sabato 21 marzo 2009

Operai e studenti, autodifendervi è un diritto!

di Daniele Maffione*
“Guerriglieri”. Questo è il modo in cui il ministro Brunetta, quello dell’eroica lotta ai “fannulloni”, ha definito gli studenti che tentavano di uscire in corteo dalla cittadella de La Sapienza a Roma per confluire nello sciopero dei lavoratori della conoscenza. E così, ancora una volta, la verità viene ribaltata dalle giustificazioni ideologiche del governo Berlusconi. Alle brutali cariche delle polizia e dei carabinieri, che dovrebbero tutelare i diritti dei cittadini e non reprimerli, gli studenti hanno opposto la propria resistenza, tentando di difendersi con oggetti, uova, finche il lancio delle proprie scarpe.
Ed in questo non c’è nulla di sbagliato, perché è giusto ribellarsi quando un’ordinanza fascista, come quella proposta dal ministro Maroni ed adottata dal sindaco Alemanno, impedisce lo svolgimento di un corteo di protesta per le strade delle città. “Io non la chiamo violenza quando questa è autodifesa, la chiamo intelligenza!”. Così Malcom X, il leader afro-americano, rispondeva ai cronisti che lo accusavano d’incitare i neri alla rivolta nei ghetti nordamericani, che venivano puntualmente stroncate nel sangue e nella repressione poliziesca.

La realtà, però, oggigiorno è ben diversa: non siamo, infatti, negli Stati Uniti degli anni ’60 del secolo scorso, dove era ancora concepita la segregazione razziale, ma nel 2009, l’anno della crisi capitalista. Speculazioni finanziarie, crisi industriale e svolte autoritarie caratterizzano il nostro tempo. Le cariche contro gli studenti a Roma sono soltanto un tassello del mosaico reazionario del governo Berlusconi. Il fascismo non è più proponibile nelle stesse forme del 1922, ma non essendo state estirpate le sue radici, si ripropone sempre come un pericolo per la nostra debole democrazia.

E l’attacco violento ai diritti dei lavoratori, a quelli civili ed individuali dimostrano quanto sia pericoloso sottovalutare la reazione del blocco dominante in Italia alla crisi capitalista. Un dato emerge dagli scioperi e dai cortei studenteschi degli ultimi mesi: nel nostro Paese, si sta tentando di reprimere il dissenso sociale e politico e, con essi, l’agibilità democratica.

Espressione degna di questo blocco dominante, che tiene assieme la Confindustria, il Vaticano e le banche, è il governo Berlusconi, che tramite i suoi ministri ogni giorno sfoggia un attacco alla Costituzione repubblicana, sulla quale ha indegnamente prestato giuramento. Gli attacchi del governo, però, non indicano soltanto un rigurgito anti-democratico, quanto il vero e proprio acuirsi della lotta di classe nel nostro Paese.

Lotta di classe che supera le frontiere e traccia lo scenario di un rinnovato conflitto tra il capitale ed il lavoro in ogni paese dell’Unione Europea, dalla Francia alla Lituania, dall’Italia alla Gran Bretagna. La caratteristica della nostra epoca, però, è che la lotta dei lavoratori, a differenza del passato, non si accompagna ad un’ideologia di eguaglianza ed emancipazione sociale, ma alla difesa del posto di lavoro. Da questo la sinistra di classe deve cominciare ad interrogarsi, poiché spezzando i vincoli di solidarietà internazionale tra i lavoratori, il capitale adotta impunemente misure differenti da paese a paese per tenere il polso di una crisi scaturita dal proprio ventre. E’, quindi, un tema essenziale per chi si definisce comunista nel XXI secolo porre la costruzione di un nuovo internazionalismo tra i lavoratori europei e mondiali.

Questo rinnovato conflitto tra capitale e lavoro compie, però, anche un altro prodigio: pone definitivamente una pietra tombale sulle teorie degli ideologi del “nuovismo”, tanto graditi a Bertinotti e Vendola, perché il costante tentativo di logorare dall’interno il marxismo non ha prodotto altro che un indebolimento del legame tra la classe ed il proprio partito politico.

Tuttavia, le ideologie non si superano con degli slogan, ma si producono ed attecchiscono nella lotta tra sfruttati e sfruttatori, come i nostri tempi stanno ancora a dimostrare. Serve allora riscoprire un rinnovato legame tra tutti i lavoratori, che si sta producendo dall’incontro delle lotte degli insegnanti precari e degli operai in cassa integrazione, degli impiegati e dei lavoratori dei trasporti. Ed oltre, poiché anche le nuove generazioni rivendicano il diritto alla parola, quel diritto sancito dalla Costituzione antifascista sorta dalla Resistenza, che il ministro Brunetta vuole negare, quando afferma che: “gli studenti sono dei guerriglieri e come tali vanno trattati”.

Eduardo Galeano, nel suo libro Le vene aperte dell’America latina, esprime bene un concetto che potrebbe essere d’aiuto al ministro Brunetta nelle sue infelici dichiarazioni. In quel testo Galeano spiega come le missioni nordamericane in quel continente abbiano prediletto, oltre che i colpi di stato, la costruzione di forti campagne per la contraccezione per contenere l’esplosione demografica e, con essa, i problemi sociali, poiché: “appare più igienico ed efficace ammazzare i guerriglieri nell’utero che non sulle montagne o nelle strade” (Le vene aperte dell’America latina, Sperling & Kupfer editore, pg. 9). Ma né la contraccezione in America Latina, né tanto meno le cariche delle forze dell’ordine in Italia contro studenti ed operai possono fermare il dissenso.

I lavoratori e gli studenti italiani, disabituati allo scontro duro col capitale, si stanno rapidamente politicizzando. Perché la difesa dei propri diritti non può essere fermata dalla propaganda, dalla paura e dalla violenza dello stato borghese. E’ per questo che bisogna unire tutte le lotte contro il governo Berlusconi ed rischi di involuzione neofascista, perché è il capitalismo che genera tutti i mali del nostro tempo.

*Coordinamento nazionale Giovani Comunisti Area SinistraComunista

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