giovedì 2 aprile 2009

Piano casa: il Governo scende in soccorso dei ricchi

Nella foto una delle tante ville di Berlusconi
di Fulvio Lo Cicero
Un provvedimento studiato per il popolo delle partite Iva e per chi ha i capitali per ristrutturare. Ma, per fortuna, alcune Regioni già pensano di sfruttarlo per incrementare l’edilizia convenzionata.
Aiuti a chi ha una casa e i soldi per ampliarla. Questo è il succo della “filosofia” berlusconiana che ancora una volta si afferma in Italia. Poi, un domani, non si sa come e con quali soldi, Berlusconi ha promesso le “new towns”, nuovi insediamenti abitativi agevolati soprattutto per le coppie di giovani, che vogliono mettere su famiglia. Chissà quando.
Governo e Regioni hanno trovato un accordo, che sembra soddisfare entrambi. Proprio grazie all’opposizione dei presidenti di Regione è stato accantonato il progetto originario – che lo stesso premier aveva sconfessato, pur essendo uscito dal suo Governo – e che consisteva in possibilità amplissime di aumenti volumetrici, a scapito delle competenze regionali in materia edilizia.
Una vittoria del buon senso, certo, ma i rischi per il paesaggio non sono del tutto cessati, se si pensa a quello che potrà accadere in quei nuovi quartieri residenziali, dove centinaia di “villette a schiera” ora potranno ampliare terrazzi, soffitte, mansarde, coprendo e occultando viste e luci. Pensiamo soltanto al contenzioso che potrà sorgere in conseguenza delle disposizioni di molte delle norme del codice civile, che tutelano il diritto del vicinato a non vedere deturpato o impedito del tutto le visuali e il godimento del paesaggio.
Ma la “filosofia” berlusconiana si dimostra sempre uguale a se stessa. Si tratta di un provvedimento per le famiglie ricche, o comunque benestanti, che hanno ville e villette con giardino e che possono pensare ad una ristrutturazione la cui spesa non è inferiore ai settantamila euro. Ancora una volta, nessun provvedimento pensato da questo governo per venire incontro alle esigenze dei lavoratori, di chi è in cassa integrazione (con un salario di settecento euro), o a coloro che andranno ad ingrossare la flotta dei disoccupati nei prossimi mesi. Per tutti gli altri, per quelli che una casa non ce l’hanno, o per quelli che a malapena sono riusciti a comprare sessanta metri quadrati o che sono in affitto nelle grandi città, una promessa futura, una “nuova città”, ancora tutta da realizzare.
Nello stesso tempo, un grande regalo al popolo delle partite Iva, al quale già, in apertura di governo, il ministro Tremonti aveva regalato prati infiniti di evasione fiscale, abolendo radicalmente tutti i provvedimenti del Governo Prodi in materia (tracciabilità dei pagamenti, obbligo di tenuta dell’elenco fornitori, fatturazione elettronica). Architetti, geometri, ingegneri, già sono assediati da clienti desiderosi di estendere le proprietà e dar così fondo alle proprie risorse bancarie. Ma, nel frattempo ringraziano.
Nella conferenza stampa per illustrare quello che il premier vuole chiamare “piano famiglia” – ma dovremmo aggiungerci l’aggettivo “benestante” – Berlusconi ha detto che “se il 10% degli abitanti di abitazioni mono- bifamiliari usassero il piano avremmo un'immissione nell'economia di circa 60-70 miliardi di euro che vengono tolti dai depositi bancari. Si tratta di 4-6 punti del Pil”. Cifre per ora ipotizzate e non suffragate da alcuna seria ricerca quantitativa.
Dagli interventi sono esclusi i condomini e i centri storici, oltre alle aree protette e soggette a vincoli. Gli ampliamenti massimi non dovranno superare i 200 metri quadri ma il provvedimento prevede che le Regioni, nell’ambito dei loro poteri legislativi, potranno anche aumentare tale soglia. Il Governo emanerà un decreto legge, da discutere con le Regioni, che avranno poi novanta giorni per legiferare.
Che lo stratagemma berlusconiano di trasferire i capitali di chi ce l’ha presso i capienti conti bancari di progettisti e imprenditori edili non possa risolvere i drammatici effetti della crisi economica lo riconosce esplicitamente anche il presidente della Conferenza Stato-Regioni, Vasco Errani, pur soddisfatto per l’accordo, il quale ha rimarcato che “bisogna affrontare in tempi rapidi quella che è un'emergenza: la locazione, l'affitto sociale. Questo è il piano casa”, aggiungendo che questa condizione riguarda “famiglie e persone che non hanno reddito per pagare l'affitto di mercato”.
Secondo la Cgia di Mestre (l’associazione degli artigiani), il provvedimento dovrebbe coinvolgere di più il Meridione, soprattutto a causa della presenza di molte abitazioni mono-bifamiliari e di edilizia fatiscente. Ma, sottolinea l’associazione mestrina, “con i livelli di reddito e di risparmio presenti nel Sud, mediamente più bassi di quelli nel resto d'Italia, e la forte presenza di abusivismo e lavoro nero, è molto probabile che nella realtà il piano casa partorirà degli effetti più contenuti di quelli stimati”.
Saranno ora le Regioni ad avere la possibilità di tramutare, almeno in parte, un provvedimento che riguarda sostanzialmente le famiglie benestanti in leggi in grado di rispondere al bisogno primario di abitazione da parte soprattutto delle famiglie più povere. È quanto prospetta, ad esempio, Mario Di Carlo, assessore della Regione Lazio per le politiche della casa, secondo il quale si può pensare di raggiungere l’obiettivo di far sì che “l'edilizia residenziale pubblica possa godere di questi premi di cubatura per svilupparsi e che si introduca la possibilità, attraverso possibili sistemi premianti, di attrarre anche investimenti privati nella realizzazione di alloggi per le categorie più deboli. L'obiettivo è scrivere regole che consentano di realizzare nei prossimi anni almeno 20.000 nuove abitazioni di edilizia residenziale pubblica. È un obbiettivo ambizioso ma raggiungibile, 20.000 nuovi alloggi rappresentano infatti un aumento di circa il 20% delle attuali 87.000 abitazioni possedute dalle 7 Ater della Regione Lazio”.

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