venerdì 10 aprile 2009

Fiat prigioniera: Belgio, sequestarti anche tre manager

«Non li lasceremo fare, la legge va rispettata» aveva detto lunedì Sarkozy riferendosi ai casi dei "sequesti dei manager". Parole inutili perchè proprio nel pomeriggio altri quattro dirigenti della Scapa, azienda britannica produttrice di adesivi e colle industriali, venivano presi in ostaggio dai dipendenti in sciopero. Dopo aver trascorso la notte nello stabilimento, sono stati liberati mercoledì pomeriggio.La crisi economica, i tagli sul personale, la delocalizzazione degli stabilimenti: un mix esplosivo che ha portato, nel solo ultimo meso, a quattro sequestri. Quello della Sony il 12 marzo, quello della 3M di Pithiviers il cui manager è stato liberato dopo giorni dietro l'impegno a riprendere i negoziati sulle condizioni di allontanamento di 110 dipendenti. Poi ancora il 30 marzo e i cinque manager della Caterpillar France, rilasciati dopo aver promesso di bloccare 700 licenziamenti. E infine quello della Ppr, durante il quale il miliardario Francois Henry-Pinault è stato bloccato a Parigi da un centinaio di dipendenti che avevano circondato la sua auto. Sempre ieri, in serata, un altro sequesto. Quello del direttore della Faurecia, a Sud-Ovest di Parigi, che produce componentistica per auto. Anche in questo caso un blitz dei lavoratori, furiosi per i licenziamenti previsti, ha impedito i piani di ristrutturazione e delocalizzazione.
E ieri altri due. Il primo nella zona sud ovest di Parigi, alla Faurecia che produce componentistica per auto. Risoltosi in poche ore, dopo aver avuto sicurezze per 34 posti di lavoro. Il secondo invece nel vicino Belgio, a Bruxelles. Alla Italian Automotive Center, la più importante concessionaria Fiat del paese. I tre manager della fabbrica torinese, uno italiano e due belgi, sono stati sequestrati per alcune ore, poi rilasciati solo dopo aver assicurato di congelare il piano di ristrutturazione dell'azienda che prevedeva 24 tagli su 90 addetti. Il Lingotto, da parte sua, si è prontamente attivato per scaricare i tre, dicendo che non si tratta di "vero sequestro" ma di una trattativa. Probabilmente per evitare "pubblicità negativa" di ritorno, che riconfermerebbe come neppure gli spot di Obama siano riusciti a smuovere la situazione della Fiat.





di Anna Maria Merlo
I francesi fanno scuola. Ieri alle 13,45 tre dirigenti dell'Italian Automotive Center (Iac) di Bruxelles, una concessionaria Fiat, Alfa Romeo e Lancia che dipende direttamente da Torino, sono stati bloccati in due stanze dai dipendenti, che hanno occupato per tutto il pomeriggio l'accesso agli uffici della direzione. Ieri sera i tre dirigenti sono potuti uscire, ma senza fare nessuna dichiarazione. Il sindacato Fgtb, che nega che si sia trattato di un «sequestro», ha precisato che i lavoratori hanno occupato l'accesso agli uffici per chiedere una trattativa chiara, ma che i dirigenti rifiutano di rispondere. E alla fine, « sono stati fatti uscire». Secondo il sindacalista Louis Van Heddegen, della Csc, la Fiat ha l'intenzione di chiudere la filiale di Schaerbeek a causa delle perdite di esercizio: 14 operai e 10 impiegati perderanno il posto. Fiat Belgio occupa, in tutto, 90 persone. Da due mesi, dal 12 dicembre scorso, sono in corso trattative con i sindacati. Ma il dialogo è bloccato. Di qui la protesta dei lavoratori. I contatti con i dipendenti che occupavano i locali sono stati tenuti direttamente dal Lingotto.
Il caso della Fiat Belgio arriva dopo una serie di sequestri in Francia, tattica che ha già fatto proseliti in Gran Bretagna. Secondo un sondaggio, il 45% dei francesi approva o almeno comprende questi gesti disperati. Per René Valandon, di Force ouvrière, c'è «molta ipocrisia» attorno a questi episodi. Quando succede, «c'è sempre dietro un rifiuto della direzione di discutere. Capisco la disperazione dei lavoratori. Il sequestro è un ultimo ricorso, perché non hanno nessuno con cui parlare. Non l'approviamo, ma non lo condanniamo. Si tratta, sempre, di casi particolari. La gente non accetta di venire disprezzata». Stessa analisi dall'Italia. Giorgio Cremaschi, della Fiom, afferma che «la gente sta male dappertutto per la crisi, è un fatto giusto e sacrosanto che dei lavoratori della Fiat si arrabbino se l'azienda non cambia. Ci sono segnali di rilancio, ma solo per il gruppo e gli azionisti, non per i dipendenti. C'è ancora tanta cassa integrazione e lo stabilimento di Pomigliano è ancora fermo».
In Francia, la radicalizzazione delle reazioni dei lavoratori si sta diffondendo. Ieri, il Medef (la Confindustria francese) ha diffuso un appello alla calma e al rispetto della legge. L'organizzazione padronale si è detta «preoccupata» per queste derive: «Qualunque sia la gravità delle situazioni riscontrate - dice un comunicato del Medef - non è accettabile che si deroghi alla legge». Per il Medef, «le risposte ai conflitti sociali devono trovarsi nelle trattative libere e consenzienti tra le parti, attraverso l'intervento dei poteri pubblici, nel quadro delle loro prerogative e, se è il caso, con il ricorso alla giustizia».
Ma i lavoratori che scelgono gli atti radicali denunciano l'assenza di dialogo, tanto più forte in Francia anche a causa della debolezza oggettiva dei sindacati (pochi iscritti, solo l'8% sul totale degli occupati). Ieri, l'Eliseo aveva invitato una delegazione della Caterpillar a venire a discutere della crisi del'azienda e dei licenziamenti previsti. Ma gli operai hanno rifiutato di venire a Parigi: «Che Sarkozy venga da noi - hanno affermato - non andiamo da chi ci ha trattati da delinquenti». Sarkozy aveva difatti aspramente stigmatizzato il sequestro di 5 dirigenti alla Caterpillar a Grenoble a fine marzo. Per Luc Chatel, portavoce del governo francese, i qsequestri sono «inammissibili». Ma il ricorso a questa forma estrema di lotta si diffonde perché i lavoratori sono esasperati dal fatto che hanno la netta sensazione di essere i soli - o almeno i più esposti - a pagare la crisi.

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