A sei anni di distanza dal 16 marzo 2003, giorno dell'assassinio di Dax, Davide Cesare, per mano dei fascisti a cui seguirono i pestaggi selvaggi di polizia e carabinieri all'ospedale San Paolo contro i compagni e gli amici di Dax, la rabbia e il dolore non si sono affievoliti...Oggi più che mai è tempo di ricordare Dax nella lotta: ciò che lega in modo indissolubile la sua storia a quelle di tutti gli altri caduti uccisi dai fascisti o dalle forze della repressione. Un filo rosso che attraversa l'Italia, passando per la Spagna e la Germania, e arriva fino ai fuochidella Grecia. Una passato che si proietta nel futuro, laddove il confine tra l’odio e l’amore si fa labile e la memoria non coinciderà mai con la parola perdono.
16 marzo 2003 Dax viene ucciso, gli amici giunti all'ospedale San Paolo subiscono cariche ferocissime all’interno e all’esterno del pronto soccorso, una caccia all'uomo tra il dolore di chi aveva appena saputo che Dax era morto.La memoria di quei fatti è indelebile, si torna in via Brioschi per continuare a tessere quel filo che unisce la sua storia a quelle di altre vite spezzate per mano di fascisti e polizia, come quelle di Fausto e Iaio e di Abba, la cui vita valeva meno di un pacco di biscotti.
16 marzo 2009: Continuiamo a pensare che le cose si debbano cambiare, e qualche volta Milano resiste.I ragazzi sono innocenti… non tutti… basta stare dalla parte giusta…e non ci vuole molto a capire quale sia. Ricordare oggi Dax vuole essere un’indicazione per trovare il lato migliore della strada, quello che sembra più tortuoso ma è l’unico dove valga la pena camminare.La scomparsa di Davide rimane una ferita aperta.Se il tempo che si allontana da un lato trasforma il dolore inqualcosa di più intimo, di privato forse, dall’altro porta le nostreintelligenze, il nostro sentire verso qualcosa di più ampio. La sfidaora è una lotta senza esclusione di colpi all’oblio, allacancellazione di un volto, quello di Dax, come all’annientamento deipercorsi di autogestione, liberazione, crescita, lotta ed emancipazione. La scommessa col futuro ci sembra più che mai daricercare nel nostro passato, laddove il confine tra l’odio e l’amoresi fa labile e la memoria non coinciderà mai con la parola perdono.
La sfida ora, a distanza di sei anni dalla morte di Dax, in una Milano dove nei cantieri dell’ Expo migliaia di lavoratori in nero sono trattati come schiavi per gonfiare le tasche dei soliti affaristi, è una lotta senza esclusione di colpi all’oblio, alla cancellazione dei percorsi di autogestione di un volto, non solo quello di Dax ma quello di tutti coloro che di milano sono morti: gli 11 senzatetto morti di freddo, il piccolo esercito di suicidi che ci regala un poco invidiabile primato, oppure il continuo stillicidio di operai sacrificati sull'altare di uno sviluppo ecocida.
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