sabato 7 marzo 2009

Tremonti si sveglia: la crisi è gravissima


di Roberto Tesi

Le certezze di Giulio Tremonti si stanno (per fortuna) sgretolando: il ministro dell'economia ha finalmente scoperto che la crisi è grave e serie e non è il caso - come ha fatto con Berlusconi finora, di minimizzare i rischi che corre l'Italia., visto che quello odierno è un presente durissimo e il futuro non da segni di miglioramento. «Il 2009 sarà un anno ancora più difficile del 2008.
Il che è tutto dire», ha sostenuto ieri Tremonti incontrando al ministero i rappresentanti delle imprese e delle banche in occasione del «Credit day», la «giornata del credito». Com'è sua abitudine, però, il braccio destro di Berlusconi ha anche lanciato un messaggio di ottimismo. Con l'occhio rivolto ai lavoratori e a chi perso o perderà il lavoro (le stime sono pessime e alcuni centri di ricerca parlano anche di un milione di nuovi disoccupati nel 2009) ha anche promesso nuove risorse per potenziare gli ammortizzatori garantendo che il governo metterà a disposizione «un ulteriore gruzzoletto», che si aggiungerà agli 8 miliardi già stanziati per il biennio 2009-2010 già stanziati. L'entità del «gruzzoletto» però non è stata rilevata: «la settimana prossima vi diremo quale potrebbe essere la direzione», ha laconicamente dichiarato. Dimostrando così, di aver mandato a memoria molto bene la lezione di Berlusconi che da sempre gioca con «l'effetto annuncio».
Poi il ministro dell'economia ha parafrasato l'apologo di Menenio Agrippa, sostenendo che per risolvere la recessione: «è necessario - ha affermato - uno sforzo collettivo di governo, imprese, parti sociali, istituzioni bancarie e finanziarie devono agire per ridurre, per quanto possibile, l'impatto della crisi. Gli obiettivi fondamentali sono due: coesione, nella società e conservazione della base industriale». Poi ha aggiunto che occorre «sostenere le famiglie e potenziare gli strumenti per aiutarle nel pagamento delle rate dei mutui per la casa, l'acquisto di automobili e di altri beni». Lo ha detto ai banchieri presenti (che della crisi attuale hanno molte responsabilità) e lo ha mandato a dire agli assenti, cioè alla società civile, al mondo del lavoro che più di tutti paga la crisi, che paga le tasse, ma che questo governo ha emarginato. Ma non ha spiegato perché solo pochi mesi fa, quando la crisi incombente era ormai evidente, il governo ha varato una manovra restrittiva da 25 miliardi di euro. E non ha neppure spiegato perché da quando è tornato lui al governo l'evasione fiscale (evidente dai dati sulle entrate) sia tornata a« sgavazzare», peggiorando la distribuzione dei redditi, oltre alla capacità di spesa del governo.
Un altro degli argomenti trattati da Tremonti è stato il credit crunch. Per il ministro dell'economia nella fase attuale il «rischio dei rischi» è la stretta creditizia, che minaccia le imprese e l'intero sistema produttivo. «E' assolutamente strategico - ha spiegato Tremonti - contrastare il 'rischio dei rischi', la stretta creditizia in cui si avvitano prima le imprese, poi i lavoratori e infine le stesse banche». «In questa fase - ha aggiunto - è, all'opposto, strategico aumentare il credito alle imprese sane, non ridurlo alle imprese in momentanea difficoltà. Assicurare adeguata liquidità può evitare la chiusura di imprese che sono in grado di superare la crisi».
A questo punto secondo Tremonti serve mettere mettere in campo «strumenti nuovi» per affrontare immediatamente alcune questioni, come ad esempio l'eccesso di burocrazia. Per Tremonti bisogna «verificare gli strumenti già in essere ma non ancora sufficientemente valorizzati. Ci sono circa 100 miliardi di euro bloccati sul territorio da un eccesso di 'burocrazia'. Parte non marginale della strategia è sbloccarli».
Poi Tremonti ha affrontato il tema dei cosiddetti «Tremonti bond» smentendo che il tasso dell'8,5% richiesto alle banche per i bond sia troppo alto e inaccettabile. E ha spiegato (con parecchie ragioni) che i bond non sono un debito, un finanziamento, ma uno strumento di patrimonializzazione delle imprese: «è come se fosse un aumento di capitale che allarga il patrimonio delle banche». Secondo il ministro se la rendita è dell'8,5% e la leva è 1 a 15 (si tratta del moltiplicatore del credito) in termini di costi dovreste prendere l'8,5% e dividerlo per 15.

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