Nessun commento:
Posta un commento